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Tutti i benefici per Italia, Egitto e Medio Oriente dalla scoperta di Eni

Economici, geopolitici, strategici. All’indomani dalla scoperta di Eni del più grande giacimento di gas nel Mediterraneo in territorio egiziano, si fa ancora fatica a quantificare tutti i riflessi che la notizia avrà non solo per i due Paesi coinvolti, Italia ed Egitto, ma per l’intera regione e forse oltre.

IL GIACIMENTO

Cosa vuol dire in termini di numeri? Il giacimento di Zohr si trova a 1.450 metri di profondità d’acqua, nel blocco Shorouk, ed è stato rinvenuto dopo un prospetto esplorativo siglato a gennaio 2014 con il Ministero del Petrolio egiziano e con la Egyptian Natural Gas Holding Company (EGAS) a seguito di una gara internazionale competitiva, ha spiegato una nota del Cane a sei zampe. Il sito, in gergo tecnico un “supergiant”, presenta un potenziale di risorse fino a 850 miliardi di metri cubi di gas in posto (5,5 miliardi di barili di olio equivalente) e un’estensione di circa 100 chilometri quadrati. Cifre da “tradurre” ora in vantaggi.

LE PAROLE DI DESCALZI

Ai microfoni di Bloomberg, l’ad di Eni, Claudio Descalzi, ha detto che la maxi-scoperta di gas in Egitto impatterà “positivamente” sul dividendo del Cane a sei zampe, perché insieme ad altre “renderà la posizione dell’Eni in termini di cash flow molto più robusta rispetto a prima” e tuttavia “non cambierà la strategia di dismissioni annunciata per il piano 2015-2018”. In una conversazione con Francesco Manacorda pubblicata oggi dalla Stampa, il numero uno del gigante italiano degli idrocarburi, ha sottolineato che per l’Italia, Zohr rappresenta “l’opportunità di importare una parte di quel gas che l’Egitto non userà”. E per Eni “significa ovviamente mettersi al sicuro in termini di riserve e di produzione di gas per il futuro”. Queste, ha proseguito, “sono scoperte che aumentano il valore, svincolate dal prezzo del petrolio e che hanno una redditività interessante”. Con questa scoperta, ha detto ancora l’ad in un’intervista con Andrea Greco di Repubblica, Eni raddoppierà “la produzione egiziana (200mila barili di petrolio equivalente al giorno)”. Ma quanto tempo passerà prima di commercializzare il nuovo gas? “Poco”, ha rimarcato Descalzi. “Credo che in qualche mese potremo avere la licenza di sviluppo e produzione; l’anno prossimo faremo i primi pozzi, e tutte le condotte che servono per il trasporto. Mi aspetto insomma che i frutti si vedano entro la fine del piano strategico 2015-2018. Inoltre, sappiamo già che quel gas ha ottime proprietà: è metano, povero di condensati, di anidride carbonica e di zolfo. Potremo fare i pozzi rapidamente e con caratteristiche di produttività altissime: anche perché il giacimento si trova molto vicino al nostro centro trattamento gas di El Gamil, nella zona di Port Said dov’è sito anche l’impianto di Damietta”.

UNA RELAZIONE SPECIALE

Lo storico ed economista Giulio Sapelli, dal 1996 al 2002 nel cda Eni, ritiene inoltre che questa sia un’occasione straordinaria non solo per il gruppo petrolifero, ma anche “per la crescita delle nostre pmi, perché se c’è un’industria che sviluppa un forte indotto questa è quella petrolifera”. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha rilevato Sapelli parlando con Formiche.net, s’è mosso bene per creare un rapporto personale con Al Sisi, che darà una marcia in più alle relazioni bilaterali”. Così, ha aggiunto, si riafferma “un legame solido, nato con Mattei negli anni ’50”.

I VANTAGGI PER L’ITALIA

Per ciò che riguarda Roma, ha scritto Alessandro Barbera sulla Stampa, significherà in primo luogo “ridurre la dipendenza da Russia, Algeria e Libia. La Russia oggi copre il 41 della domanda nazionale di gas, l’Algeria il 14, la Libia il 10”. Non è un caso, ha messo in evidenza, “se Renzi, che su Al-Sisi e l’Egitto conta moltissimo per aumentare l’export italiano, abbia immediatamente telefonato al generale egiziano e all’Eni per complimentarsi di una scoperta che rafforza «la partnership economico-strategica». Nel 2014 l’interscambio Italia-Egitto è stato pari a 5,180 miliardi di euro, e vale l’8 per cento dell’export egiziano”. Dal canto suo, “l’anno scorso Eni ha estratto il 28 per cento del petrolio e il 27 per cento del gas egiziano”.

COSTI BASSI, RENDIMENTO ALTO

Numeri, in crescita, che generano anche un ritorno positivo in termini di soft power. Secondo Davide Tabarelli, direttore di Nomisma Energia sentito da Rai News, la scoperta è “un grosso colpo” anche perché “l’estrazione costa relativamente poco e il giacimento è gigantesco. Il gas si può estrarre a prezzi molto, molto bassi. L’immagine dell’Eni migliora naturalmente, viene confermato quello che già si è detto per il Mozambico, dove ha scoperto delle riserve gigantesche, un giacimento fuori dal normale, anche lì, conferma che non è solo fortuna trovare questi giacimenti e che ci vuole una certa capacità che ingegneri, tecnici, fisici, italiani stanno confermando. Una immagine molto, molto positiva, sia per l’Eni ma anche per l’immagine dell’Italia in quell’area e nel mondo del petrolio e del gas”, e nuove opportunità per “Saipem che è un leader mondiale, un gioiello nazionale proprio nella posa dei tubi del gas in mare aperto”.

I VANTAGGI PER L’EGITTO

Ma a sorridere per la scoperta è anche – e forse soprattutto – l’Egitto. “Per il generale Al Sisi – ha rimarcato ancora Barbera – significa contare sempre di più nello scacchiere nordafricano, ed essere elemento di stabilizzazione dell’intera area”. Non solo. “Il portavoce del ministero del Petrolio Hamdi Abdul Aziz si dice convinto che grazie a questa scoperta l’Egitto aumenterà le proprie riserve di un terzo e raggiungerà «entro cinque anni» l’indipendenza energetica. Forse ce ne vorrà qualcuno di più, certamente la scoperta contribuirà a rendere autonomo un Paese oggi governato da nemici conclamati dell’islamismo radicale. Per l’Occidente una novità di un certo rilievo”.

I BENEFICI PER LE RISORSE IDRICHE

Ci sono poi altri vantaggi meno visibili, che consentiranno al Cairo di svilupparsi ulteriormente. “Il livello del Nilo sta scendendo” e potrebbe avere conseguenze drastiche sul Paese, ha spiegato ancora Sapelli. “Da questo gas, invece, sarà possibile attingere tuta l’energia necessaria per desalinizzare l’acqua che serve e procedere a opere di micro irrigazione”.

I RIFLESSI GEOPOLITICI

Tuttavia le ripercussioni, come detto, saranno anche geopolitiche, come accade quasi sempre quando si parla di idrocarburi. Sempre Tabarelli, pensa che “la stabilizzazione dell’area, il risolvere i problemi nel Nordafrica che hanno ripercussioni anche da noi passa per maggiore sviluppo economico”, che il nuovo giacimento potrà assicurare. “Un piccolo tassello verso maggiore stabilità economica e speriamo, anche democratica, in uno dei Paesi chiave dell’area che è l’Egitto”. Un concetto rafforzato anche da Descalzi, che a Repubblica ha aggiunto che  “questo gas dà più stabilità politica alla regione, perché rende l’Egitto più forte”. Un segnale che non necessariamente la scoperta, che aumenta ancora la concentrazione di opportunità – e rischi – in quest’area, non debba necessariamente coincidere “con un aumento del rischio geopolitico collegato anche alla vicina Libia, dove l’Eni continua a operare, unica fra le compagnie straniere”.

UN NUOVO BOOM?

Questo rinvenimento, ha concluso poi Sapelli, ha anche il merito di dare forza a quello che “con la Turchia è l’unico vero Stato dell’area” e di “stringere maggiormente le relazioni con Israele, che s’affaccia anch’essa allo sfruttamento di nuove risorse energetiche nella regione”. Questo genere di scoperte, ha commentato ancora lo storico ed economista, “all’inizio creano conflitto, ma poi costringono a cooperare e a generare dunque benefici diffusi”. L’Egitto, ha aggiunto Sapelli, “ha bisogno di vivere un boom economico simile a quello nostro e questa scoperta lo rende possibile, oltre a dare maggiore sicurezza all’area, a partire dal Sinai, perché rafforzerà l’economia di uno nemici del terrorismo islamico e in particolare dell’Isis”, con potenziali vantaggi dunque anche per il Mediterraneo e il martoriato Medio Oriente.

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