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Telecom, Enel, Metroweb. Cosa (non) deve fare il governo. Parla D’Angelo (ex Agcom)

La Banda UltraLarga è obiettivo strategico. Non tocca a Governo fare piani industriali. Ma porteremo il futuro presto e ovunque”. È il tweet con cui Matteo Renzi, ha accolto il progetto messo a punto da Enel per far giungere la fibra ottica in tutte le abitazioni italiane.

Un piano che prevede l’utilizzo delle infrastrutture elettriche presenti nel territorio nazionale per posare e ospitare gli apparati di trasmissione in fibra ottica.

Per fare luce sulla strategia del governo e comprenderne i risvolti sul controllo della compagnia che dovrebbe gestire l’ultimo miglio della banda larga, Formiche.net si è rivolta a Nicola D’Angelo, giurista ed ex commissario dell’Autorità per le garanzie per le comunicazioni, e in passato anche consigliere giuridico al ministero delle Comunicazioni e membro del cda di Stet e Telecom Italia in rappresentanza del dicastero delle Tlc.

Come valuta il progetto preannunciato da Enel?

Il problema principale dello sviluppo della banda larga in Italia non è nelle dorsali in fibra ottica. Strumenti che possiedono i gruppi attivi nel mercato delle telecomunicazioni e non solo. Anche in epoca di monopolio le società che erogavano servizi pubblici hanno potuto realizzare reti alternativa a quelle di Telecom. La vera questione è invece far arrivare la fibra ottica dalla strada fin dentro le abitazioni. Terreno nel quale Enel si trova nelle condizioni degli altri operatori. Pur portando il cavo elettrico nelle case, non vanta un vantaggio infrastrutturale rispetto ai potenziali concorrenti. Con un’eccezione.

Quale?

Nei territori privi di reti broad-band come le aree montane l’impiego dei tralicci e degli impianti di distribuzione capillare di energia avrebbe un senso. Per il resto l’ingresso di Enel nel comparto delle telecomunicazioni nelle zone più sviluppate rischia di alterare un mercato già liberalizzato. L’Unione Europea potrebbe valutare l’effetto distorsivo sulla concorrenza e un’eventuale ipotesi di aiuto di Stato.

Teme un allontanamento dal core business e dalla missione strategica dell’azienda elettrica?

A rigor di logica mi sembra vi sia tanto da fare nel miglioramento della distribuzione e nei risparmi energetici. Per questa ragione mi sembra singolare che il governo favorisca l’intervento di Enel in settori differenti. Nel nostro paese esiste già una compagnia che ha risorse notevoli per realizzare la rete finale in fibra ottica.

Si riferisce a Metroweb?

Certo. E non capisco perché i suoi vertici non ricerchino con decisione un accordo con i vari operatori di telecomunicazioni.

Un ruolo prezioso potrebbe giocarlo Cassa Depositi e Prestiti.

Sono anni che si parla dell’entrata di CDP nella rete per la banda larga. La società è già in Metroweb, possibile punto di riferimento per creare una sinergia tra i gruppi privati concorrenti. Ancor meglio sarebbe costruire un “consorzio” gestito e partecipato dalle diverse aziende con un’unica finalità: realizzare l’infrastruttura in fibra ottica.

Telecom è intenzionata a proseguire un progetto autonomo per cui ha previsto 10 miliardi di euro di investimenti. Nel terreno della banda larga si profila una competizione tra ex monopolisti?

Uno scenario del genere sarebbe singolare, poiché nulla di tutto ciò è accaduto in altri paesi del mondo. Telecom avrebbe potuto muoversi prima e compiere scelte industriali differenti. Ma è una grande impresa quotata – gran parte dei titoli appartengono all’azionariato diffuso e agli investitori istituzionali – con migliaia di dipendenti. Il piano messo a punto dall’azienda non dovrebbe essere ostacolato. È necessario che tutto si sviluppi nell’ambito delle regole di mercato sotto la vigilanza delle autorità di controllo a partire da AgCom. L’obiettivo è rendere aperta, neutrale e non discriminatoria la rete strategica broad-band.

Palazzo Chigi ha intrapreso un’iniziativa ostile nei confronti di Telecom?

Non lo so. Ma non sono chiare le spiegazioni industriali e di interesse pubblico a base della sua strategia. È vero che sono utili interventi pubblici diretti e incisivi in vista dei tempi di Agenda digitale 2020. Tuttavia mi sarei aspettato più trasparenza anche in questa fase, come già era accaduto tramite la consultazione pubblica che aveva nell’avvio del percorso.

Matteo Renzi vuole penalizzare un’eventuale alleanza fra Telecom, Vivendi e Mediaset?

Per ora non esiste alcun accordo firmato nero su bianco. Ma pur ammettendo un’operazione sinergica fra i tre gruppi, verrebbe a costituirsi una concentrazione notevole nel panorama mediatico. Realtà che rientrerebbe nell’attività di monitoraggio delle autorità italiane e europee preposte alla garanzia della concorrenza.

È deluso dall’azione dell’esecutivo?

Anziché seguire un principio di moltiplicazione e nazionalizzazione delle reti che si è rivelato fallimentare e costoso dove è stato tentato, ad esempio in Australia, il governo avrebbe potuto incentivare la domanda, favorendo la neutralità tecnologica tra infrastrutture fisse e mobili.

(prima intervista di una serie di interviste di approfondimenti sul tema della banda larga; qui il commento del direttore di Formiche.net, Michele Arnese, e qui l’analisi dell’editorialista Stefano Cingolani)

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