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Tutte le astuzie di Renzi sul caso De Luca

Escluso il Paradiso perché francamente eccessivo, chissà in quale cerchio o bolgia dell’Inferno o in quale cornice del Purgatorio il grande Dante metterebbe il suo concittadino Matteo Renzi. Che nella vicenda sempre più surreale di Vincenzo De Luca si è smarrito nelle sue stesse astuzie, perdendone il conto.

Già attratto dalla meritata fama di “sceriffo” dell’allora sindaco di Salerno, Matteo Renzi ne apprezzò moltissimo l’aiuto ricevuto nelle primarie che lo portarono verso la fine del 2013 alla segreteria del partito, e da lì in poche settimane alla guida del governo.

Allorchè De Luca manifestò il proposito di candidarsi a governatore della Campania, Renzi non ebbe né come segretario del partito né come presidente del Consiglio il coraggio di contrastarlo per via della condanna rimediata in primo grado per abuso d’ufficio, peraltro senza danno patrimoniale. Come dirgli no, d’altronde, con la sua esperienza personale di sindaco di Firenze e con la certificazione dell’abuso d’ufficio come reato minore, quasi “una multa per un camionista”, rilasciata anche da un altro incallito amministratore locale come Pier Luigi Bersani, che pure De Luca aveva abbandonato passando dalla parte di Renzi?

Sì, va bene, c’era e c’è quella diavoleria della legge Severino, che impone la sospensione del sindaco o governatore per una condanna né grave né definitiva, ma Renzi pensò che avrebbero potuto provvedere i campani a toglierlo dall’imbarazzo negando a De Luca la vittoria nelle primarie. Ma militanti, elettori e simpatizzanti del partito, anziché togliere a Renzi le castagne dal fuoco, gliene misero altre consacrando la corsa di “don Vincenzo”.

Il povero presidente del Consiglio a questo punto che fa? Con la solita astuzia sta al gioco, sostiene il candidato scomodo ma apprezza, se non elogia, per motivi dichiaratamente “istituzionali” il governatore uscente del centrodestra Stefano Caldoro, di provenienza socialista. E così si diffonde, a torto o a ragione, l’impressione che il furbissimo Renzi speri in cuor suo che De Luca venga battuto, magari onorevolmente, per un pugno di voti, risparmiandogli il dovere imbarazzante di sospenderlo.

Ma neanche questa volta la ciambella viene col buco. De Luca vince e obbliga Renzi a cercare una soluzione di compromesso: sospendere il governatore, ma in tempi tali da permettergli la nomina della nuova giunta e, soprattutto, di un vice di fiducia, adatto a tenergli calda la sedia per i diciotto mesi della sospensione, nella speranza che la condanna in primo grado per abuso d’ufficio venga rovesciata in appello. Diciotto mesi, poi, per modo di dire, perché la sospensione potrebbe essere a sua volta sospesa con il ricorso dell’interessato, originariamente previsto presso il tribunale regionale amministrativo e poi dirottato dalla Cassazione verso la magistratura ordinaria.

Per non incorrere, a sua volta, nella minacciata denuncia, da parte delle opposizioni, per abuso d’ufficio in caso di sospensione ritardata del governatore, Renzi su consiglio del presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone chiede lumi all’Avvocatura Generale dello Stato. Che, guarda caso, glieli dà nel senso voluto o comunque utile alla causa, esprimendosi a favore del diritto di De Luca di nominare ugualmente vice e assessori. Renzi provvede così al decreto immediato di sospensione reclamato dalle opposizioni, ma trasmette a De Luca anche il parere dell’Avvocatura generale dello Stato consigliandogli praticamente di attenervisi.

De Luca però, ancora più furbo, non si fida dell’Avvocatura Generale dello Stato, i cui pareri non gli garantirebbero niente in un contenzioso. Egli fa perciò rinviare l’insediamento già programmato del Consiglio Regionale e ricorre contro il decreto di sospensione, secondo le nuove procedure fissate dalla Cassazione, davanti al tribunale ordinario. Che nel frattempo, sorprendendo tutti, ha dimostrato di essere ancora più rapido e sensibile del tribunale amministrativo accogliendo un analogo ricorso presentato dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris, anche lui sospeso per una condanna di primo grado per abuso d’ufficio.

In apparenza il ricorso di De Luca è contro l’amico Renzi, nei cui riguardi si diffondono voci di freddezza e d’incomprensione. Ma è solo apparenza, appunto. In realtà, al presidente del Consiglio non dispiace affatto che De Luca abbia trovato per conto suo il modo di guadagnare, fra ricorso e rinvio dell’insediamento del Consiglio Regionale, la strada per essere prevedibilmente rimesso in sella dalla magistratura ordinaria, in tempi tali da potere regolarmente affrontare da governatore le procedure dell’insediamento dell’assemblea regionale e della nomina della nuova giunta.

Seguirà, probabilmente in autunno, il ghigliottinamento della pasticciata legge Severino, ma da parte della Corte Costituzionale, alla faccia del primato della politica reclamato dal presidente del Consiglio.

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