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Così Ignazio Visco sballotta i dipendenti statali

Troppo vecchi. Poche lauree. Scarsa conoscenza delle lingue. E valutazioni dei dirigenti fatte in casa. Ecco il quadro dei dipendenti della Pubblica amministrazione così come emerge da un capitolo della relazione annuale della Banca d’Italia approvata oggi dall’assemblea dell’Istituto governato da Ignazio Visco che ha svolto le Considerazioni finali davanti a banchieri, politici e giornalisti (qui la gallery fotografica).

Ecco alcuni dei passaggi significativi del focus sulla Pubblica amministrazione; una delle novità della Relazione annuale, come ha sottolineato il governatore Visco.

DIPENDENTI PIU’ ANZIANI E PIU’ VECCHI

“Secondo l’indagine europea sulle forze di lavoro, nel confronto con le principali economie, nel 2012 i dipendenti pubblici italiani avevano un’età media più elevata (46,5 anni, 1,5 più che in Spagna e 4 più che in Francia, Germania e Regno Unito) e una maggiore anzianità di servizio. Vi influiscono sia tratti tradizionali del pubblico impiego italiano, in particolare la maggiore separazione tra il settore pubblico e quello privato, sia le politiche di blocco del turnover attuate negli ultimi quindici anni che, secondo i dati della Ragioneria generale dello Stato, hanno determinato tra il 2001 e il 2013 una riduzione del numero dei dipendenti dell’8,7 per cento circa (10,7 per cento se si escludono i comparti della scuola e della sanità)”.

LINGUE E LAUREE AL PALO

“Sulla base dei risultati dell’indagine del Programme for the International Assessment of Adult Competencies (PIAAC) dell’OCSE, nel 2012 i dipendenti pubblici italiani si collocavano in ultima posizione tra quelli dei paesi dell’OCSE in termini di competenze linguistiche e numeriche. Nel confronto con i principali paesi dell’Unione europea, il ritardo riflette solo in parte il più basso livello di competenze nel complesso della popolazione adulta. Meno elevata rispetto agli altri paesi è anche la quota di dipendenti pubblici con almeno un’istruzione universitaria; il divario, in questo caso, è attribuibile alla minore incidenza di laureati nella popolazione complessiva”.

MERITO CERCASI

“I profili di carriera appaiono compensare poco il merito e le competenze. Elaborazioni sui dati della Rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat, relativi al periodo 2009-2014, mostrano che nel settore pubblico il legame tra la dinamica delle retribuzioni orarie e l’anzianità di servizio è più forte che nel settore privato; il differenziale salariale tra un laureato e un individuo con titolo di studio basso è invece minore nel settore pubblico (20 per cento) rispetto al privato (circa 26 per cento). Stime basate su dati PIAAC relativi ai lavoratori con età compresa tra 35 anni e 54 anni evidenziano che nel settore pubblico il rendimento delle competenze effettivamente possedute, in termini di salario orario, in Italia è pari a meno della metà di quello della media dei paesi partecipanti all’indagine; la differenza di rendimento tra settore privato e pubblico è pari a 8 punti percentuali, contro i 3,6 della media dei paesi considerati”.

CHI E COME SI VALUTANO I DIRIGENTI?

“Il funzionamento di questo assetto ha incontrato un ostacolo nell’incapacità dei sistemi di misurazione e valutazione delle performance di operare le opportune differenziazioni. In proposito nel 2014 l’Autorità nazionale anticorruzione segnalava un generale appiattimento delle valutazioni dei dirigenti dei Ministeri verso le classi elevate di punteggio e un grado di raggiungimento degli obiettivi strategici nel comparto prossimo al 100 per cento. Elaborazioni su un campione di dirigenti regionali mostrano come l’età sia la principale determinante della retribuzione di risultato erogata, senza invece effetti riconducibili ad altre caratteristiche, quali il possesso di un titolo di studio post-laurea, la conoscenza delle lingue o le esperienze lavorative all’estero”.

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