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La Buona scuola chiede unità

Si è conclusa con un caldo invito all’ottimismo e soprattutto all’unità “perché la scuola non ha colori né politici né ideologici e solo uniti si vince”, rivolto a tutti da suor Anna Monia Alfieri, presidente Fidae Lombardia, il Convengo sul tema “La parità scolastica in Italia. Non un sogno, ma un diritto” del 04 Giugno 2015.

(…)

Gent.mi, On.li, Signori e Signore presenti, amici tutti in questa gremita sala di Expo-training,
Vi ringrazio per la Vostra presenza. Ho fortemente voluto la presenza congiunta delle 12 Associazioni Lombarde dei genitori (Age, Agesc, Faes), dei docenti (Aimc, Diesse Lombardia, Uciim), dei gestori (Aninsei, Cdo Opere educative, Comitato Politico Scolastico, Fidae, Filins, Fism) in questi tre giorni di Expo-Training, perché La Buona Scuola domanda unità.

Ho ascoltato gli interventi degli illustri On.li Centemero (FI), Gigli (Popolari per l’Italia), Rubinato (PD), Morgano (Europarlamentare), dott.ssa Campanelli (USRL) e dell’ass. Aprea (RL) e all’unisono tutti sono stati concordi su quanto segue.

La Buona Scuola non ha colore politico. Come non concordare con un principio dallo spessore costituzionale? Si recuperi il valore profondo della politica, rappresentata da chi si propone ai cittadini per servirli e non per servirsene. Si recuperi la politica che sceglie il confronto costruttivo all’opposizione sterile, spesso priva di buone idee alternative, perché troppo preoccupata di pagare l’obolo al partito. Chi ha detto che la politica sia solo quella delle baruffe, della conta dei voti, dei compromessi poco chiari, degli accordi ingannevoli? La politica è quella che sa intercettare la realtà e a cui è chiesto di saper riconoscere i diritti fondanti lo Stato di diritto, e che si adopera per garantirli. Vista la ricchezza e varietà dei contenuti, dei temi trasversali, in questo caso certamente occorre sapersi accordare. Si rispolveri la saggezza dei nostri Costituenti che sul tema scuola si ritrovavano nelle dichiarazioni del comunista Gramsci: “Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera. Della scuola lasciata all’iniziativa privata dei comuni. La libertà della scuola è indipendente dal controllo dello Stato”; aggiungo io: dei preti, delle suore ma anche dei sindacati.  Oppure si dichiari che la libertà di scelta dell’individuo fa così paura che va boicottata…
La pagina più intelligente della politica italiana di questi tempi è la lettera dei parlamentari delle forze politiche di sinistra e di destra che all’unisono si sono ritrovati su temi quali la libertà di scelta educativa in un pluralismo educativo. Una pagina italiana che per il tratto di una lettera ha riportato l’Italia in Europa, li dove si colloca fanalino di coda. Qualche numero.

Le scuole gestite da Enti privati ricevono finanziamenti pubblici da governo, enti dipartimentali, locali, regionali, statali e nazionali, che coprono più dell’80% dei costi annuali in Belgio, Finlandia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Repubblica Slovacca, Slovenia, Svezia, Ungheria. Particolarmente in Finlandia, Paesi Bassi e Svezia il finanziamento è pressoché totale. Copre più del 60% dei costi in Danimarca, Estonia, Repubblica Ceca, Spagna; più del 40% in Polonia, Portogallo, Svizzera. È invece inferiore al 40% in Italia, al 20% in Grecia.

Un pluralismo che, proprio perché consente la libertà di scelta educativa, conta i rendimenti scolastici più eccellenti. La Scuola è buona se c’è libertà di scelta educativa e difatti i dati Ocse parlano chiaro.
Di contro l’Italia si colloca agli ultimi posti Ocse:  scarsa competenza in lettura (15 anni): % di 15enni che hanno livello 1 (o meno) nella scala di lettura (PISA 2009) con una posizione IT in  UE 16/28; scarsa competenza in matematica (15 anni): % di 15enni che hanno livello 1 (o meno) nella scala di lettura (PISA 2009) con una posizione IT in UE 21/28; scarsa competenza in scienze (15 anni): % di 15enni che hanno livello 1 (o meno) nella scala di lettura (PISA 2009) con una posizione IT in UE 22/28; abbandoni precoci: % di 18-24enni con solo licenza di I grado (o meno) e che non frequentano percorsi di istruzione/formazione (Eurostat 2012) con una posizione IT in  UE 24/28; livello alto di istruzione della popolazione: % di laureati nella fascia di attività lavorativa (30-34 anni), 2012 con una posizione IT in UE 27/28; insegnanti scuole secondarie sotto i 39 anni: % (Eurostat, 2009) con una posizione IT in UE 27/28; employability: % di diplomati che lavorano nel loro campo di studio (20-34, 2012) con una posizione IT in  UE 26/28; employability: % di laureati che lavorano nel loro campo di studio (20-34, 2012) con una posizione IT in UE 26/28; tasso di occupazione giovanile – tutti i livelli istruzione (20-34, 2012) con una posizione IT in UE 26/28; mesi per trovare lavoro con diploma secondaria superiore (2009, ex. Germania) con una posizione IT in  UE 23/28; mesi per trovare lavoro con laurea (2009, ex-Germania) con una posizione IT in  UE 24/28.

E’ evidente che solo il pluralismo educativo innesca le leve della buona concorrenza – sotto lo sguardo garante dello Stato, che passa da gestore a controllore – e favorisce una buona scuola pubblica paritaria e statale. La buona scuola la fanno i docenti per gli allievi, affinchè le famiglie possano esercitare la loro  responsabilità educativa attraverso la libertà di scelta educativa. Qui si inseriscono a pieno titolo la valutazione delle scuole, la meritocrazia per i docenti, la leadership del dirigente scolastico, la trasparenza, la pubblicizzazione dei bilanci. Altrimenti è tutta una farsa: non c’è buona scuola, bensì scuola unica di regime. Ma questa è tutta un’altra storia: l’Italia è una Repubblica, non una dittatura. Oppure no?

Occorre muoversi; ecco perché ho guardato e guardo al ddl scuola – nonostante i limiti – con ottimismo, perché sa rompere dei tabù quali il precariato a vita, del tutto anticostituzionale, quello dell’efficacia ed efficienza dei servizi anche in rapporto ai costi; quello della flessibilità dei ruoli in relazione alle esigenze delle nuove tecnologie; dell’edilizia e delle strutture; quello del potenziamento delle competenze scientifiche e linguistiche degli studenti; dell’apertura della comunità scolastica al territorio e, per gli alunni, degli stage in azienda; c’è il tema della detrazione per le rette versate dal milione abbondante di famiglie italiane che scelgono la scuola pubblica paritaria. E c’è, in ultimo, ma non per ultimo, anche quello dell’autonomia scolastica, a oggi più sulla carta che nella realtà. Mi domando come mai quelli che gridano alla difesa della libertà di insegnamento non abbiano prima posto il problema.

Se la buona scuola è un tema trasversale a tutte le forze politiche lo è anche per tutte le forze sociali, civili e associative. Non si può sopportare oltre il peso e i ritardi di disquisizioni sterili e puerili che attraversano le aule parlamentari, ma anche le aule della società e, perché no, anche quelle associative. Bizzarro: proprio quelle forze che esistono per porsi al servizio del cittadino, della Res-publica, mentre sembrano condividere i principi di diritto si spaccano proprio nella loro realizzazione pratica. La garanzia dei diritti domanda libertà anzitutto dai protagonismi e dall’ansia del proprio marchio. Parlo spesso di buona scuola pubblica e penso alla scuola statale come alla scuola paritaria, e a quella cattolica come a quella laica, senza paura che nessuna di queste parti si senta sminuita o tradita. Solo chi ha un’identità chiara e definita può cercare il confronto e combattere delle battaglie insieme senza l’egoistica paura che possa essere tradita la propria identità. Se il mio abito religioso dovesse dividere, allora sarebbe meglio non averlo. Con questa frase desidero parafrasare il ritardo a cui le disquisizioni di anni ci hanno divisi e peggio ci hanno allontanati dal nostro obiettivo. Ritrovo tutta la realtà odierna nelle parole di Aldo Moro “Tutto ciò ci ha in qualche modo distratti dal nostro obiettivo, forse anche un po’ per colpa nostra; e vorrei, con tutta sincerità, domandare perdono all’Assemblea, se da parte nostra, anche per necessità polemica, è stato accentuato questo dissidio e si è trascurato un problema che dovrebbe trovarci tutti egualmente concordi, il problema della scuola senza qualificazioni, della scuola nella quale rioffriamo veramente ogni nostra speranza, perché quando siamo di fronte alla scuola, veramente si accende o si riaccende la speranza. Pensiamo in questo momento, al di là delle necessità contingenti del dibattito, alla sorte della scuola in Italia; pensiamo a quello che essa può rappresentare per la ricostruzione spirituale del nostro paese, ai mezzi più opportuni, nella maggior concordia possibile degli spiriti, perché la scuola sia quella che deve essere, quella che vogliamo, con ferma volontà, che sia”. (Aldo Moro nella seduta pomeridiana del 22 aprile 1947)

D’altronde, se siamo qui a 60 anni dalla Costituzione Italiana, che domanda libertà di scelta educativa in un pluralismo educativo, e siamo considerati la più grave eccezione in Europa, vuol dire che a destra e a sinistra, come qualsiasi marchio, hanno ben pochi meriti da spartirsi o responsabilità da scaricarsi, perché c’è poco da alleggerirsi: piuttosto è arrivato il tempo (non è più una variabile indipendente questa) di essere cittadini responsabili che sanno “richiamare all’ordine” la politica responsabile. Non può esserci una politica responsabile senza cittadini responsabili.

Dalla Regione Lombardia le 12 associazioni lanciano la sfida a livello nazionale.
Si proceda celermente senza falsi litigi che non assolvono nessuno ma condannano i cittadini…

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