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Veneto Banca, ecco chi (e perché) si oppone alla quotazione

Mesi caldi, anzi caldissimi. Sono quelli che aspettano Veneto Banca, la popolare di Montebelluna (Treviso) alle prese con una delle fasi più delicate della sua storia ultracentenaria. Un bivio, dall’esito non del tutto scontato, tra le ragioni della politica e quelle del territorio, rappresentato dai piccoli imprenditori e risparmiatori azionisti della banca.

Da una parte c’è la riforma delle banche popolari targata Renzi-Padoan, varata a gennaio dal governo a mezzo decreto e approvata dal Parlamento a metà marzo e che impone entro l’estate del 2016 la trasformazione i spa degli istituti più grandi, quelli con attivi sopra gli 8 miliardi per intendersi.

Un modo, secondo il governo, per irrobustire banche non più all’altezza delle sfide globali, quotarle in Borsa e favorire l’ingresso di azionisti pesanti. Dall’altra ci sono loro, i piccoli azionisti, rappresentati dall’associazione degli azionisti di Veneto Banca, allarmati dal modo e i tempi che hanno contraddistinto l’intervento di Palazzo Chigi sul sistema bancario: tempi troppo stretti ma soprattutto troppa fretta per una riforma destinata a modificare la natura stessa delle popolari.

Giovanni Schiavon è presidente dell’associazione e ha annunciato di voler impugnare di fronte al Tar del Lazio la riforma delle popolari, per sospenderne gli effetti. Un atto che rischia di sparigliare le carte e fare anche scuola, mettendo in discussione l’intera riforma.

UNA RIFORMA PER DECRETO? UNA FOLLIA

Veneto Banca non naviga in acque tranquille. Il gruppo ha chiuso il primo semestre 2015 con una perdita netta di 213,5 milioni rispetto all’utile di 8,3 milioni dei primi sei mesi dello scorso anno. “Questo lo sappiamo – dice Schiavon a Formiche.net – ma dobbiamo in ogni caso difendere le ragioni dei risparmiatori azionisti della banca. Noi non siamo contrari alla quotazione e nemmeno alla trasformazione in spa, questo deve essere chiaro, sennò si fa confusione. Noi ci opponiamo alla quotazione in Borsa e alla trasformazione in questo momento. Abbiamo l’impressione che la politica voglia fare le riforme tanto per farle, senza considerare l’impatto sul territorio e mancando di rispetto al capitale, cioè noi azionisti”. “Noi vogliamo una riforma graduale, che rispetti il territorio e gli azionisti che lo rappresentano, senza stravolgerlo”, spiega Schiavon. Il presidente dell’associazione punta il dito contro una certa “frenesia del Governo, che ha voluto intervenire a tutti i costi su un terreno così delicato, pressato dalla vigilanza di Bankitalia e Bce”. Schiavon non usa giri di parole nell’accusare l’esecutivo di aver piegato la testa dinnanzi a Bce e Bankitalia: “Il Governo dovrebbe opporsi a queste logiche invece è intervenuto per decreto su un tema così delicato: una follia”.

I RISPARMIATORI PERDERANNO LA FIDUCIA

C’è un rischio che più di tutti spaventa Schiavon: “La perdita della fiducia da parte dei risparmiatori, che rischiano di spaventarsi dinanzi a tutti questi sconvolgimenti. Ma le pare possibile che chi ha messo o investito i soldi in Veneto Banca debba assistere a tutti questi sconvolgimenti improvvisi? Glielo ripeto, non siamo contrari alla riforma, ma pretendiamo una certa gradualità: ci sono in gioco i diritti del capitale, ossia degli azionisti”, sottolinea Schiavon.

LA BCE HA COMMISSARIATO IL SISTEMA ITALIANO  

Per Schiavon, ex presidente del Tribunale di Treviso, il caso Veneto Banca è un simbolo del potere di influenza della Banca centrale europea presieduta da Mario Draghi. “La vigilanza europea ha commissariato il nostro sistema, prevaricando il ruolo dei Cda, imponendogli scelte di merito. E’ ora che i risparmiatori se ne accorgano e si sveglino. Noi vogliamo fare esattamente questo. Svegliare i risparmiatori dal torpore in cui sono caduti. Pensi che la Banca d’Italia voleva la fusione tra Veneto Banca e la popolare di Vicenza. Sarebbe stata una fusione indotta dalla vigilanza, senza tenere conto di noi azionisti. E’ giusto?”, si chiede Schiavon. Che poi, dinnanzi a chi gli fa notare come l’azione intrapresa dalla sua associazione possa essere presa a modello presso altre realtà bancarie soggette alla riforma, prende la palla al balzo. “Magari fosse così, con un effetto a catene. Così si difendono i diritti di tutti i piccoli azionisti”.

QUALCUNO VUOLE CHE I RISPARMIATORI AZIONISTI NON CONTINO PIU’ NULLA  

Il ricorso per congelare gli effetti della riforma delle popolari è già nelle mani del Tar del Lazio. Nell’attesa di un verdetto, che succederà? “Hanno detto che alla prossima assemblea chiederemo le dimissioni del vertice. Vero, ma non perché hanno delle colpe, anzi, pure loro stanno subendo le pressioni della vigilanza. Il fatto è che la trasformazione in spa, quando avverrà, richiederà un riassetto del consiglio. Per questo devono dimettersi. E’ un passaggio tecnico. Però vorremmo anche essere rappresentati di più nel Cda, vorremmo un board espressione vera degli azionisti. Più peso insomma”. Schiavon si interrompe un attimo. Poi aggiunge: “Ma penso che non vogliano farci contare più di tanto. Se così fosse, allora meglio andare tutti a casa”.

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