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L’Italia vuole un’Europa alla Schäuble o alla Fischer?

All’alba del 13 luglio nulla fu più come prima, né l’Europa né la Germania. Lo scrive Joschka Fischer, ex ministro degli Esteri tedesco, ex verde, ex gauchiste, una delle menti politiche europee più brillanti e lucide. A suo avviso, quel giorno è morta la Germania europea fondata da Helmuth Kohl con l’unificazione e la confluenza del marco in una moneta unica, ed è nata o sta per nascere una Europa germanica.

In un articolo pubblicato in Italia sul Sole 24 Ore, Fischer si chiede se Angela Merkel e Wolfgang Schäuble se ne rendono conto. Probabilmente no; piuttosto hanno assecondato il senso comune, hanno pensato di accontentare una opinione pubblica sempre più convinta che la Germania e l’euro stanno meglio senza la Grecia, anzi senza i paesi che non sono in grado di far fronte ai propri debiti.

Schäuble che conosce la Ue meglio degli altri, si sta muovendo in modo molto energico. E’ convinto che la Unione monetaria può essere vantaggiosa solo se limitata al nocciolo duro di Paesi fondamentalmente omogenei o disposti a condividere, regole, valori e scelte politiche. L’ipotesi di una Kerneuropa, del resto, risale ai primi anni ’90, venne presentata proprio da Schäuble insieme a Karl Lamers, ma Kohl seguì un’altra strada. Di quel nocciolo faceva parte la Francia non l’Italia che venne tirata dentro proprio dai francesi.

Oggi, scrive Fischer, tra Germania da una parte e Italia dall’altra si è aperto un nuovo conflitto. Gli italiani spingono per un governo europeo e non sono disposti ad accettare ulteriori cessioni di sovranità se non a una istituzione legittimata dal volto popolare. I tedeschi, invece, per la prima volta in modo chiaro, non intendono compiere nessun passo avanti verso una Europa federale, vogliono invece sottrarre potere alla Commissione (oggi eletta dal Parlamento europeo) per darne di più all’Eurogruppo, composto dai ministri finanziari dei singoli Paesi, sul quale la Germania ha oggi una influenza egemone e continuerà ad averne data la sua forza economica.

E la Francia? Sovranista com’è, non ha mai amato cessioni a organismi sovranazionali (da questo punto di vista è culturalmente più vicina alla Gran Bretagna), tuttavia ha scelto da tempo l’alleanza preferenziale coni la Germania come garanzia di pace e stabilità europea. Ciò l’ha spinta a svolgere un ruolo di mediazione tra una Europa nocciolo duro alla maniera tedesca e una Europa più ampia e più inclusiva. Con François Hollande prevale la linea inclusiva che la colloca in una posizione più vicina a quella italiana. Furbescamente, dire niente devoluzioni se non a un organismo eletto dal popolo, significa rimandare tutto a un’altra fase storica; ma in ogni caso mette Parigi in rotta di collisione con Berlino.

Dunque, ha ragione Fischer, il vecchio assetto che aveva regolato l’Unione europea è crollato, ma non è affatto detto che stia nascendo un’Europa germanica; piuttosto siamo entrati nel terra di nessuno, quando il vecchio scompare e il nuovo non è ancora all’orizzonte.

Se questo è vero, l’Italia bon gré mal gré si trova in una posizione di frontiera che non aveva nel recente passato. Con il governo di Berlusconi e Bossi era attraversata da un europeismo riottoso; poi è stata massacrata dall’attacco al debito sovrano e con Monti ha dovuto ingoiare l’amara medicina; adesso con un Renzi situazionista non offre più certezze né in un senso né nell’altro.

A Bruxelles si chiedono se il governo italiano ha davvero una strategia o se le sue posizioni sono frutto del momento, del calcolo tattico, della necessità di farsi notare. Nei confronti della Grecia, Renzi ha mostrato comprensione, ma fino ad un certo punto. Prima che si arrivasse al negoziato finale ha assicurato la Merkel che avrebbe tutto un basso profilo e si sarebbe allineato. Durante le 17 ore di trattativa, ha respinto l’ipotesi della Grexit, insieme a Hollande.

Da questo comportamento si capisce che il governo italiano non vuole violare le regole, però non è disposto a seguire il governo tedesco su una strada che porterà inevitabilmente la Germania a rimettere in discussione i Trattati. La Grexit, del resto, è già una violazione: non è mai stata prevista perché l’euro è tatto considerato fin dall’inizio irreversibile. E’ un punto che non smette di ricordare Mario Draghi il quale ha continuato a operare in questo senso spingendosi a dire che in caso contrario non avrebbe senso nemmeno una banca centrale europea. Ha ragione, se l’euro tornasse ad essere un accordo di cambio più o meno rafforzato, l’Eurotower sarebbe un apparato gigantesco quanto inutile, un eurospreco di colossali proporzioni.

Paradossalmente il più forte alleato di Schäuble è Varoufakis: il suo piano B non era che la realizzazione nazionale della Grexit chiesta dalla Slovenia per conto della Germania. Mentre Tsipras si è dimostrato molto più responsabile ed europeista di quel che si era immaginato. Le trattative per il salvataggio di Atene non vanno bene, l’aventinismo del Fondo Monetario mette in difficoltà soprattutto Berlino per il quale la partecipazione del Fmi è una condizione assoluta. Ciò vuol dire che la Grexit non è ancora scongiurata.

Proprio per questo, sarebbe importante se Roma uscisse finalmente allo scoperto, presentando una proposta organica e facendola discutere in Parlamento sia nel Paese. Si sa che prevale una idea negativa della moneta unica, c’è la convinzione diffusa che l’attuale crisi sia frutto della impossibilità di plasmare l’economia italiana sul modello tedesco. E in parte ciò è vero. Ci sono riforme che l’Italia era ed è obbligata a fare se vuole uscire da questa mefitica palude, ma i tempi e i modi non possono essere dettati da Berlino.

Joschka Fischer, dunque, ha acceso un faro anche sull’Italia che sarebbe un peccato spegnere. Anzi, perché non invitare proprio lui a far parte di questo dibattito? Si potrebbe creare su iniziativa italiana una commissione di cervelloni che, proprio perché fuori da compiti di governo e da logiche di schieramento, metta meglio a fuoco i problemi e le posizioni. Dopo la commissione Delors tra il 1985 e il 1995, perché non la commissione Fischer?

Le scelte, certo, sono politiche e rispondono a interessi di fondo, ma le idee contano, eccome. In questo momento in cui tuonano i cannoni, un’arena libera e neutrale sarebbe utile.

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