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Così Fitto e Capezzone vogliono riscrivere il Def di Renzi

Parte distruttiva, parte costruttiva. Critiche feroci e proposte ficcanti. I Ricostruttori di Raffaele Fitto e Daniele Capezzone hanno passato al setacco il Def (Documento di economia e finanza) del governo e ne hanno tratto alcune conclusioni in un rapporto presentato oggi da Fitto, Capezzone e Cinzia Bonfrisco, tre degli esponenti di spicco della pattuglia dei forzisti critici verso i vertici del movimento berlusconiano. Ecco in sintesi sia la parte di critica al Def sia la parte propositiva, ovvero la controproposta. In fondo il report completo.

L’ANALISI CRITICA

“Appare incredibile come, con rare eccezioni, la politica italiana, le tv e la stampa nazionali, siano ancora una volta cadute nell’abbaglio determinato dall’“arma di distrazione di massa” scelta da Renzi: un fantomatico “bonus”, un fantomatico “tesoretto”, sul quale ora ci si accapiglierà, catalizzando l’agenda politica e mediatica, e riuscendo così a mettere in secondo piano un Def debole, rinunciatario, di galleggiamento.

Non c’è alcun “tesoretto”, c’è solo un aumento della spesa in deficit, cioè senza coperture. Il Governo ha semplicemente deciso di fissare il deficit programmatico al 2,6% rispetto al tendenziale nel 2015 (a legislazione invariata) del 2,5%. Uno 0,1 ricavato, dunque, ritoccando con un tratto di penna quelle che al momento non sono che due stime, due previsioni, al solo scopo di poter spendere oggi, guarda caso in prossimità del voto per le regionali, soldi che ancora non ci sono.

Questo vuol dire creare dal nulla una mancia elettorale. Soldi che verranno buttati in ulteriore spesa pubblica, per “aiutare” i poveri a restare poveri, anziché abbassare le tasse per consentire all’economia di creare benessere”.

LE PROPOSTE COSTRUTTIVE

“Sfondare temporaneamente il limite del 3% per un forte taglio di tasse, accompagnato da un correlato taglio della spesa pubblica e da vere riforme strutturali. E’ questa la via attraverso cui il centrodestra potrà riprendere l’interlocuzione con gli elettori italiani, con i ceti produttivi, offrendo il respiro e la visione di una proposta complessiva di limpida impronta liberale e pro-crescita.

La nostra proposta: 40 miliardi di tasse in meno in 2 anni, e 12 nei successivi 3, definendo tre grandi aree di intervento (imprese/lavoro, consumi, casa), coperti con vere operazioni di attacco alla spesa pubblica eccessiva e improduttiva e al debito pubblico.

E’ inutile riformare il mercato del lavoro, intervenire sulle “regole”, se l’economia resta stagnante. Se non rilanciamo la domanda e non rendiamo le nostre imprese più competitive riducendo il carico fiscale e burocratico, non c’è formula contrattuale, nuovo codice del lavoro, “politica industriale” o incentivi che possano magicamente creare nuovi posti di lavoro. Le imprese non assumeranno. Perché il lavoro non si crea per legge o con operazioni dirigistiche, lo creano le imprese. E c’è un’unica vera politica in grado di creare condizioni favorevoli alla ripresa dell’economia e, di conseguenza, in grado di mettere le imprese in condizione di assumere: abbassare le tasse. Il migliore “jobs act” possibile, il solo modo per favorire la creazione di nuovi posti di lavoro, è un consistente taglio fiscale, che renda le nostre imprese più competitive e rimetta in moto la domanda”.

ECCO IL DOCUMENTO COMPLETO DEI RICOSTRUTTORI SUL DEF

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