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Grexit, tutti i nefasti effetti sui bond (non solo italiani). Report Msci

Alexis Tsipras, Grecia, debito

Drammatico, ma non devastante. Così risulterebbe l’esito di una Grexit per l’Eurozona. secondo lo stress test effettuato dagli analisti Carlo Acerbi, Zsolt Simon, Vivek Sridhar, Thomas Verbraken con la metodologia di Msci. Vediamo perché.

EFFETTO GREXIT

“Nello scenario ipotizzato – scrivono gli analisti in un report di fine giugno – la Grecia adotterebbe una nuova valuta che subirebbe immediatamente una severa svalutazione. I potenziali effetti di questo fatto sono diversi”. Il primo è la pressione sui debitori, pubblici e privati, “che si troverebbero a dover ripagare un debito in euro con la loro nuova moneta, con la conseguenza di un default virale per tutti i bond in circolazione”. In secondo luogo, un crollo del mercato azionario, un perdita fortissima per gli investitori esteri “per effetto combinato del calo dei prezzi e della svalutazione monetaria”.

IMPATTO LIMITATO OLTRE ATENE

Sull’economia europea e globale invece l’impatto sarebbe limitato per via del peso relativo dell’economia ellenica. “Tuttavia i mercati finanziari globali sperimenteranno una forte turbolenza. Le azioni di società finanziarie esposte alla Grecia soffriranno così i mercati azionari per effetto della fuga verso la qualità degli investitori”. Infine, nel mercato obbligazionario europeo, i rendimenti dei periferici, “Italia, Spagna, Portogallo aumenterebbero sui timori di contagio. I rendimenti dei bund e di altri Paesi core crollerebbero, sempre per effetto della ricerca di porti sicuri da parte degli investitori. Infine, l’euro si deprezzerebbe a causa della fuga dei fondi fuori dall’Europa”.

SCENARI: ASE A -80% E BOND ELLENICI IN DEFAULT

Gli analisti di Msci vanno anche nel dettaglio sui numeri. Per Atene la tesi è di un default per tutto il sistema dei bond e di un crollo dell’80% sui titoli azionari.
Per il resto del mondo, è stata usato un metodo predittivo che fissa lo spreca del decennale italiano e portoghese a 200 punti base e quello del Bund a -46, con un crollo dell’Eurostoxx bancario del 25%. Le assunzioni di fondo sono state tratte considerando una finestra di osservazione nel periodo tra il primo dicembre 2011 e la fine di maggio 2012, al picco della precedente crisi dei debito sovrani, con “i rendimenti che avevano raggiunto il record a fine maggio, appena prima del piano greco di ristrutturazione del debito”. Il rendimento dei periferici è rappresentato dai quinquennale italiano che ha una correlazione elevatissima con gli altri periferici, “in particolare con la Spagna”, mentre per la parte dell’Europa core, il modello è il quinquennale tedesco. Il contagio sarebbe meno grave che nel 2012 perché “Portogallo, Spagna, Italia e Irlanda hanno compiuto passi significatici negli ultimi tre anni per rendere le economie più stabili e minimizzare gli impatti di future crisi. Il beta greco (che misura la sensibilità del mercato alla volatilità) nel 2015 è più basso che mai”. Anche per le banche, il cui rendimento è stato ipotizzato sulla base dell’andamento dell’EuroStoxx bancario, la situazione è molto migliorata rispetto al 2012: bilanci più solidi, minore esposizione ai titoli ellenici.

ITALIA: -18% IN BORSA E -11% PER I BTP

Applicando queste ipotesi all’indice azionario Msci e a un portafoglio di bond governativi con scadenza decennale, i risultati sono davvero negativi. Con un crollo dell’80% nel mercato greco “il portafoglio azionario ha un ritorno negativo per tutti i Paesi, con una severità maggiore in base alla prossimità alla Grecia geografica (per esempio per la Spagna) o finanziaria (l’Austria, che ha banche come maggiori società). Per i bond invece la situazione è diversa: i periferici subiscono severi cali, mentre i core, come Germania e Olanda, guadagnano valore così come titoli di Paesi extra Ue, come Usa e Regno Unito”. L’Italia, il cui titoli di Stato hanno beta superiore, soffre più del Portogallo. Il nostro Paese subirebbe un crollo del 18% sulla Borsa e dell’11,5% sui mercati obbligazionari, contro il 14% e il 7,4% della Spagna. Forse i prossimi non saremo noi, ma bisogna stare attenti.

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