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Cosa cambia davvero con la svolta verde di Obama

La Casa Bianca dichiara guerra al climate change. Con una mossa senza precedenti, ieri il presidente americano Barack Obama ha annunciato il Clean Power Plan, una serie di nuove norme dell’Agenzia per la protezione ambientale per ridurre le emissioni di gas serra degli impianti di produzione elettrica della nazione. Una mossa definita “il passo più importante che gli Stati Uniti abbiano mai fatto per contrastare il cambiamento climatico”, ma che scatena già le ire delle grandi industrie e del mondo repubblicano, sul piede di guerra per impedire all’amministrazione Usa di dare il via alle misure.

Che effetti geopolitici avrà questa scelta? Quali i suoi riflessi su Cina ed Europa? E quanto inciderà sulle tasche dei consumatori e delle industrie americane?

Sono alcuni degli aspetti analizzati in una conversazione di Formiche.net con Matteo Verda, ricercatore dell’Università di Pavia e dell’Ispi, e autore del blog Sicurezza Energetica e del libro” Una politica a tutto gas”.

Verda, il piano di Obama non accontenta tutti. Molte industrie si lamentano delle nuove misure perché dovranno sostenere costi maggiori, con la World Coal Association che minaccia di aumentare il prezzo dell’elettricità per i consumatori americani. Sono timori fondati?

Senza dubbio le industrie di carbone sono destinate a perdere quote di mercato e potrebbero decidere di colmarle così. Ma si tratta di una visione soggettiva. Perché se da un lato alcuni settori registreranno perdite, altri – come quello green – guadagneranno. Ad ogni modo un piccolo aumento di elettricità non dovrebbe essere drammatico per l’industria americana.

Però il mondo politico sembra spaccato.

Ognuno coccola il proprio elettorato. Quello democratico è dalla parte di Obama, che non a caso ha citato come unico leader mondiale Papa Francesco, facendo riferimento alla sua Enciclica, Laudato si’. Ha persino incluso una suora nel suo gruppo di lavoro. Un modo per lanciare un messaggio ai latinos. Mentre la destra repubblicana cerca di rassicurare le corporation, minacciando anche iniziative ostruzionistiche.

Cosa farà il Gop per fermare il piano di Obama?

Diversi governatori hanno detto di non voler applicare il Clean Power Plan e a breve inizierà una vera e propria battaglia legale per fermarlo. Del tutto naturale che in un contesto democratico tutti usino gli strumenti a propria disposizione consentiti dalla legge per evitare qualcosa che non vogliono.

Questa strategia può funzionare?

Credo di no. Obama ha pieni poteri per realizzare questo programma, che non contravviene a nessuna norma basilare. Vedrà la conclusione nella seconda metà del 2016, quando avrà ormai lasciato la presidenza.

L’anno prossimo gli americani sceglieranno il loro nuovo presidente. Se dovessero vincere ci sarebbe la possibilità che il Clean Power Plan finisse in soffitta?

Altamente improbabile. Le policy americane di questo tipo tendono a creare un contesto di lungo periodo che agevoli il business. Da qui a settembre dell’anno prossimo tutti gli Stati si saranno adeguati alle nuove norme e avranno creato un contesto volto ad attirare investimenti green. Nessuno si assumerebbe la responsabilità di dire alle aziende che devono fare tutto da capo e che hanno buttato al vento dei soldi.

L’unico grande Paese citato da Obama è stato la Cina. Perché?

Gli Usa voglio assumere una leadership indiscutibile sul tema, anche in vista del summit di Parigi. Ma escludo che faranno cambiare idea a Pechino in questo frangente. La Repubblica Popolare s’è sempre dimostrata autoreferenziale. Magari faranno qualcosa, ma non perché l’ha detto Washington. Piuttosto per ridurre il fortissimo inquinamento di alcune città, un serio problema che fa sempre più presa sull’opinione pubblica. Quanto all’Europa è normale che non ne abbia parlato in modo approfondito.

Perché?

Gli obiettivi dell’Ue sulle emissioni sono molto più ambiziosi di quelli americani. Solo che noi lo facciamo per questioni ideologiche e perché il tema serve ad attirare competenze a Bruxelles e, in qualche misura, fa presa sul alcuni stati del Nord Europa. Obama ha dichiarato sì una riduzione del 32% delle emissioni rispetto al 2005, ma solo in quelle derivanti dalla produzione di energia elettrica, che sono un terzo del totale. Tutto il resto è escluso, a differenze di quanto ha scelto il Vecchio Continente.

Dunque non ci sono ragioni geopolitiche dietro le scelte green di Washington?

Assolutamente no. Secondo alcuni osservatori il piano di Obama servirebbe ad affrancarsi ulteriormente dal Medio Oriente per raggiungere l’agognata indipendenza energetica. Ma non vi è alcun nesso, perché il Clean Power Plan non incide sul petrolio. Sceglie piuttosto di utilizzare rinnovabili invece che carbone, ma sempre proveniente dal Nord America.

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