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Mover, barbari alle porte

Quarta puntata della pubblicazione di alcuni estratti del libro Mover. Odissea contemporanea di Michele Silenzi, edito da Liberilibri. Il libro, tutto scritto in prima persona e in una forma ibrida tra il saggio e il romanzo che molto assomiglia a un diario di bordo, racconta le riflessioni e gli incontri del Mover, personaggio-archetipo della nostra contemporaneità in continuo divenire. Il fil rouge che tiene insieme il libro è il concetto di distruzione e ricreazione, di dissoluzione e riaggregazione rappresentati nella nostra quotidianità. L’altro protagonista è il tempo, sempre presente con il suo ritmo incalzante, un tempo non circolare ma che si lancia in avanti, creando in tal modo le condizioni perché protagonisti sempre nuovi riescano ad emergere. L’io narrante irrompe sul mondo e lo scompone in singoli episodi autobiografici o di fantasia, spezzoni di vita che si aprono e si chiudono di continuo e che non potrebbero esistere al di fuori della contemporaneità. (Redazione)


Dal cap 10 BARBARI ALLE PORTE

Più grande di Roma
In un documentario un fisico dice che se la storia dell’evoluzione cosmica fosse racchiudibile in 24h, gli uomini occuperebbero soltanto pochi secondi prima della mezza¬notte. Poi dice che questo è solo un puro calcolo aritmetico.
Il tempo accelera. La crescente complessità del mondo, le nostre azioni sempre più articolate attraverso cui interveniamo su tutto quello che ci circonda, imprime alle nostre vite una velocità sempre maggiore. Il tempo divora i propri figli. Il tempo della nostra vita è un tempo accelerato. Intere generazioni sono tagliate fuori da questo orizzonte. Sono prese nella fase dell’attraversamento. Come se stessero scavalcando un ostacolo su cui sono appoggiati e che scompare all’improvviso lasciandoli precipitare. Non hanno strumenti necessari per adattarsi a queste fasi che si accavallano l’una sull’altra come le onde del mare agitato. Cercano di restare a galla aggrappandosi a tutti quelli che passano surfando su quel mare. Aggrappandosi rischiano di farli affogare. Di farci affogare.

Il vecchio si nutre del nuovo. Questo è contrario a ogni legge della vita. I figli vengono divorati per sopravvivere. Un ecosistema superato muore per dare vita a un altro più adatto che prende il suo posto. Ci hanno costruito tutto attorno una gabbia di diritti e morale per non lasciarci possibilità di fuga. Per farci massacrare. Per non lasciarci evolvere e sostituirci a loro. Il problema è che l’hanno fatto per il nostro bene e l’hanno fatto in buona fede. Di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno. Quelli che erano diritti imprescindibili ieri oggi possono essere inutili, decaduti, nocivi.

La morale è un prodotto dell’evoluzione, come la plastica. Se non fun¬ziona più, va buttata via. Va cambiata, sostituita. Al limite riciclata. Tutto è sottoposto al mutamento e alla freccia del tempo. Anche le costruzioni dell’uomo. Soprattutto le costruzioni dell’uomo. Ciò che non funziona, lo cambio. Il mio mondo non è il mondo delle persone che mi hanno preceduto. È un mondo diverso. Io sono un uomo diverso. La mia morale non è quella di chi mi ha preceduto. Mi dicono che sono immorale o amorale o non so cos’altro. Mi dicono da ogni parte che bisogna tornare a essere morali. There’s no going back. Nessuna possibilità di ritorno. Ritorno dove poi? Non c’è nessun luogo dietro di me che sento mio. Quello che è dietro di me non esiste più. È passato, chiuso.

Mi dicono di tornare alla morale. Non esiste un punto di riferimento che non sia quello davanti a me. E quel punto muta in continuazione e con esso muta il mio mondo. Morale non so neppure bene cosa significhi. Io ho relazioni. Mi confronto. Rispetto la libertà degli altri. Non limito la mia. Creo opportunità e alternative. Compio scelte. Spesso sbaglio. Creo il mio futuro a volte da solo a volte insieme agli altri, spesso in modo casuale. Per il resto, improvviso. Prendo quello che viene. Volta per volta. Attimo dopo attimo.

Cammino all’alba per i fori imperiali di Roma e sento di essere superiore a chi ha costruito quella grandezza. La mia conoscenza infinitamente più grande della loro. Come la mia esperienza. Come la mia visione. Loro non conoscevano che una insignificante porzione del mondo. Loro sono finiti, andati da millenni. Quella che adesso è Roma antica un tempo fu Roma moderna. E io sono nella storia adesso. Sto facendo la storia. Sto inventando il futuro. Io sono il barbaro alle porte della mia stessa civiltà.

Non cerco nel passato giustificazioni per quello che penso ora. Non ho bisogno di testimoni. Non ho bisogno di leggere qualcuno che mi rassicuri sulla bontà di quello che sto facendo. Quello che leggo, quello che vedo, quello che ricordo lo uso a mio piacimento. Lo faccio mio e ne dispongo come voglio. Non devo imparare nulla. Devo solo assorbire e dimenticare. Sono un filtro, ma scelgo cosa trattenere. Il resto lo dimentico.

Sintetizzo tutto quello che è stato prima di me e lo lancio in avanti per pavimentare la strada che in ogni momento mi creo sotto i piedi mentre cammino. Sono la sintesi di tutto quello che è stato prima di me. Sono un pezzo della sintesi di chi verrà dopo di me. Le mie pratiche di vita posso sceglierle tra un’offerta molto più ampia di tutti quelli che sono venuti prima di me. Distanza nel tempo e possibilità di scelta sono inversamente proporzionali: maggiore la distanza nel tempo minori le possibilità di scelta. Il tempo genera crescenti opportunità. La mia esperienza è esponenziale rispetto a tutti quelli che sono venuti prima di me.
Attraverso la nostra tecnologia entriamo in contatto con tutto il cosmo. Ci relazioniamo con l’inizio di tutto. Non siamo più semplicemente dispersi alla periferia di una galassia alla periferia del cosmo. Possiamo vedere. Possiamo sapere. Possiamo relazionarci con tutto quello che c’è.

Eppure, ancora non so nulla. E non lo saprò. L’unica conoscenza che conta è quella che riusciamo a condividere. Il resto è imperfetto. Sterile presunzione. La conoscenza è un dato di passaggio. Non si ferma mai. È in costante mutamento. Soltanto scambiandola e mettendo insieme i pezzi di conoscenza che ciascuno di noi controlla momentaneamente possiamo sapere qualche cosa. Poi continua a sfuggirci.

La velocità di quello che ci viene incontro non può essere dosata. Non si può adattare la velocità del mondo alle nostre esigenze. Non possiamo chiedere di rallentare. Non succederà. Nessuno può farlo. Nessuno ne ha la forza. Quello che è possibile è prepararsi al meglio e preparare il terreno per ciò che verrà. Progresso, avanzamento, sviluppo, miglioramento. Non possiamo sapere da che parte tirerà il vento. Ma sappiamo che soffierà. Inutile pensare di sfuggire. Non c’è riparo. Meglio così.

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