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Il caso Azzolini e il PD. Due considerazioni critiche

Oggi il Senato ha votato contro la richiesta d’arresto per Azzolini di NCD. Il PD ha votato secondo coscienza perché non c’era una linea comune. Assurdo e falso. Probabilmente questa scelta è dettata solo dal bisogno di salvaguardare gli equilibri di governo. Sarebbe onesto dirlo o dircelo.

La giunta per le autorizzazioni aveva votato a favore, PD compreso, per gli arresti domiciliari per il senatore del Nuovo Centro Destra. Ora, lo dico con tanta serenità, reputo la decisione di Luigi Zanda di lasciare la scelta alla “coscienza” del singolo senatore ingiustificata. Il PD al Senato doveva votare compattamente per il sì all’arresto.

Il voto segreto ci impedisce di sapere con certezza chi ha votato cosa. Ci possiamo affidare solo alle dichiarazioni dei pochissimi che escono allo scoperto. Del PD hanno votato sicuramente contro Lucrezia Ricchiuti e Sergio Lo Giudice, i due senatori fondatori, tra gli altri, del gruppo ReteDem. Anche Laura Puppato, eletta nella mozione di Civati,  ha votato a favore dell’arresto.

Dalle colonne de L’Unità la Vice Segretari del PD, Debora Serracchiani, prende le distanze. Questa scelta peserà sul destino del PD perché sul terreno della legalità stiamo perdendo tante occasioni. E se poi consideriamo che Verdini ha creato il suo gruppetto di “responsabili” per andare in soccorso del governo all’occorrenza, ecco che il quadro prende le sue tinte cupe e tetre.

A differenza di tante compagne e tanti compagni però, non mi sento affatto stupito da questa ennesima manovra di palazzo. Bisogna semmai chiedersi cosa vuole in cambio Verdini per il suo soccorso a chiamata. Su questo auspico che il PD non ceda su nessun fronte. La responsabilità è e sarà di Matteo Renzi, capo del Governo e del Partito. Ponderi bene ogni mossa e sia consapevole che non ne uscirà candido e puro. Elettrici ed elettori poi faranno le loro valutazioni e i militanti, in vista del prossimo congresso, avranno modo di determinare con il loro voto linee alternative.

Già, le alternative. Ma ci sono?

Ad oggi si può parlare di tentativi più o meno seri. Ci sono gruppi nelle minoranze interne del PD che si stanno riorganizzando per creare proprio un’alternativa credibile al modello Renzi. Non c’è niente di scandaloso in questo, anzi è molto positivo. Il Partito si mobilità internamente: questo è l’unico modo possibile per cambiare le cose che non ci piacciono. Sì, perché è facile gridare allo scandalo e fare proclami di disgusto su casi come questo di Azzolini. E guardate, io concordo. Ma non stando nei palazzi questo è facile da fare. Accordi come quello tra Verdini e Renzi, e chissà, anche il salvataggio di Azzolini, rientrano, purtroppo, nei giochi di una politica da rivoluzionare. Ma siamo seri: abbiamo governato con Berlusconi e Verdini dal 2011 ad oggi. Quindi di cosa ci dovremmo stupire ora? Forse solo del fatto che Berlusconi ha davvero perso ogni autorità. Ne abbiamo viste di cotte e di crude. Da tempo.

Questo cosa dovrebbe significare? Che siamo complici? No, che siamo consapevoli. E quindi si dice: cosa fate? Lavoriamo duramente nei territori per cambiare le cose partendo dagli spazi che hanno o dovrebbero avere la sovranità: i circoli. Si parte dalle iscritte e dagli iscritti. Si fa politica partendo dal basso e costruendo pezzo dopo pezzo, con grande fatica e con grande sofferenza, percorsi che siano alternative per il PD. La logica può non piacere. Ed è lecito. Si può non credere ad un esito positivo. Ed anche questo è lecito. Ma ci vuole rispetto per chi ci prova e lo fa con passione e interesse affinché principi come legalità e trasparenza tornino al primo posto nelle discussioni politiche. Del partito prima di tutto, ma anche della Politica in generale.

Le cose si cambiano cambiandole, ma ci vuole tanta pazienza. Si può scegliere di gridare tutta la nostra impotenza nel recinto stretto che ci siamo costruiti. O si può lottare per creare delle distanze su temi e posizioni, proporsi come alternative capaci di creare, all’interno del partito un consenso più vasto. Affinché ciò che oggi è minoranza sia domani maggioranza.

Che dire: il PD ha perso un’altra occasione per dimostrare che “non è come gli altri”. Le accuse che già ora piovono da sinistra e dal M5S peseranno molto sulla credibilità di questo partito. Ma c’è da fare una divisione netta tra quanto accade nel palazzo e quanto accade sui territori. C’è da capire che il PD non coincide né con la sua dirigenza né con i suoi gruppi parlamentari. Il PD, per fortuna, è fatto di Circoli, persone, congressi, strutture e regole: la base è la chiave del cambiamento. Solo da lì il partito ha la possibilità e la speranza di cambiare.

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