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“Il gruppo Khorasan non esiste”, dice il capo qaedista intervistato con addòsso la cintura esplosiva

Perugia ─ Nella serata di mercoledì Al Jazeera Tv ha trasmesso un’intervista esclusiva con Abu Mohammed al Jolani, il leader di al Qaeda in Siria (che va sotto il nome di Jabhat al Nusra, JN).

Jolani è un nom de guerre che spesso si trova scritto anche come “Joulani” o “Goulani”: l’identità del leader qaedista è celata da un fitto mistero (a dicembre del 2013 Associated Press diffuse una sua foto, e ancora non ce ne sono state altre). Quando la scorsa settimana aveva cominciato a girare la notizia dell’intervista ─ che di per sé resta un’esclusiva assoluta e molto importante, visto che al Nusra è uno dei principali attori del conflitto siriano ─, sui social network si era parlato pure della possibilità che il capo qaedista si presentasse a volto scoperto. Un circostanza praticamente impossibile (l’ipotesi è stata smontata in poche ore): Jolani, si è presentato in camicia a quadri, gilet tradizionale e panno nero sul volto, ed è stato sempre ripreso di spalle, se non in alcuni tratti in cui le immagini lo inquadravano di fronte, dallo sterno in giù. Il giornalista del Foglio Daniele Raineri, ha notato, che stoppando le inquadrature frontali si intravedeva un particolare rigonfiamento sotto gli abiti del capo ribelle, probabilmente dovuto alla presenza di una cintura esplosiva ─ non è una novità che notabili di questi gruppi radicali indossino esplosivo, per esempio quasi tutti i leader dello Stato islamico appaiono così “vestiti” nei video: serve a “martirizzarsi” in braccio al nemico in caso di cattura.

Andando oltre i dettaglio estetico, che ha comunque un valore profondo, e passando ai contenuti, la cosa più interessante che ha detto Jolani riguarda il ruolo della cellula qaedista siriana. Secondo quanto rivelato al giornalista di Al Jazeera, l’organizzazione centrale ─ cioè quella guidata direttamente da Ayman al Zawahiri che fa da riferimento per tutte le “filiali” a livello mondiale ─ ha espressamente ordinato alla branca siriana di non colpire all’estero, perché questo potrebbe compromettere la concentrazione sull’obiettivo principale (e unico, a quanto pare): il rovesciamento del regime di Bashar al Assad in Siria.

Ciao ciao Khorasan, dunque. Jolani ha smentito le affermazioni di parte dei funzionari americani che aveva dichiarato a settembre dello scorso anno di aver individuato all’interno di al Nusra una cellula che si sarebbe dedicata espressamente alle operazioni estere (cioè attentati contro obiettivi extra-siriani) che prendeva il nome di “Gruppo Khorasan”. Del Khorasan se ne parlò molto ai tempi dell’avvio delle operazioni in Siria: i primi bombardamenti sul suolo di Damasco dell’operazione Inherent Resolve ebbero infatti come target non solo le postazioni dello Stato islamico, ma anche quelle di Nusra nel nord siriano ─ nell’area di Aleppo e Idlib, nel settembre scorso, cadde una pioggia di Tomahawk sulla testa delle strutture qaediste. Solo che del “gruppo operazioni estero” nessuno ne aveva mai sentito parlare prima, in realtà nemmeno dopo, e ora Jolani ne smentisce l’esistenza  ─ ma dagli USA continuano a dire che si tratta di propaganda “self-service”: in realtà la cellula esiste e ha intenzione di colpire l’Europa.

Molti analisti concordano nel dire che l’America abbia costruito la narrazione del gruppo Khorasan per colpire anche al Qaeda in Siria, senza il rischio di essere troppo esplicita. Azioni che si sarebbero portate dietro l’opposizione dei locali, che a tutti gli effetti vedono in al Nusra una spalla fondamentale per l’esito della guerra civile. Questo sentimento è piuttosto diffuso, e si riscontra anche all’interno dei ribelli moderati, che hanno spesso creato alleanze puntuali e momentanee con JN, contrariamente a quello che accade con l’IS, che combatte da solo ed è spietato verso tutti gli altri ─ tra l’altro, JN combatte anche l’IS, con il quale ha una storia tesa basata su scomuniche e accuse di apostasia, che rappresenta il cuore della divisione del jihad globale moderno.

«Naturalmente gli americani sostengono che ci sono degli sforzi per colpire l’America e che siamo una minaccia per l’America, ma non hanno dimostrato nulla», ha detto Jolani. Chiarire che JN non ha nessuna intenzione di colpire all’estero, sembra una specie di tentativo di accreditarsi, non solo agli occhi degli occidentali ma anche a quelli (in verità già meno scettici) dei Paesi arabi. Nell’intervista di un’ora il leader qaedista ha insistito più volte che lo sforzo del suo gruppo contro Assad è indirizzato soltanto al bene dei siriani e del mondo arabo in generale ─ e su questo chiede supporto.

Contrariamente allo Stato islamico, che ha fatto della brutalità un brand, al Nusra (e in generale al Qaeda, detto con le dovute proporzioni e senza esagerare) ha cercato di operare con un profilo più basso, ponendosi sempre al fianco dei ribelli e promuovendo la formazione di coalizioni di scopo durante la battaglia. Un tentativo di diventare “il” riferimento per i sunniti locali.  Una specie di realpolitik dimostrata già in una precedente uscita mediatici, sempre sul Al Jazeera. Ultimamente proprio la coalizione che va sotto il nome di Jaysh al Fatah, l’Esercito della Conquista, è riuscita a conquistare aree del nord siriano, nella provincia di Idlib, che non era mai uscito dall’orbita governativo.

Ma non solo per i sunniti: Jolani ha sottolineato come i cristiani e tutte le minoranze siriane, potranno sentirsi al sicuro con loro (invece con l’IS finiscono perseguitate), e pure i soldati alawiti «potranno tornare dalle loro famiglie» (gli alawiti sono la setta sciita di minoranza di potere, quella degli Assad: i soldati catturati dallo Stato islamico, solitamente, finiscono senza testa o a faccia in giù in una fossa comune). Non è chiaro, comunque, se queste affermazioni sono una “sparata” propagandistica sulla linea della ricerca di credibilità, visto che anche al Nusra ha sulle spalle accuse di esecuzioni e nefandezze varie.

Altro aspetto interessante: Jolani ha negato che il suo gruppo abbia ricevuto donazioni direttamente da governi “islamisti” ─ si era molto parlato di Arabia Saudita, Qatar e altri Paesi del Golfo: sulle donazioni dalla Turchia, poi, il giornalista Seymour Hersh aveva costruito la storia che avrebbe dovuto dimostrare che l’attacco chimico di agosto 2013 ai danni del quartiere Goutha di Damasco non era stato ordinato dal regime siriano, ma era frutto di un complotto ordito dai turchi attraverso l’uso di JN come braccio per le operazioni sporche*. Nusra, secondo quanto detto dal leader, avrebbe invece ricevuto aiuti finanziari da singoli donatori privati.

*La storia è stata dimostrata priva di consistenti fondamenti in ogni angolo del mondo, soltanto i lettori di Repubblica, che ha ripreso e tradotto per intero il pezzo di Hersh appoggiandolo anche ad un editoriale di Barbara Spinelli, ancora devono ricevere la smentita ufficiale.

@danemblog

(Foto: Twitter @danieleraineri. Le frecce indicano le componenti della cintura esplosiva)

 

 

 

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