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Perché è ipocrita il teatrino per le spiate Nsa su Hollande. Parla il generale Jean

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Secondo nuovi documenti diffusi da Wikileaks, Jacques Chirac, Nicolas Sarkozy e François Hollande sarebbero stati spiati, in passato, dalla National security agency americana. Ma la Francia ha davvero ragione a dirsi scandalizzata per queste rivelazioni? A credere di no è il generale Carlo Jean, professore di Studi strategici alla Luiss e alla Link Campus University di Roma.

In una conversazione con Formiche.net, l’esperto di geopolitica spiega perché, a suo parere, le responsabilità di quanto accaduto, laddove esistano, non vadano ricercate solo dalle parti di Washington, ma nel fatto che il mondo sia piuttosto il teatro di un grande spy game in cui tutti tendono in egual modo a spiare ed essere spiati.

Generale, Wikileaks rivela nuove spiate tra governi, questa volta a danno di quello francese. Ma non è la prima volta che accade.

E non sarà l’ultima. A quanto pare la Casa Bianca ha lasciato intendere che ora e in futuro non accadrà. Ma c’è un dato di fatto. Si spiano anche gli amici, non solo i nemici, perché la logica della cooperazione è uguale a quella della competizione. Fra l’altro gli stessi francesi si vantano di aver saputo in anticipo, proprio grazie a un infiltrato, della fine della convertibilità del dollaro in oro negli anni ’70. Un’informazione che gli consentì di guadagnare altissime somme di denaro.

Allora perché tanto clamore?

In parte perché stampa e tv eccitano le masse, perché così facendo guadagnano audience, che è poi il modo con cui guadagnano. E di conseguenza i governi ritengono di dover dare una risposta.

Crede che in questo caso ci saranno reazioni diplomatiche? E se sì con quali conseguenze?

Non accadrà assolutamente nulla, come sempre. Spiarsi è la regola, non l’eccezione. Ne sono tutti consapevoli e nessuno, fra l’altro, vuole rinunciarci. Ci sarà la solita recita in cui François Hollande si dichiarerà indignato e Barack Obama, forse chiederà scusa. D’altronde farlo non costa nulla. Accade regolarmente anche tra Paesi dell’Unione europea. Certo, non bisognerebbe farsi beccare.

Ma perché ci si spia anche fra alleati?

Per una moltitudine di ragioni. Per esempio può essere di grande vantaggio, in un incontro internazionale, sapere in anticipo qual è la reale strategia di un nemico o di un alleato, tanto più se ci sono interessi contrapposti.

Se accadeva anche prima, come mai se ne sapeva e se ne parlava così poco?

Si tratta di una combinazione di fattori. In primo luogo si è generalizzato l’uso dei sistemi informatici, che rende molto più semplice la fuga e la copia dei documenti, mentre prima si tenevano in cassaforte. E poi c’è il ruolo dei media, molto più pervasivi di un tempo.

Crede che, in definitiva, tutto questo clamore stia spingendo i governi a cambiare metodi e gli elettori a votare in modo più consapevole?

No. L’unico effetto sarà quello di rendere i governi sempre più attenti e, in alcuni Paesi, di stimolare reazioni anti americane che non avranno grande seguito. Perché, che piaccia o no, così spian tutti.

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