Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Tutte le grane di Uber in Francia, Italia, Ungheria e Usa

Ancora grane per Uber, l’app di San Francisco che ha tra le sue varianti il contestato Uber Pop, un servizio di tipo taxi, ma senza licenza, in cui è possibile ottenere passaggi da privato a privato.

GLI ARRESTI IN FRANCIA

Proprio ieri, due top manager dell’azienda in Francia sono stati arrestati nell’ambito dell’inchiesta sulla app. Nel 2014, all’ombra della Tour Eiffel fu aperta un’indagine sul servizio, utilizzato per mettere in contatto i clienti con autisti privati e con tariffe molto più economiche che non devono sottostare alle stesse norme dei tassisti.

LE PROTESTE A PARIGI

Ma la app ha ugualmente scatenato violente agitazioni nel Paese da parte dei conducenti di taxi muniti di regolare licenza. La scintilla s’è accesa la settimana scorsa, quanto i tassisti hanno bloccato il traffico e dato alle fiamme copertoni nella capitale francese, lungo le strade che collegano gli aeroporti Charles de Gaulle e Orly. A scatenare la sollevazione è stato il fatto che il tribunale di commercio ha respinto il reclamo delle associazioni che ne chiedevano il divieto, mentre la decisione sul futuro del servizio da parte della Corte Costituzionale francese è stata rimandata a settembre e Uber continua ad operare a Parigi, Nizza, Lione, Bordeaux e Lille.

IL CAOS ITALIANO

Non va meglio nella Penisola dove il 26 maggio scorso il Tribunale di Milano con un provvedimento cautelare ha disposto, su tutto il territorio nazionale con inibizione dalla prestazione del servizio, il blocco di Uber Pop. Così facendo, è stato accolto il ricorso presentato dalle associazioni di categoria dei tassisti per “concorrenza sleale”. La multinazionale americana, che ha comunque presentato ricorso e il 2 luglio si terrà l’appello sulla sentenza.

LE DISPOSIZIONI UNGHERESI

Novità anche dall’Ungheria, dove solo i tassisti muniti di regolare licenza potranno fornire un servizio ai clienti richiesto attraverso i telefoni cellulari. Per il governo di Budapest è stato un modo per regolare la controversa questione, dopo le proteste dei tassisti. Il decreto – che entrerà in vigore nel 2018 – di fatto non mette al bando il servizio. Ne regolamenta l’uso e di fatto ne limita le forniture ai tassisti, snaturandone per certi versi il senso e annullandone la portata innovativa.

I PROBLEMI NEGLI USA

Ma per l’app qualche rogna giunge anche dal suo Paese natale, gli Stati Uniti d’America, dove la multinazionale gioca forse la partita più importante. Oltre Atlantico, infatti, i problemi non riguardano Uber Pop, ma il servizio basic, quello che consente il noleggio con conducente.
I problemi, in questo caso, arrivano addirittura dalla California, lo Stato in cui la startup è nata e ha sede. Qui, dopo la richiesta di risarcimento da parte di un ex autista, Barbara Ann Berwick, l’autorità che regola il lavoro – racconta il Wall Street Journal – ha infatti stabilito che gli autisti di Uber devono essere classificati come dipendenti e non come liberi professionisti.

LA DIFESA DI UBER

Uber da sempre si definisce un gruppo di logistica, una app che gli autisti e i passeggeri usano per facilitare le loro transazioni e non come un colosso dei trasporti con decine di migliaia di dipendenti. Proprio su questo punto la startup sostiene che non ha alcun controllo sulle persone che lavorano per lei, non c’è un orario minimo o un minimo di viaggi al giorno. Ma la posizione è stata smentita dalla commissione del lavoro della California. Uber, dicono le autorità, si comporta come fosse un normale datore di lavoro: fornisce telefoni agli autisti e prevede che siano licenziati se non lavorano per 180 giorni di fila. Uber ha già presentato ricorso contro un aspetto, che se applicato, rischia di costare moltissimo ai conti dell’azienda, oltre che cambiare anche in questo caso la natura del servizio. Da San Francisco però minimizzano: un portavoce del gruppo – valutato 50 miliardi di dollari – ha detto che la decisione delle autorità californiane vale solo per questo caso specifico. Nel 2012, ha ricordato, la stessa commissione aveva stabilito che un autista era un lavoratore indipendente e non un impiegato.

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter