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Bertinotti, Cofferati e non solo. Ecco chi gongola per la coalizione sociale stile Landini

Fausto Bertinotti dà la sua benedizione a Maurizio Landini. Lo aveva in parte già fatto, ma questa settimana lo ha fatto capire chiaramente alla presentazione del suo nuovo libro, “Colpita al cuore. Perché l’Italia non è una Repubblica fondata sul lavoro”, edito da Castelvecchi, alla Feltrinelli della Galleria Alberto Sordi a Roma.

L’ex presidente della Camera, ormai fuori dalla politica attiva, vede un notevole spazio a sinistra del Pd, specialmente da quando c’è Matteo Renzi al timone. Ma questo spazio non è occupabile da una forza partito. Altrimenti, se bastasse questo, Sel sarebbe oltre il 10 per cento. “C’è bisogno di qualcosa di nuovo senza però creare un’altra forza politica, che non servirebbe a niente. Occorre un soggetto già esistente in grado di mettere in campo le sue energie”, spiega Bertinotti. E sembra proprio tracciare l’identikit di Coesione sociale, la “cosa rossa” di Landini, che però vede la ferma opposizione di Susanna Camusso, contraria a fare politica attraverso il sindacato.

Tra queste due visioni – il sindacato che fa politica e il sindacato che pensa solo ai contratti dei lavoratori – Bertinotti preferisce sicuramente il primo. In cui intravede una novità al livello di della Syriza greca e della spagnola Podemos.
Di fronte all’economista Giulio Sapelli, anch’egli alla presentazione, Bertinotti e Landini sembrano andare d’accordo su tutto: dalla critica alle politiche del governo a quelle all’Europa, dall’esame della società post crisi allo stato dell’arte dei movimenti di sinistra. Per entrambi la sinistra in Italia in questo passaggio è rappresentata solo dal sindacato, perché i partiti hanno abdicato al ruolo di difensori delle classi lavoratrici. A parte, forse, qualche settore dell’impiego pubblico.

E’ dal sindacato, dunque, che secondo i due si deve ripartire per ridare fiato alla sinistra messa sotto scacco da un governo che attua politiche di destra.
“Il sindacato deve avere un progetto politico di società”, spiega Landini. “Il lavoro non è più rappresentato dal Parlamento e dalla politica, si tutelano gli imprenditori che licenziano e non i lavoratori, quindi al sindacato non resta che scendere in campo, ma senza farsi partito”, aggiunge. “Quella di Landini è un’efficace e brillante individuazione di un percorso di politicizzazione dei movimenti senza dover battere la scorciatoia della formazione di un partito politico.

E’ una rottura degli schemi tradizionali, non prevede scissioni e percorsi arcinoti che appartengono al passato”, osserva l’ex leader di Rifondazione. Secondo cui “la coalizione sociale non deve avere come obbiettivo il consenso, ma deve partite dal conflitto sociale in atto per arrivare a una vocazione maggioritaria fuori dal quadro in cui Renzi stravince e la sinistra è prigioniera”.
La visione di Bertinotti sembra però avere il seguente sottotesto: se non ci sono riuscito io a costruire una vera alternativa di sinistra in questo Paese, allora non ci può riuscire nessun altro, né Vendola, né Landini. Per questo, secondo l’ex sindacalista, occorre trovare strade nuove che vadano oltre i partiti. Come poi l’equazione si coniughi nella realtà resta assai fumoso. Se non quella del sindacato che supera il suo ruolo per diventare soggetto politico. Ma allora che differenza c’è rispetto a un nuovo partito? Forse il fatto che non si presenta alle elezioni ma misura il consenso seguendo altre strade?

Anche Sergio Cofferati, ancor prima di Bertinotti, aveva benedetto l’operazione del segretario della Fiom. “Il sindacato ha sempre fatto politica. Non deve farla facendosi esso stesso partito, ma contribuendo a costruire una grande agorà dei movimenti, di cui lo stesso sindacato fa parte”, ha spiegato tempo fa l’ex segretario della Cgil, offrendo la sua adesione a coesione sociale.
Cofferati e Bertinotti, ovvero due che si sono sempre mal sopportati, insieme per dare forza al progetto del leader della Fiom. Resta da vedere se, visto il redde rationem in atto tra Renzi e la minoranza Pd, anche da quelle parti non inizi un esodo verso coesione sociale, magari dando vita a una forza politica con cui possa andare a braccetto e possa garantirgli una copertura politica. Secondo le voci che circolano a Montecitorio, l’unico che potrebbe avviare un’operazione simile è Pierluigi Bersani. Ma della partita sarebbero anche Gianni Cuperlo, Pippo Civati, Stefano Fassina e Rosy Bindi. L’ex segretario del Pd ci starebbe pensando. Ma per il momento è ancora troppo affezionato alla “ditta” per rompere gli indugi e abbandonarla.

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