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CETA, la nuova relazione transatlantica?

Si svolgerà a Roma, il prossimo 29 aprile, la conferenza “Canada to Italy: Prospects, Foreign Direct Investments & Systems compared” organizzata da UTOPIA – Relazioni Istituzionali, Comunicazioni, Affari Legali & Lobbying e Formiche, presso la Sala Carducci del centro congressi “Roma Eventi – Fontana di trevi”.

La giornata di lavori riunirà, fra gli altri, il vice ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda, il sottosegretario agli Affari esteri e alla Cooperazione Internazionale Benedetto Della Vedova, l’ambasciatore canadese in Italia Peter McGovern, l’ex-presidente del Senato canadese Hon. Noël A. Kinsella e l’ex-ministro degli Affari Esteri e della Difesa Antonio Martino, oltre ai parlamentari Enzo Amendola, Ignazio Abrignani e Paolo Tancredi, e aziende come Bombardier Transportation, Energetic Source e Royal Bank of Canada.

L’evento, patrocinato dall’ambasciata del Canada, dal ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dal Ministero dello Sviluppo Economico, sarà l’occasione per fare il punto sulla “nuova relazione transatlantica”. Saranno così passate in rassegna prospettive e benefici del CETA (Comprehensive Economic & Trade Agreement), il suo possibile impatto sul flusso degli investimenti diretti esteri euro-italo-canadesi e le opportunità commerciali che dischiuderà, soprattutto in campo energetico e agroalimentare.

Lo scorso 5 agosto, Canada e Unione europea hanno infatti annunciato la conclusione dei negoziati CETA che potrebbe sugellare la lunga storia di cooperazione (non solo) economica fra il Canada e l’Europa.

Forte di una popolazione di oltre 500 milioni di abitanti e di un PIL che, nonostante la crisi, nel 2012 era pari a 13 trilioni di euro, Bruxelles guida oggi il mercato unico più grande al mondo i cui membri, in termini aggregati, rappresentano i primi investitori a livello globale. Per Ottawa, l’Europa costituisce il secondo partner commerciale alle spalle degli Stati Uniti, con un interscambio di circa 60 miliardi di euro l’anno. Il processo di ratifica dell’accordo richiederà non meno di due anni (dovrà essere approvato dal Parlamento europeo, dai singoli 28 Stati membri, dalle 10 province canadesi e dal governo federale del Canada): a quel punto, potrebbe incrementare del 23% i flussi di beni e servizi fra le due sponde dell’Atlantico (+26 miliardi di euro) grazie all’abbattimento di quasi il 98% delle tariffe commerciali oggi esistenti. Nel complesso, il PIL dell’Ue potrebbe aumentare di 12 miliardi di euro. Quello canadese, del +0,7% ogni anno.

Da una prospettiva geopolitica, l’accordo offrirà una nuova sponda atlantica ai Paesi europei in un frangente in cui i negoziati Usa-Ue sul TTIP (Transatlantic trade & investment partnership) sembrano procedere a rilento e il nuovo Congresso statunitense appare meno favorevole al trattato di quanto non lo fosse il precedente. In questa fase, la priorità di Washington resta infatti il TPP (Trans-Pacifc partnership) con le economie del Pacifico, tanto più quando anche la Cina sta provando a realizzare il proprio ordine regionale e globale attraverso la nuova Via della Seta (progetto infrastrutturale e commerciale che unirà via terra e via mare il Vecchio Continente all’Asia Orientale) e la Free Trade area of Asia Pacific (FTAAP), ovvero la sua risposta al TPP.

Guardandolo da una prospettiva italiana, una volta in vigore l’accordo potrà favorire un considerevole incremento delle opportunità di scambio economico-commerciale, rafforzando i legami con un paese, il Canada, in cima a diverse classifiche di competitività internazionali: secondo Forbes e Bloomberg, è infatti il migliore paese G-20 in cui fare affari; è quello fra i G-7 in cui è più semplice aprire un’attività (World Bank); si è classificato secondo a livello globale per investimenti diretti esteri in entrata fra il 2008 e il 2012.

Il Canada costituisce un partner privilegiato per un’ulteriore espansione delle imprese tricolori (l’interscambio commerciale fra i due paesi è passato da 3,8 a 4,6 miliardi fra il 2010 e il 2013, con un saldo positivo per l’Italia di circa 1,4 miliardi) anche in ragione della sua ricca disponibilità di energia e materie prime, dell’elevato livello di istruzione, della qualità della ricerca scientifica e tecnologica e soprattutto della presenza di un’ampia comunità canadese di origine italiana, forte di oltre 1,5 milioni di persone.

Gli interessi delle aziende italiane in Canada riguardano diversi settori, soprattutto in campo energetico, agroalimentare, delle energie rinnovabili, manifatturiero, aerospaziale e automobilistico. Il CETA eliminerà le tariffe sulla quasi totalità dei prodotti italiani esportati verso il paese nordamericano, come macchinari industriali (in questo campo arrivano fino al 9,5%), mobili (anche qui il 9,5%), calzature (il 20%). Per quanto riguarda il settore agroalimentare, l’Italia si gioverà dell’abbattimento dei dazi doganali su alcuni prodotti-chiave del suo export come vino (possono arrivare fino ai 7 centesimi al litro), pasta (fino all’8,5%), cioccolata (fino al 6%) e pomodori (fino all’11,5%).

Inoltre, aprirà alle aziende tricolori (ed europee) il ricco mercato degli appalti pubblici canadese, il cui giro d’affari è stimato in 177 miliardi di dollari Usa (pari a circa il 9,4% del Pil di Ottawa), soprattutto a livello provinciale e territoriale. Si tratta del più vasto mercato degli appalti pubblici cui i paesi dell’Unione europea hanno mai avuto la possibilità di accedere al di fuori dell’Europa stessa, con benefici potenziali che interesseranno anche le piccole e medie imprese capaci di offrire servizi nei campi più disparati: ingegneria; architettura; IT, software e gestione dati; collaudi e analisi tecniche; consulenza in marketing, risorse umane e gestione della produzione; igiene; macchinari e attrezzi di riparazione. Le imprese europee saranno le prime società straniere a ottenere questo livello di accesso agli appalti pubblici del Canada. I benefici per l’Italia interesseranno quindi l’export di prodotti farmaceutici (che nel 2013 costituivano circa il 4% dei 172,1 milioni di dollari di merci esportate in Canada), il riconoscimento di uno status speciale per 41 prodotti agricoli con un’indicazione geografica specifica (formaggi, carne, aceto, olio, frutta e noci) e la possibilità di veder loro riconosciuta una parità di trattamento con le aziende dei paesi firmatari del Nafta (l’accordo di libero scambio tra Usa, Messico e Canada).

Alberto De Sanctis (Ufficio Analisi & Strategie di Utopia)

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