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Usa 2016, che cosa pensano i candidati dell’abbraccio di Obama a Cuba

Nello scontro sempre più acceso per la Casa Bianca, la normalizzazione dei rapporti con Cuba è un tema di interesse e di polemica.
Mercoledì scorso il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha annunciato il ripristino delle relazioni diplomatiche con l’Avana.

I PASSI VERSO IL DISGELO

Dopo un lungo processo preventivo e sotterraneo realizzato attraverso anche un lavoro di mediazione della Santa Sede iniziato almeno dal 2010, il primo passo sarà, dal 20 luglio, la riapertura delle rispettive ambasciate. Successivamente, il capo di Stato americano chiederà al Congresso statunitense di rimuovere l’embargo contro l’isola.

LO SPRINT DI OBAMA

L’obiettivo è per Obama “lasciarsi alle spalle il passato, di cui non bisogna essere prigionieri”. Si può, e si deve, cambiare, ha detto, “quando una politica attuata per decenni non funziona”. Un approccio iper realista, che secondo la Cnn conferma un modo di operare che ritiene più conveniente “parlare direttamente col nemico” anziché combatterlo, se ciò è possibile.

L’AFFONDO DI BUSH

Quello del capo di Stato Usa è un pensiero molto diverso, anzi, per certi versi opposto a quello auspicato dal candidato più forte alla nomination repubblicana, Jeb Bush. Per il figlio e fratello rispettivamente del 41° e 43° presidente Usa, ed ex governatore della Florida – dove vivono molti degli esiliati cubani -, la strategia dell’inquilino della White House sta “legittimando ulteriormente il regime brutale dei Castro”.
Non solo. Il vero modo per valutare un riavvicinamento dell’amministrazione democratica a Cuba, ha spiegato l’esponente del Gop, non è se l’eredità del presidente Obama brilli “di successi diplomatici”, ma piuttosto “se il miglioramento delle relazioni tra L’Avana e Washington faccia “progredire la causa dei diritti umani e della libertà per il popolo cubano”. “La detenzione continua di dissidenti e i continui abusi suggeriscono”, secondo Bush, che “la politica dell’amministrazione sta fallendo questo test”.

L’OPPOSIZIONE DI RUBIO

Sempre in campo repubblicano, Marco Rubio, anch’egli candidato per rappresentare il Gop nella corsa alla presidenza, si è detto contrario a questa nuova fase di riavvicinamento, rimarcando che si opporrà in Senato, quando Obama confermerà un ambasciatore. Sulla stampa americana circola il nome del cubano-americano Carlos Gutierrez, ex segretario al Commercio di George W. Bush, vicino a Jeb e mentore di Rubio. Una mossa studiata a tavolino da Obama, che cerca così di acquisire il via libera dalla maggioranza repubblicana della commissione Esteri. Tuttavia potrebbe non essere sufficiente.
Il senatore della Florida, nato a Miami da genitori cubani, preme perché si ponga “un termine alla concessioni unilaterali di questo regime odioso”. Una posizione che lo avvicina più agli immigrati politici dell’inizio della Rivoluzione, che si oppongono a qualunque accordo con il regime dell’Avana, mentre gli immigrati più giovani sognano che si possa giungere a un intesa che normalizzi le relazioni con la madrepatria.

L’IMBARAZZO DELLA CLINTON

Scenario diverso per Hillary Rodham Clinton. La moglie di Bill, favorita per la conquista della nomination democratica sostiene appieno la linea di Obama, e ha voluto ribadirlo twittando che quella dei giorni scorsi è “Una buona tappa per il popolo americano e cubano”. “Una nuova ambasciata degli Stati Unti all’Avana ci aiuterà a sviluppare il dialogo con il popolo cubano e proseguire gli sforzi in favore di un cambiamento positivo”, ha aggiunto ancora.

Sulla sua testa, però, si addensano nubi. Quando era ancora segretario di Stato, la Clinton ebbe uno scambio d’email con Richard Verma, funzionario del Dipartimento di Stato, con il quale ironizzava sullo stallo della nomina di Thomas Shannon ad ambasciatore in Brasile. A bloccarla erano proprio i repubblicani, scontenti della politica estera dell’amministrazione Usa, e tra loro c’era l’allora senatore della Florida George LeMieux. Scrivendo a Verma, Hillary gli chiese se la sua prossima mossa sarebbe stata quella di dare denaro agli immigrati di Little Havana, per far cambiare loro opinione e sbloccare la nomina di Shannon. Nessun commento è giunto dall’ufficio stampa della Clinton, ma questo scherzo, prevedono i media Usa, attirerà le critiche feroci dei repubblicani e le costerà probabilmente caro nella ricerca di consenso tra i votanti di origine cubana.

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