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Perché è necessario il partito della Destra

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Il tempo dell’elaborazione del lutto è finito. I miasmi che hanno accompagnato la diaspora sono archiviati. Resta un dolore interiorizzato e metabolizzato, non per come è finita la Destra italiana, ma per quello che avrebbe potuto fare e non ha fatto negli ultimi vent’anni.

Sarebbe comunque sciocco ed irresponsabile gettarsi tutto alle spalle. Resta un’esperienza nata nel migliore dei modi ed appassita lungo la strada della condivisione del potere (o, per meglio dire, della “governabilità”) senza aver inciso come ci si augurava dopo il “passaggio” di Fiuggi.

I rimpianti, tuttavia, non possono cancellare una storia molto più complessa di quanto appare che non si esaurisce nel recinto del berlusconismo, dove la Destra avrebbe potuto dare un contributo certamente più efficace rispetto al piccolo cabotaggio a cui si è adattata. Nessuno è immune da critiche, neppure coloro che hanno avuto minori responsabilità o che hanno denunciato le deficienze di una politica deludente dovuta all’abbandono sostanziale di una cultura di riferimento.

Di tutto questo si è discusso in vario modo negli ultimi due anni. E non certo per invocare facili assoluzioni. Tuttavia non si può continuare all’infinito con l’autoflagellazione o risolvere tutto ritirandosi in eremi sperduti. Se si ha qualcosa da dire la si dica, insomma. E si trovino le connessioni nell’ambito di quella che tante volte ho definito la “destra diffusa e plurale” per attivare un soggetto unitario tenendo conto degli errori del passato, ma anche di una visione politico-culturale che non è invecchiata dal tempo in cui s’immaginava che la Destra dovesse cooperare al fine di costruire una democrazia decidente e partecipativa.

Adesso che le nubi s’infittiscono sui destini dell’Europa e dell’Occidente e perfino ai meno avveduti risulta chiaro che le diagnosi formulate a Destra, discendenti da quel pensiero dal quale trae legittimazione, sono sotto ogni profilo assolutamente inappuntabili, sarebbe irresponsabile che quanti da questa parte sono collocati si ritirassero sotto la tenda agevolando il dilagare del pensiero unico e con esso l’egemonia dei “demoni del bene” che sembrano essersi impossessati della vita pubblica non meno che di quella degli individui.

(CHI C’ERA AL CONVEGNO ORGANIZZATO DA FORUMDESTRA. LE FOTO DI PIZZI)

Il partito della Destra al quale, prima o poi, bisognerà pervenire, come è stato ribadito nel corso del convegno organizzato a Roma da Forumdestra, dovrà tener conto della crisi della modernità in tutte le sue sfaccettature e dell’ansia di rinnovamento e di ricostruzione morale e culturale che non solo in Italia, a dire la verità, è particolarmente sentita a fronte della decadenza di un principio identitario sul quale rimettere insieme le membra disperse di una nazione e di un continente prede di convulsioni che incoraggiano attacchi inesorabili di ogni genere, da quelli economici e culturali a quelli militari con gli islamisti radicali che non hanno rinunciato dopo le disfatte degli ultimi cinque secoli a riprendersi ciò che ritengono incedibile, anche a costo di scatenare, come sta avvenendo, una vera e propria guerra civile nel mondo musulmano.

Se l’antico ed il nuovo troveranno il modo di convivere all’interno di un movimento politico rigorosamente di Destra (non se ne può più degli annacquamenti sullo Stato, la nazione, il diritto naturale, i neo-totalitarismi egualitari di cui l’ideologia gender è la punta più avanzata, e via elencando) c’è la speranza che un movimento possa rinascere e sanare l’ossimoro che caratterizza la democrazia italiana, vale a dire la scomposizione del sistema politico nel quale non esiste bilanciamento tra le componenti: una – la Sinistra ed i suoi alleati – al potere, l’altra rifluita nell’irrilevanza, a meno di non voler considerare “di destra” ciò che resta di un centrismo decadente metà mosca cocchiera del Pd e l’altra metà confusa e priva di prospettive, oltre ad un leghismo che agita le acque, ma non offre un piano di rinascita complessivo.

E’ inevitabile, dunque, se la ragione opera e le idiosincrasie vengono superate, che tutti coloro che alla diaspora non si rassegnano lavorino proficuamente non per tentare l’ennesima “operazione nostalgia”, ma doverosamente s’impegnino al fine di dare alla destra un avvenire. Lo spazio c’è. Bisogna riempirlo. Non  sarà facile, ma con il concorso di tutti una qualche speranza è lecito coltivarla.

(CHI C’ERA AL CONVEGNO ORGANIZZATO DA FORUMDESTRA. LE FOTO DI PIZZI)

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