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Bravo Juncker, mi sei piaciuto (oggi)

Per un certo periodo di tempo nella politica italiana è stato in voga uno stravagante arzigogolo verbale: “Senza se e senza ma”. Si è usato per descrivere la determinazione di sostenere una proposta e di non accettare mediazioni. Come dire: questa è la mia posizione.

La posizione del presidente della Commissione Jean-Claude Junker è stata ascoltata in diretta dal Parlamento Europeo proprio oggi, una posizione chiara e senza giri di parole, più volte con espressione diretta (“io penso”) e capace di assumersi le responsabilità delle proprie idee e ragioni.

Un discorso complesso, ampio e carico di prospettive ma anche di coscienza della mancanza di strategia passata. Colpisce il cuore, non che ciascuno di noi non lo avesse pre-sentito in questi anni e nell’attuale crisi dell’Unione Europea, che il presidente della Commissione abbia detto: “L’Unione Europea non versa in buone condizioni: manca l’Europa a questa Ue, e manca l’unione”. La verità. Si è avuto il coraggio di dire chiaramente qual è il punto in cui si trova l’Europa di oggi, né Unione né Europa. Ora è il tempo di affrontare la crisi, non solo la sua ultima espressione che emerge dalla sfida epocale di rifugiati e migranti. Abbiamo già su queste pagine affrontato più volte i problemi e avanzato idee in questa materia.

Oggi, proprio mentre il presidente Junker prendeva la parola al Parlamento UE, su diversi giornali sono stati pubblicati i dati sulle disuguaglianze e la povertà in Europa. A questa sfida che si protrae da tempo l’Unione europea non ha dedicato né energie, né riflessioni convincenti e risolutive. Non vogliamo citarne qui altre, dalla disoccupazione giovanile alla tragedia demografica, mai risolte e mai affrontate con serietà e determinazione.

Le parole di Junker bastano a dimostrare come il ‘Premio Nobel’ del 2012, assegnato alla UE (perché “per oltre sei decenni ha contribuito all’avanzamento della pace e della riconciliazione della democrazia e dei diritti umani in Europa”) sia stato stravagante. Sì, ha ragione Junker, “c’è in gioco oggi una questione umana, una questione che interessa la dignità umana delle persone”, vale per i rifugiati e vale per i cittadini europei.

Come può esistere una Europa dove ci sono 342 miliardari (con un patrimonio totale di circa 1.340 miliardi di euro) e 123 milioni di persone – quasi un quarto della popolazione – a rischio povertà o esclusione sociale? Come ci può essere e ci si può sentire uniti in queste condizioni?

Come è possibile evitare di affrontare il tema del grande potere d’influenza dei super ricchi, delle multinazionali e di una parte del settore privato a livello nazionale ed europeo che accrescere la povertà e disuguaglianza in tutto il continente? “L’Unione Europea non versa in buone condizioni: manca l’Europa a questa Ue, e manca l’unione”, Junker mette tutti noi, incluso lui stesso, sul banco degli imputati.

Temo che senza una seria riflessione su quale Europa vogliamo, a partire dalle fondamenta, nulla potrà rivitalizzare il progetto dei ‘Padri Fondatori’. L’accoglienza per milioni di persone non basterà a creare una nuova Europa, né una maggiore unione, né consentirà ai paesi europei in deficit demografico di far pagare le pensioni ai nuovi arrivati.

Siamo ad una svolta, questo è certo, o a partire dal tema dell’immigrazione nelle prossime settimane i leader dei Paesi UE sapranno ritrovare le ragioni credibili dell’essere europei e uniti, oppure saranno proprio gli eventi di questi mesi, insieme alle enormi disuguaglianze e difficoltà dei cittadini della UE, a distruggere e forse ricostruire una nuova e diversa Europa.

Per cosa e perché la UE oggi e per quale futuro?

Senza queste risposte, non ci sarà intelligente risposta a nessuna emergenza.

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