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Il Senato sfruculia la riforma renziana della Rai

La riforma governativa della Rai? Un po’ fumosa, dai contorni non ancora chiari, soprattutto sulle risorse finanziarie e su come rendere più efficiente la società radio televisiva. Parola dei tecnici del Senato, che arrivano dopo i dubbi a sorpresa giunti dal presidente della società di viale Mazzini, Anna Maria Tarantola, e dai dirigenti Rai, tutti sentiti nel corso delle audizioni in corso nella commissione del Senato.

I rilievi si evincono dal rapporto del Servizio Bilancio di Palazzo Madama che analizza come di consueto i provvedimenti del governo in discussione in Parlamento.

L’ultimo report dei tecnici del Senato si concentra sul disegno di legge del governo n. 1880 intitolato “Riforma della RAI e del servizio pubblico radiotelevisivo”.

Ecco in particolare gli interrogativi che riguardano l’articolo 4, che prevede una “delega al governo per la disciplina del finanziamento pubblico della RAI-Radiotelevisione italiana Spa”.

In sintesi il provvedimento delega il governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, “uno o più decreti legislativi volti a disciplinare il finanziamento pubblico della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi”. Ecco i criteri.

Primo: “Revisione della normativa vigente in materia di canone di abbonamento, tenendo conto della giurisprudenza consolidata”.

Secondo: “Efficientamento del sistema del finanziamento pubblico della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, in considerazione del livello di morosità riscontrata, dell’incremento delle disdette, dell’analisi costi-benefici, nel perseguimento di politiche finalizzate a perequazione sociale ed effettività della riscossione”.

Terzo: “Indicazione espressa delle norme abrogate”.

Quarto: “Armonizzazione del sistema di finanziamento al modello societario della RAI”.

Che cosa dicono gli uffici del Senato? L’intento del governo “appare caratterizzato dalla mera enunciazione degli ambiti tematici da affrontare”, scrivono. Nel dettaglio, “si parla di una revisione della normativa vigente in materia di canone di abbonamento, senza esplicitare in quale direzione la stessa debba procedere”.

Inoltre, si legge nel report, “non appare sufficientemente definitorio il rimando alla giurisprudenza consolidata, in quanto non si specifica di quali aspetti della stessa si debba tenere conto: potrebbe trattarsi della natura del canone, delle tipologie di apparecchi ad esso assoggettabili, o di altro ancora”.

Pure “sull’efficientamento”, indicato dal disegno di legge del governo, i tecnici di Palazzo Madama non lesinano perplessità: “Sembra essere indicato come un obiettivo auspicabile, per raggiungere il quale non vengono peraltro prefigurate in modo esplicito procedure o strategie da attivare”.

Ma i renziani non si curano troppo di questi rilievi. L’intenzione del Pd di Palazzo Madama sarebbe riuscire a portare in aula intorno al 10 giugno il disegno di legge varato dal Consiglio dei ministri il 27 marzo. Se davvero questo fosse l’itinerario, allora potrebbe diventare verosimile – scrive Paolo Conti del Corriere della Sera – l’approvazione del disegno di legge (ora in discussione alla commissione Comunicazioni) entro la fine di luglio, dopo la votazione alla Camera. Così la nomina dei nuovi vertici (gli attuali scadono il 25 maggio, e restano automaticamente in proroga) avverrebbe con la legge voluta da Matteo Renzi.

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