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Farmindustria, basta con i ragionieri della spesa sanitaria

Non si può tornare indietro di vent’anni. Non è possibile che ancora una volta il tema della spesa sanitaria in Italia sia affrontato con un approccio esclusivamente burocratico da qualche ragioniere di Stato pronto a intervenire a suon di tagli indiscriminati solo per fare tornare i conti. E questo soprattutto ora che con i farmaci innovativi occorre pensare a un nuovo equilibrio sul fronte della loro sostenibilità. La richiesta al governo arriva direttamente da Farmindustria che venerdì scorso in un convegno organizzato al Cosmofarma di Bologna ha fatto il punto su “Nuove prospettive di cura. Farmaci innovativi e sostenibilità”.

“LE AZIENDE NON SONO UN BENE PRIVATO”

C’è un problema all’origine di questa discussione che secondo il vicepresidente di Farmindustria, Emilio Stefanelli, va chiarito: “Prima ancora che preoccuparsi di un’azienda in quanto bene privato, occorre che tutti ce ne preoccupiamo in quanto bene del Paese che crea occupazione, lavoro, sviluppo e ricerca, come un sistema che contribuisce all’intera economia”. Partendo da questo presupposto, secondo Stefanelli bisogna mettere in chiaro alcuni numeri: “Nel Def del Governo si dice che la spesa pubblica tra il 2011 e il 2014 è aumentata del 4,9% e quella per la salute diminuita dell’1,2%. All’interno di questo sistema, il nostro settore rappresenta il 14,85%, quindi fino a 5-6 anni fa eravamo al 16,4%”.

STOP AI RAGIONIERI

“Le Regioni – incalza Stefanelli – hanno deciso di rinunciare a 2,4 miliardi di euro di aumento del Fondo sanitario nazionale. Questo ha causato un danno da 310 milioni per il sistema farmaceutico”. Non bastasse, “nella proposta di ristrutturazione del prontuario terapeutico si scopre che questa manovra deve portare a casa 200 milioni di risparmio per quest’anno e altri 400 per il prossimo”. Tuttavia, ragiona il numero due di Farmindustria, “se si decidesse di realizzare un prontuario terapeutico su basi scientifiche, non mi meraviglierei affatto se la spesa finale risultasse maggiore di quella attuale”. Invece quanto proposto dalle Regioni va nella direzione opposta. “Siamo tornati al classico ragioniere che si mette lì, fa due conti, taglia di qua e taglia di là per portare a casa il risultato. Pensavamo che questa modo di fare fosse finito, ma evidentemente ci sbagliavamo – continua Stefanelli -. Non siamo contrari a una ristrutturazione del prontuario, ma va fatta con principi scientifici, all’interno di un confronto e tenendo presente che l’industria non è un soggetto privato ma parte intregrante del sistema Paese”.

PAZIENTE, STATO E IMPRESE: TRE ESIGENZE DA CONTEMPERARE

Le parole del vicepresidente di Farmindustria fanno eco a quelle di Fabio Pammolli, presidente della Fondazione Cerm, che cita il caso dei farmaci innovativi per curare l’epatite C. “Stiamo parlando di un farmaco con un fatturato mondiale stimato attorno ai 15 miliardi di euro – spiega -. Nel valutare il valore aggiunto terapeutico di questo prodotto, vanno contemperati gli interessi di almeno tre attori in gioco: il paziente, lo Stato che acquista il farmaco e l’azienda che ha investito per produrlo”. Se non si trova un punto di equilibrio per tutte queste esigenze, “rischiamo di avere fatto soltanto annunci e di ripiombare in modo arcaico in una modalità di azione che di fronte alle emergenze di spesa introduce misure ragionieristiche che nulla hanno a che fare con gli interessi da tutelare. O di fronte al farmaco anti epatite ci si adopera per scontare i costi futuri che non sosterrò, come quelli di ospedalizzazione, visto che il paziente guarisce e non necessiterà più di cure, oppure è chiaro che non mi interessa investire ma solo tagliare. Pensavo che questa logica l’avessimo lasciata da parte, invece qualcuno vuole tornare a consegnare la gestione della spesa sanitaria a qualche oscuro ragioniere di una singola regione”. In quest’ottica, Pammolli propone di intervenire con “misure strutturali di ripensamento dei livelli di compartecipazione alla spesa, pensando a un welfare selettivo e non improvvisato, così da introdurre reali elementi tecnici che consentano di valutare il reale impatto ecoomico dell’innovazione”.

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