Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

La doccia fredda di Draghi

MARIO DRAGHI BCE

Una doccia fredda. Non c’è modo migliore per sintetizzare quel che Mario Draghi ha detto dopo la riunione del consiglio della Banca centrale europea. L’estate sta finendo e nubi scure s’addensano all’orizzonte. Le previsioni di crescita sono state abbassate, anche i prezzi scendono e nei prossimi mesi potrebbero finire di nuovo sotto zero; le misure straordinarie attuate finora non sono sufficienti e il limite per gli acquisti di titoli è stato aumentato provvisoriamente dal 25 al 33%, mentre la quota mensile resta a 60 miliardi.

Draghi ha ripetuto che la Bce prenderà tutte le misure necessarie, all’interno del suo mandato, per riportare la dinamica dei prezzi verso l’obiettivo (un aumento annuo del 2%). Ciò vuol dire che il quantitative easing proseguirà anche oltre il settembre del 2016 se necessario. Questo ha dato ossigeno alle borse, ma ha depresso l’euro rispetto al dollaro.

Lo stimolo monetario è diventato sempre più difficile e meno efficace. Il rischio è che ogni aumento nell’acquisto di titoli venga interpretato come una corsa sempre più inutile e disperata per tirar su una economia che non ce la fa a camminare e, probabilmente, non sa stare più nemmeno sulle proprie gambe.

La Banca centrale ha rivisto al ribasso la stima dell’inflazione nell’Eurozona per il 2016 all’1,1% dall’1,5%, quella per il 2017 è tagliata all’1,7% dall’1,8%. «Potremmo vedere dati negativi sull’inflazione nei prossimi mesi», ha avvertito il presidente della Bce. Per quest’anno la stima è ridotta allo 0,1% dallo 0,3%. Anche le previsioni di crescita economica dell’area euro: sul 2015 al +1,4% (da +1,5%), sul 2016 al +1,7% (da +1,9%) e sul 2017 al +1,8%.

Si può dire che la colpa questa volta è del petrolio, del rallentamento cinese e della crisi nei paesi emergenti che finora avevano tirato la ripresa della zona euro. Ma si deve anche ammettere che questa è la conseguenza di una endemica debolezza della domanda interna che ha lasciato tutto il traino alle esportazioni. Draghi riconosce che la bassa crescita è dovuta al fiacco andamento della domanda per consumi e investimenti, ma sostiene che ciò è la conseguenza degli “inevitabili aggiustamenti” dei bilanci pubblici e di quelli privati. Dunque, la zavorra del debito tiene a terra l’economia della zona euro, mentre s’aggiunge anche la zavorra esterna. Ecco perché secondo la Bce la dinamica del prodotto lordo nei prossimi tre anni non riuscirà a raggiungere nemmeno la quota modesta del due per cento annuo.

In questo scenario, che spazio c’è per l’Italia? Le previsioni del governo sembrano troppo ottimistiche. Con il debito che si ritrova e con una prevedibile riduzione dell’export, come fa il paese a raggiungere il prossimo anno l’1,4%, senza quei “fattori esterni positivi” messi incautamente in conto? Draghi ha detto che la politica monetaria accomodante ha migliorato il credito in Spagna e in Italia. Gli effetti su scala più ampia non si sono ancora visti, ma potrebbero materializzarsi nei prossimi mesi. Tuttavia, il presidente della Bce ha insistito sul “consolidamento fiscale e sulle riforme” come condizioni per migliorare la domanda interna. E’ lo schema classico: politica monetaria morbida e politica di bilancio rigida. Se Matteo Renzi vuol puntare tutto sulla flessibilità concessa dalla Ue, allora si illude.

La copertura del taglio delle imposte, a cominciare da quelle sulla casa, come ha detto lo stesso capo del governo nelle sue numerose uscite mediatiche, è affidata alla possibilità di aumentare il disavanzo pubblico previsto, dunque la riduzione delle tasse verrà fatta in deficit con il benestare dell’Unione europea. Ammettiamo che Renzi abbia ricevuto alcune assicurazioni in tal senso da Bruxelles, ebbene oggi, dopo la doccia fredda di Draghi, che valore possono avere?

Il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan sa bene che il sentiero stretto sul quale camminava fino qualche giorno fa sta diventando un ponte tibetano. E si rende conto che la prossima finanziaria non potrà essere leggera come la precedente né può rinviare ancora scelte difficile dal lato della spesa pubblica. La lista della lavandaia è arrivata già a 35 miliardi a parametri invariati. A bocce ferme, come si suol dire; invece, Draghi ha detto che le bocce si stanno muovendo e non nella direzione sperata.

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter