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Lavoro, numeri buoni e cattiva enfasi

Carlo De Benedetti e Giuliano Poletti

Ad aprile 210mila nuovi contratti di lavoro, + 48mila per quelli a tempo indeterminato”. Come non gioire davanti a queste notizie lanciate dai grandi siti di informazione?

Siccome i numeri sono davvero succulenti, per approfondire meglio andare alla fonte, ovvero la “nota flash” redatta dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali sulla base delle “prime evidenze ricavate dal Sistema informativo delle Comunicazioni Obbligatorie”, come si legge con tanto di maiuscole a proposito della “dinamica dei contratti di lavoro”.

I numeri, nudi e crudi, sono davvero confortanti. Nello scorso mese di aprile “il numero di attivazioni di nuovi contratti di lavoro” è stato pari a 756.926: di questi 171.515 sono contratti a tempo indeterminato, 475.273 sono contratti a tempo determinato, 18.443 sono contratti di apprendistato ecc.

Tenendo conto che le cessazioni dei contratti di lavoro nello stesso mese di aprile sono state 546.382, la differenza positiva è di 210.544 di nuovi contratti di lavoro.

Per un raffronto con il passato, si può fare riferimento allo stesso mese del 2014. Dodici mesi fa la differenza tra nuovi contratti di lavoro e cessazioni fu di 203.309 (210mila ad aprile 2015, come detto)

Conclusione: rispetto a dodici mesi fa, è esattamente di poco più di 7mila la differenza positiva tra nuovi occupati e contratti di lavoro finiti (7.235, per la precisione), sostanzialmente stabile rispetto al passato.

Nessuna volontà di rosicare, anzi. Solo per chiarezza di cronaca.

Poi ci si potrà chiedere se questo saldo è più frutto del Jobs Act o degli sgravi fiscali per le assunzioni (le assunzioni con il nuovo contratto a tempo indeterminato sono state il 22,7% del totale, rispetto al 15,7% dello stesso mese dello scorso anno). Il dibattito è aperto. Per un approfondimento articolato e a più voci si può leggere questo recente articolo.

Il dibattito prosegua. Ma dai 7mila nuovi contratti, non dai 210mila.

 

 

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