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Le origini della teologia della liberazione: il Kgb?

«È importante tenere presente che quello che si cerca, oltre o, meglio, mediante la lotta contro la miseria, l’ingiustizia e lo sfruttamento, è la creazione di un uomo nuovo». Questa formula totalitaria è di Gustavo Gutiérrez, uno tra i massimi esponenti della cosiddetta teologia della liberazione. Il sacerdote peruviano, che qualche mese dopo l’elezione di Papa Francesco ebbe il privilegio di una intervista “in ginocchio” sul quotidiano ufficioso della Santa Sede (cfr. Siamo stati liberati per restare liberi. Intervista a Gustavo Gutiérrez, in  L’Osservatore Romano, 11 settembre 2013, p. 5), scrisse questa frase così poco compatibile con l’antropologia cristiana nel 1971.

LA CONDANNA DELLA CHIESA

Alcuni anni dopo, la Chiesa prese quindi le distanze da questa corrente teologica per espressa volontà di San Giovanni Paolo II e dell’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede card. Joseph Ratzinger. Fu proprio quest’ultimo, infatti, a firmare le due importanti istruzioni attraverso le quali durante il pontificato di papa Wojtyla fu ufficialmente elaborato il giudizio della Chiesa rispetto alla teologia della Liberazione. Con le Istruzioni “Libertatis Nuntius” (1984) e poi “Libertatis Conscientia” (1986), si denuncia la sudditanza del “Liberazionismo” all’analisi marxista della società e, quindi, la sua incompatibilità con il messaggio evangelico.

DALLA LIBERAZIONE ECONOMICA A QUELLA SESSUALE

A seguito dell’implosione dell’Unione Sovietica i teologi della liberazione, che hanno sempre fatto proprie le categorie filosofiche, politiche ed economiche del marxismo, hanno vissuto quella metamorfosi che Augusto Del Noce profetizzò fin dagli anni 1970 per i partiti neo-comunisti, destinato a trasformarsi in “partiti radicali di massa”. In pratica, i neo-marxisti hanno ampliato i concetti di “povero” e “povertà” che, in passato, coincidevano con i “proletari” e gli “sfruttati” e, dopo il 1989, hanno cominciato ad essere identificati con altre categorie di persone, sempre “oppresse”, ma in maniere e per ragioni diverse: «Ecco allora che i nuovi poveri sono gli omosessuali, i transgender, le donne e persino la natura. Tale passaggio all’interno della teologia della liberazione è avvenuto senza contraddizioni» (Federico Catani, Teologia della liberazione: luci e ombre, in La Croce, 29 aprile 2015, p. 5).

L’ex francescano Leonardo Boff, altro personaggio di spicco del mondo “Liberazionista”, già nel 1985 scriveva come la nuova teologia doveva legarsi ai processi di liberazione caratteristici della dinamica neo-capitalista, come ad esempio il freudismo e il pensiero di W. Reich e di Marcuse e, poi, logicamente, tutti i “teologi” della sua schiera «hanno fatto ricorso senza problemi all’ideologia del gender per lottare contro la discriminazione di sesso, al femminismo per contrastare il dominio maschilista e all’ambientalismo estremo per difendere il pianeta Terra» (F. Catani, art. cit.).

L’IPOTESI COMPLOTTISTA DELLE ORIGINI

Nell’inquadrare la genesi e gli sviluppi della teologia della liberazione, non può lasciare indifferenti la notizia recentemente rilanciata dal giornalista cattolico americano John L. Allen Jr. su “Cruxnow”, secondo la quale sarebbe stato il servizio di intelligence sovietico, il KGB, ad avere avuto un ruolo prevalente nella diffusione della teologia della liberazione in Sud-America. Allen, riportando la testimonianza in proposito di Ion Mihai Pacepa, generale dei servizi segreti rumeni sotto il Comunismo, ha ricostruito il composito sviluppo di certa teologia progressista amerinda degli ultimi decenni, frutto di ben pianificati (e finanziati) scambi culturali, convegni pubblici e coalizioni di interessi privati che accostano nomi del KGB, delle FARC colombiane, di Fidel Castro, della chiesa evangelico-pentecostale, Nelson Rockefeller, il controverso fondatore e leader della “Chiesa dell’Unificazione” reverendo Moon [cioè Sun Myung Moon (1920-2012)], il discusso vescovo brasiliano Helder Câmara (1909-1999) e tanti altri. Nel suo recente libro (“Disinformation: Former Spy Chief Reveals Secret Strategies for Undermining Freedom, Attacking Religion, and Promoting Terrorism”, pubblicato nel 2013) il generale Pacepa, il più alto ufficiale del KGB ad aver mai disertato da un paese del blocco sovietico per passare all’Occidente, ha affermato che la teologia della liberazione fu concepita dai servizi segreti sovietici, salvo poi essere inoculata nella Chiesa. L’accusa, rigorosamente documentata, è così sbalorditiva che perfino Hollywood se ne è impadronita, annunciando per il 2016 un film sull’argomento…

Ora, non sappiamo se e quanto tali ricostruzioni storico-politiche siano plausibili ma, a chi voglia esaminare attentamente l’evoluzione teologico-pastorale del cattolicesimo progressista in Sud America, il “mix” delle impostazioni ideologico/sloganistiche dei centri e protagonisti citati da Pacepa e rilanciati da Allen sembra proprio attagliarsi alla gran parte del “Liberazionismo” post-comunista. Critica frontale all’Occidente in salsa anti-global, fondamentalismo verde e ammiccamento con i “nuovi movimenti religiosi”, queste ed altre influenze apparentemente contrastanti, accumunano gli attuali teologi della liberazione per alcune “idiosincrasie strategiche”, verso il papato, contro la famiglia naturale e la Dottrina sociale cattolica, innanzitutto.

MA COS’E’ OGGI LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE? 

«Ciò che proponiamo è marxismo, materialismo storico, nella teologia», ha assicurato Leonardo Boff, fin dal 1988. Eppure, alcuni vaticanisti a partire dall’elezione di Papa Francesco hanno cominciato a dire che, questa teologia, è oggi proposta e difesa perfino ai più alti livelli, addirittura “sdoganata” dal Vaticano.

Non si tratta più, quindi, di un fenomeno solo latinoamericano? La teologia della liberazione, con l’elezione di Bergoglio, sta forse attecchendo anche in parte della Chiesa? Quali rapporti esistono fra questa corrente e la “Massoneria cattolica” esaltata, nel 1907, dal modernista Antonio Fogazzaro?

Per dare una risposta a tutti questi interrogativi, e abbozzare in “identikit” della teologia della liberazione di oggi, è stata organizzata a Roma, il 28 maggio prossimo, una conferenza dal titolo intrigante: “Teologia della liberazione: per i poveri o per la povertà?”. A partire dalle 18, si alterneranno al Centro Congressi Cavour (via Cavour 50/A, a 200 metri dalla stazione Termini) le relazioni di esperti teologi come Don Mauro Gagliardi, Professore Ordinario di Teologia Dogmatica all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, e di storici cattolici, come Roberto de Mattei, Presidente della Fondazione Lepanto e Massimo de Leonardis, Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, oltre ad uno dei maggiori specialisti in materia, il saggista e conferenziere Julio Loredo, responsabile dell’Associazione “Tradizione Famiglia Proprietà” in Italia.

Nel suo ultimo libro, che sarà presentato nel corso del convegno (cfr. Julio Loredo, Teologia della liberazione: un salvagente di piombo per i poveri, Cantagalli, Siena 2014), l’intellettuale latino-americano analizza infatti nel dettaglio il nucleo dottrinale della teologia della liberazione, mettendo in evidenza tutti gli errori che la allontanano dalla Dottrina della Chiesa: immanentismo, storicismo, manipolazione della Sacra Scrittura, distorsione dell’immagine di Dio, del concetto di Redenzione, di peccato e, infine, la nuova e rivoluzionaria visione di Chiesa che si porta appresso (la “nuova ecclesiologia” propalata fin dal post Concilio da Leonardo Boff). «Il concetto fondamentale della teologia della liberazione, che la percorre da cima a fondo, è quello di “liberazione” – scrive al proposito Loredo – cioè un movimento, interiore ed esteriore, tendente ad emancipare individui e società da certe situazioni ritenute oppressive o discriminanti».

Le riflessioni che saranno presentate al convegno di giovedì prossimo, quindi, potranno essere molto utili anche alla Chiesa e al mondo culturale cattolico, per evitare di cadere, “fuori tempo massimo”, nell’ennesima “trappola ideologica”. Una trappola, cioè, che ha piene le sue origini ed i suoi moventi in quel “secolo delle idee assassine”, secondo la nota formula dello storico Robert Conquest per il Novecento, che tardiamo ancora a metterci alle spalle.

Loredo Teologia della liberazione Salvagente Piombo

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