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Vi racconto cosa c’è dietro l’accordo Sky-Telecom. Parla Preta

In origine fu la parabola, poi arrivò il digitale terrestre, i canali sulla tv in chiaro, l’opportunità per gli abbonati di seguire la programmazione dell’emittente satellitare da Pc o dispositivi mobili, fino all’offerta streaming per i non abbonati.

Adesso per Sky è giunto il momento di fare sul serio con la Tv via Internet. L’annuncio ufficiale del lancio dell’offerta congiunta di Telecom Italia e Sky, che porterà l’intera offerta pay-tv del colosso di Rupert Murdoch nelle case degli italiani attraverso le infrastrutture di rete Telecom di nuova generazione, è atteso per questa mattina, ma l’accordo risale a un anno fa circa.

 LO SCENARIO

“Segno che i tempi sono maturi”, dice a Formiche.net Augusto Preta, economista e analista di mercato, docente di economia dei media e fondatore di ITMedia Consulting.

“Finora l’ingresso dei broadcaster e soprattutto del più forte a pagamento, Sky, è stato limitato da una banda non sufficiente a tal punto da garantire servizi di qualità”, spiega Preta citando anche il caso di “Online”, l’offerta streaming per i non abbonati lanciata nell’aprile dell’anno scorso da Sky, ma sulla quale l’azienda non ha mai investito in maniera consistente.

Cosa è cambiato? “Oggi con l’Offerta di Telecom tutte le limitazioni che potevano derivare dal non avere dei servizi garantiti in termini di qualità, possono essere superate dal fatto che tali servizi viaggeranno sulla fibra”, ha commentato l’esperto.

GLI ASPETTI TECNICI

L’obiettivo annunciato da Telecom per i primi 12 mesi è quello di raggiungere 300mila utenti. L’accordo siglato consentirà ai clienti Telecom Italia di accedere all’intera offerta televisiva di Sky attraverso le reti ultrabroadband con un decoder, “My Sky HD”, appositamente realizzato per la Tv via Internet.

“La commercializzazione del decoder sarà parte di Telecom Italia – spiega Preta – che non solo lo promuoverà, ma pare si farà carico anche dell’acquisto di un certo numero di decoder, assumendosi parte dei costi della distribuzione in modo tale da garantire un livello minimo di servizi”.

I PROBLEMI CON L’ANTITRUST

Ma non si tratta solo di un dettaglio tecnico: “È la parte più problematica, perché dietro a questa ipotesi ci sono aspetti di tipo regolamentare e antitrust, che possono essere probabilmente risolti dal fatto che l’accordo di cui si parla non avviene in esclusiva”, commenta il fondatore di ITMedia Consulting.

“L’impressione generale – ha proseguito – è che questa alleanza non sia vista di buon occhio proprio per il coinvolgimento diretto di Telecom nell’operazione. Essendo quest’ultimo il proprietario della rete fissa in Italia, avere un accordo di questo tipo, qualora poi non venisse realmente esteso, può determinare dei problemi”.

UN ACCORDO NON ESCLUSIVO, MA…

Per evitare l’insorgere di queste preoccupazioni Telecom ha infatti annunciato che a questo accordo ne sarebbero seguiti altri: “E’ il cliente che guida la domanda, sarà lui a decidere se vorrà vedere Sky, Mediaset Premium o eventualmente Netflix o altri servizi che cercheremo di aggiungere al nostro bouquet”, ha detto Marco Patuano intervistato da Giovanni Pons su Repubblica.

Nonostante il management di Telecom abbia ipotizzando dunque altre alleanze – ha ricordato un analista a MF/Milano Finanza – “la possibilità che vi siano minimi garantiti nell’accordo con Sky potrebbe rendere meno immediata l’estensione dell’offerta commerciale includendo Mediaset Premium”.

“Assumendosi un costo fisso, Telecom dovrebbe valutare quanto di questo costo è recuperabile subito, e quant’è invece la quota di rischio in questa assunzione”, commenta Preta spiegando: “Se tali costi sono recuperabili, quindi se il mercato esploderà di conseguenza, allora non c’è nessun ostacolo all’accordo con altri fornitori di contenuti. In caso contrario, Telecom sarebbe disincentivata nell’intraprendere rapporti del genere”.

I VANTAGGI PER GLI UTENTI

I primi a beneficiare dell’offerta congiunta saranno gli utenti. E il vantaggio non è insito solo nella comodità di pagare con un’unica bolletta telefono fisso, mobile, Internet e le trasmissioni tv di Sky. “Con il nuovo accordo i servizi Sky si estendono ad utenti che ad oggi non sono in grado, per varie ragioni, di ricevere quei servizi e che contemporaneamente sono interessati ad accedere a quelli in larga banda in fibra ottica”, aggiunge Preta.

“Questo, inoltre, sarà l’inizio di una competizione agguerrita sui contenuti, e quando aumenta la competizione, – sottolinea Preta – chi ne beneficia è sempre il consumatore”.

LE RAGIONI DI SKY

Ma cosa ha spinto Sky a sviluppare un accordo di questo tipo e ad investire per la prima volta nel settore dell’Internet?

Preta intravede due motivazioni. La prima: “Sviluppare su Internet un’offerta qualitativamente attraente in grado di catturarare un certo numero di nuovi abbonati da aggiungere a quelli esistenti e incrementare così il proprio business, visto, tra l’altro, che il mercato del satellite è saturo e anche in leggera diminuzione negli ultimi anni”.

Quindi: “Necessità di andare a coprire delle aree dove il satellite è meno presente e dove ci sono dei vincoli sulle parabole, ma dove c’è al contempo la possibilità di investire per sviluppare servizi che abbiano quanto meno la stessa qualità di quelli offerti sul satellite”.

L’altra motivazione ha una valenza più difensiva: “Affrontare la concorrenza dei nuovi operatori over the top di cui a breve è previsto il lancio dei servizi in Italia, a cominciare da Netflix, mostrandosi al loro arrivo come un concorrente agguerrito sul mercato”.

I DESIDERI DI TELECOM

Lato Telecom Italia, Preta dice: “In funzione dello sviluppo delle nuove reti è necessario sviluppare forme tariffarie legate al prezzo diverse da quelle basate semplicemente sui grandi sconti che le Telco hanno vissuto sull’Adsl”.

I vantaggi? “Telecom avrà pensato che attraverso lo sviluppo dei servizi video si possa passare una fase nuova e più importante nello sviluppo della fibra ottica”.

Ed ecco perché offrire questi servizi può costituire un volano per lo sviluppo delle nuove reti: “Tanto più queste reti si riempiranno di contenuti e tanto più il consumatore sarà interessato e attratto a passare alle nuove reti, e quindi a pagare di più e ad aumentare i ricavi degli operatori”.

TELCO A CONFRONTO

La convergenza tra operatori telefonici e produttori di contenuti è un fenomeno dilagante.  Ma cosa distingue il nostro Paese da Spagna, Inghilterra, Olanda e Germania?

“Negli altri paesi, come risulta da una nostra ricerca sul video on demand in Europa, noi assistiamo ad un forte protagonismo delle Telco, ben maggiore di quello che c’è in Italia. In questo momento esso si manifesta in un intervento diretto nell’offerta, mentre nel nostro Paese è limitato ad accordi di varia natura con i broadcaster, tra cui questo con Sky, spiega Preta.

“Nei paesi citati c’è un investimento invece sia nell’acquisire gli operatori mobili e di pay tv, sia nel lanciare servizi a pagamento attraverso la propria rete di telecomunicazione”.

A cosa si deve questa differenza? “Noi innanzitutto abbiamo rinunciato prima di altri e da tempo ad una offerta consistente da parte delle Telco sul versante dei contenuti”, risponde il fondatore di ITMedia Consulting citando il caso “Tim Vision”, “un’esperienza molto limitata laddove in altri paesi gli operatori di telecomunicazioni, che avevano anche servizi di Iptv, hanno invece sviluppato in maniera molto più consistente questo modello”.

Ma c’è anche un’altra ragione: “L’altra causa è legata al fatto che nel nostro paese i broadcaster hanno avuto finora un potere sia negoziale, che di capacità di offerta, tale che competere direttamente con loro è stato più difficile”.

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