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Famiglia naturale, Manif pour Tous punta a cambiare la Costituzione in maniera svizzera

Mentre il governo Renzi rinvia in autunno l’approvazione del ddl Cirinnà sulle unioni civili tra omosessuali, qualcuno in Svizzera (in particolare, il Partito popolare democratico) chiede e ottiene l’indizione di un referendum in difesa della famiglia naturale. Ne ha parlato su queste colonne l’ex europarlamentare popolare, Luca Volonté, sottolineando come in Italia tale notizia sia stata pressoché ignorata dai media. Eppure la decisione dell’Assemblea confederale svizzera di chiamare i suoi cittadini alle urne per esprimersi sul tema “Per Matrimonio e famiglia – No agli svantaggi per le coppie sposate” ha una rilevanza che travalica gli stessi confini elvetici.

PERCHE’ IL REFERENDUM E’ IMPORTANTE

Per Filippo Savarese, portavoce della Manif pour Tous Italia, questa iniziativa ha un merito, quello di “muoversi in anticipo con uno strumento potente come un referendum” in un mondo in cui “ci sono lobby internazionali che lavorano giorno e notte pianificando lo sfascio della famiglia naturale e del sistema che la riconosce negli ordinamenti statali, cioè il matrimonio”. “Il referendum – continua il referente dell’associazione pro-family in questa conversazione con Formiche.net – è importante perché, anche se perdi, hai mobilitato tantissime persone per uno scopo e hai costretto l’intera nazione a parlarne”.

LA VIA ITALIANA: CAMBIARE LA COSTITUZIONE

Tuttavia in Italia le condizioni sono differenti. Qui, ragiona Savarese, “la nostra Corte costituzionale ha affermato nel 2010 e nel 2014 che la Costituzione, anche se non lo esplicita letteralmente, si riferisce al matrimonio esclusivamente in quanto unione tra un uomo e una donna”. Tuttavia, dato “il periodo storico di rara incertezza giuridica e di alto tasso ideologico”, secondo il portavoce di Manif pour Tous Italia sarebbe “opportuno modificare la Costituzione per rendere ancora più chiara la centralità della famiglia naturale, aggiungendo le parole ‘tra un uomo e una donna’ all’art.29 che parla del matrimonio”.

UNA FORTE PRESENZA IN PARLAMENTO

Non bastasse, si deve pure “modificare la Costituzione per salvaguardare in modo limpido il diritto dei bambini di crescere con la loro mamma e il loro papà”. Tuttavia, “questo può essere fatto solo con una forte presenza politica pro-family in Parlamento, anche se si trattasse di una legge di iniziativa popolare”. Questo è dunque il fronte decisivo secondo Savarese: “Portare in Parlamento la rappresentanza del popolo del 20 giugno. Non parlo in termini di partito, ma di politica”. In Italia, aggiunge, “sarebbe già oro colato che certe decisioni continuasse a prenderle il Parlamento anziché i Tribunali secondo i convincimenti ideologici personali dei giudici che li compongono. E’ vero che il referendum ha pro e contro, e io continuo a vederlo soprattutto come occasione più unica che rara di dibattito e informazione, al di là dei risultati”. Per questo per il portavoce della Manif “la vera sfida è quella permanente: potenziare l’informazione su questi temi, ristrutturare l’attività associativa di base e in questo modo favorire una maggiore rappresentanza pro-family in Parlamento”.

PRONTI AL REFERENDUM CONTRO IL DDL CIRINNA’

Nel caso poi che il governo Renzi trovi i voti necessari in Parlamento (soprattutto al Senato) per approvare il ddl Cirinnà sulle unioni civili, “non c’è alcun dubbio che andremmo al referendum, per abrogare una legge che priva i bambini del diritto inalienabile di crescere con mamma e papà, non con genitore 1 e genitore 2”. La manifestazione del 20 giugni a Roma è stato solo l’antipasto, almeno nelle intenzioni dei promotori: “Abbiamo assestato un colpo durissimo all’iter delle unioni civili – conclude Savarese – costringendo un esponente della maggioranza, il sottosegretario Scalfarotto, a fare lo ‘sciopero del cappuccino’ contro il suo stesso Governo. Sul ddl Cirinnà c’è un cortocircuito politico evidente, perché è una legge malsana che rottama il matrimonio aprendo all’utero in affitto, e anche nel Pd c’è chi non ci sta. Renzi ha rimandato il problema a ottobre (per ora), e tutto può accadere per quella data, compresa una nuova manifestazione”.

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