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Tutte le stranezze della baruffa fra Monsignor Galantino e Matteo Salvini

Un bel libro di Matteo Luca Andriola (“La Nuova destra in Europa”, paginauno, 2014), da me già segnalato in questa rubrica, si apre con una citazione: “Le tesi del Front national, personalmente, mi danno la nausea […] Anzitutto riguardo all’immigrazione, perché la logica del capro espiatorio mi è insopportabile. Lasciar intendere che la causa fondamentale dei problemi che la nostra società deve oggi affrontare è costituita dalla presenza degli immigrati sul suolo nazionale, è semplicemente grottesca […] L’arresto dell’immigrazione implica […] la necessità di […] aiutare i paesi del Terzo mondo a rompere con i miraggi dello sviluppo come lo concepiscono la Banca mondiale e il Fmi. Questo implica la necessità di riconoscere che le prime vittime dell’immigrazione sono gli immigrati […] “.

Questa analisi non è di un intellettuale marxista anticonformista. È di Alain de Benoist, filosofo, saggista e animatore di quella che comunemente viene definita “Nuova destra”. Come ricordava “il Foglio” in occasione dei suoi settant’anni, de Benoist è “un pensatore nietzschiano, organicista, ecologista, con venature schiettamente pagane […] È stato lui a coniare l’espressione ‘pensiero unico’. L’ha fatto mentre Bernard-Henry Lévy gli negava una stretta di mano in pubblico, dandogli del fascista (lui che nei fascismi, come Julius Evola, scorge un residuo statolatrico plebeo” (10 dicembre 2013).

Ora, si pensi alla baruffa estiva sugli immigrati tra Matteo Salvini e Monsignor Galantino. Alain de Benoist è uno dei maître à penser del leader della Lega, ma sono convinto che anche il segretario della Cei non avrebbe difficoltà a riconoscersi nella sua retorica antiglobalista e a favore di “una decrescita felice”. Non vorrei essere tacciato di blasfemia, ma ho l’impressione che le incursioni delle gerarchie ecclesiastiche nella politica domestica siano più dovute all’esigenza di presidiare un “campo storico” dell’intervento sociale della Chiesa da concorrenti scomodi, che a una radicale divergenza di giudizio su uno squilibrio, quello appunto che si manifesta con i flussi migratori, creato dal capitalismo (papa Francesco docet).

Come sottolinea Andriola, l’unica cosa certa è che, di fronte a una destra securitaria che parla di espulsioni e rimpatri forzati, la sinistra non reagisce formulando un’analisi più ampia delle tendenze demografiche su scala planetaria, ma – aggiungo io – rifugiandosi nella metafisica dei diritti umani universali. Il che è assai edificante, sia chiaro, ma non toglie il fatto che l’Italia ancora non disponga di una rete di centri d’accoglienza (pubblici, e non solo frutto di carità cristiana) per numero e qualità degni di un Paese civile. Del resto, è una lacuna che fa esattamente il paio con l’immonda situazione del nostro sistema carcerario.

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