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Tutte le scivolate sull’olio di palma

E’ partita una campagna contro l’olio di palma, accusato da alcuni media e politici di essere un veleno da bandire dalle mense e dalle tavole italiane. Quanto questa battaglia abbia basi scientifiche e logiche fragilissime (quando non contraddittorie), l’ha spiegato tra gli altri su Strade Giordano Masini, ma ovviamente nel dibattito pubblico italiano logica e scienza non sono argomenti che trovano molto spazio. E quindi si va avanti con raccolte firme proibizioniste e protezioniste, discussioni su base emotiva e annunci scandalistici.

Un esempio paradigmatico dell’approccio al tema è il servizio-inchiesta andato in onda a La Gabbia, il talk show di Gianluigi Paragone, in cui sotto le percussioni di una musica ansiogena si parla di “aspetti inquietanti”, di una sostanza che è “difficile da trovare”, ma che viene scovata solo grazie alla potenza tecnologica di una telecamera nascosta tra gli scaffali di un supermercato. E quasi miracolosamente si scopre che l’olio di palma è riportato tra gli ingredienti di ogni prodotto in commercio: cracker, merendine, torte, cioccolato, biscotti, “anche nei cibi per neonati”, “c’è anche nei prodotti biologici!”. È dappertutto, è un’“invasione”.

Insomma domenica scorsa è entrata in scena la mitologia, non l’informazione. Mito uno: “Ha un elevato contenuto di acidi grassi saturi e causa colesterolo e problemi cardiovascolari. In realtà non fa male, ma quando è così tanto ripetuto nella dieta di un bambino è facile superarne le quantità limite: basta mangiare merendine, patatine fritte e biscotti contenenti olio di palma, per superare la quantità massima di grassi saturi consentita”. Ma allora perché viene usato?

Ecco il mito numero due: “Le industrie lo preferiscono perché costa poco e rende molto, lo usano al posto del burro. Questa è la sintesi di un servizio scandalistico che avrebbe lo scopo di allarmare i consumatori contro il dilagare del nuovo nemico della salute.

Innanzitutto, gli esperti del settore rimarcano che l’olio di palma è un prodotto vegetale naturale, che come dice il nome stesso deriva dalla palma da olio. Se lo trovano nei prodotti biologici, la cosa è del tutto normale. Negli ultimi anni questo grasso vegetale si è diffuso rapidamente per una serie di caratteristiche che lo rendono adatto all’industria alimentare: innanzitutto è solido o semi-solido, quindi ideale per essere usato al posto di altri grassi solidi come il burro o la margarina, e rispetto ai suoi concorrenti valorizza la fragranza dei prodotti, ha un sapore neutro che non entra in conflitto con gli altri ingredienti, garantisce maggiore conservabilità e infine costa molto di meno.

Tutto questo a scapito della salute? Ciò che viene contestato all’olio di palma è il fatto che contenga circa il 50% di grassi saturi, un livello più alto rispetto ad altri oli vegetali ma più basso rispetto ad altri. In sé questo non vuol dire nulla, come confermano tutti gli studi e tutti gli esperti, come ad esempio Elena Fattore dell’Istituto Mario Negri di Milano, l’olio di palma non è dannoso per la salute se assunto all’interno di una dieta bilanciata. Certamente può essere dannoso per un bambino mangiare in grande quantità merendine, biscotti e patatine, ma è chiaro che lì il problema è la dieta del bambino e l’educazione alimentare della famiglia. Nella frase “fa male se assunto oltre le quantità consentite” si può inserire come soggetto qualsiasi alimento, anche l’acqua assunta oltre una certa misura può essere letale. È la dose che fa il veleno.

Il servizio ha suggerito, come detto, di usare il burro per ovviare ai difetti dell’olio di palma. Ora, premesso che non si sente l’esigenza di scatenare anche una battaglia contro il burro, è incredibile che nello stesso servizio si chieda di bandire l’olio di palma perché dannoso per la salute a causa dell’alto contenuto di grassi per usare al suo posto il burro, che è un grasso animale che ha un livello di grassi saturi ancora più elevato. È come se uno chiedesse di sostituire il vino con il whisky per limitare gli effetti negativi dell’alcol. Se si considera inoltre che l’utilizzo dell’olio di palma nell’industria alimentare ha permesso di sostituire un prodotto prima largamente diffuso come la margarina, che è un grasso idrogenato più dannoso, non si comprende il perché di una campagna di demonizzazione del genere. La logica e la scienza dicono che non ha senso, ma in un dibattito pubblico occupato dagli urlatori fanno fatica a farsi sentire.

Purtroppo il servizio de La Gabbia non è l’unico esempio di informazione in cui i miti e i pregiudizi prevalgono sui fatti accertabili. Anche nel campo politico c’è chi ha commesso lo stesso errore. I deputati del M5S hanno presentato nelle commissioni congiunte agricoltura e affari sociali una risoluzione parlamentare contro l’olio di palma basata esclusivamente sui miti di cui abbiamo parlato. Perfino alcuni parlamentari del PD hanno presentato un’analoga risoluzione, in cui si chiede di limitare e addirittura vietare l’utilizzo dell’olio di palma per ragioni di sostenibilità ambientale.

Non sarebbe auspicabile che almeno da parte delle forze di governo prevalesse una posizione più aderente alla realtà dei fatti?

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