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Tsipras, il referendum e Socrate

“Il poeta conduce solennemente i suoi pensieri sul cocchio del ritmo: di solito perché non sanno andare a piedi” (Friedrich Nietzsche, “Umano, troppo umano”, Adelphi, 1977). Se si elimina l’avverbio “solennemente”, l’aforisma del filosofo tedesco calza a pennello anche per i discorsi dei principali leader politici italiani: Matteo Renzi, Beppe Grillo e Matteo Salvini.

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“Sopportare ogni nuda verità/ Guardar gli eventi in faccia e restare calmi/ Questa è veramente sovranità” (John Keats, “Poesie”, Mondadori, 2004). I versi del grande poeta inglese sono magnifici, e forse gli elettori ellenici dovrebbero conoscerli prima di recarsi alle urne domenica prossima.

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Forse dalla crisi greca se ne potrebbe uscire con un gentlemen agreement: Tsipras smette di dire falsità sul conto della Merkel, e la Merkel smette di dire verità sul conto di Tsipras.

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Socrate credeva che insegnando agli ateniesi come pensare, senza l’ambizione di insegnar loro cosa pensare, avrebbe migliorato i suoi concittadini. A questa pretesa la città rispose che egli corrompeva la sua gioventù, minando alla base le idee tradizionali su cui si basava la vita della polis. In realtà, come ha osservato Hannah Arendt (“Alcune questioni di filosofia morale”, Einaudi, 2006), il filosofo per antonomasia intendeva sradicare antiche certezze, e l’effetto era anche quello di porre in discussione un’incondizionata obbedienza agli dei e all’etica del tempo. Duemilacinquecento anni dopo, alla vigilia del referendum i suoi posteri odierni dovrebbero invocarlo come era solito fare Erasmo da Rotterdam: Sancte Socrates, ora pro nobis.

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