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Cyber security, perché Obama non sanzionerà (per ora) la Cina

La Casa Bianca non punirà la Cina per il suo coinvolgimento in attacchi cyber contro aziende e istituzioni americane, almeno per ora.

SANZIONI RINVIATE?

La delicata scelta – spiegava a inizio settimana il Washington Post – ha fatto seguito a una riunione durata per tutta la notte di venerdì scorso, durante la quale alti funzionari statunitensi e cinesi avrebbero raggiunto “un accordo sostanziale” su diverse questioni di sicurezza informatica. In parole povere, le potenziali misure economiche non sono fuori dal tavolo, ma si è deciso di posticiparle semmai al mese di ottobre, dopo la visita del capo di Stato cinese, nonostante le pressioni internazionali, interne e l’altissima probabilità di nuove offensive che la Cina continua a ottusamente a negare, come ricorda Politico, segnalando una distanza forse incolmabile.

TEMA INELUDIBILE

Per il momento, però, manca l’ufficialità. Per lo Studio Ovale, che mantiene il più stretto riserbo, non sarebbe infatti ancora stata presa alcuna decisione su eventuali sanzioni. Tuttavia, ha spiegato lunedì il portavoce del capo di Stato, Josh Earnest, Obama sfrutterà l’occasione per esprimere le sue preoccupazioni sul tema al presidente cinese Xi Jinping, durante la sua prossima visita negli Usa nelle ultime settimane del mese di settembre.

GLI ATTACCHI

Il fronte cyber tra i due Paesi – aveva già scritto Formiche.net – è sempre più caldo. I dati sono allarmanti. Secondo la Norse Attack Map, una mappa che consente di visualizzare globalmente, e in tempo reale, i cyber attacchi scagliati ogni giorno, emerge senza ombra di dubbio che uno dei principali attori della guerra cibernetica in atto sia la Cina e che invece gli Usa siano, di fatto, l’obiettivo principale della quasi totalità degli attacchi.

OMBRE CINESI

Nello specifico, il clima con la Cina è ulteriormente degenerato di recente, con l’ennesimo attacco risalente a dicembre 2014, ma scoperto solo ad aprile di quest’anno e reso noto a giugno. Questa volta, sono stati rubati dati altamente sensibili relativi a 4 milioni di impiegati del governo, in una delle più grandi violazioni di dati del governo federale. Gli hacker hanno avuto accesso a dati altamente sensibili dell’agenzia che si occupa del personale: indirizzi, recapiti ed anche numeri di previdenza sociale, spingendo gli inquirenti a indagare a fondo e a giungere alla conclusione che l’attacco fosse proprio opera di pirati della Repubblica Popolare. Da qui la risposta della Casa Bianca. Nonostante ciò Obama avrebbe dunque deciso di frenare, con il fiato sul collo dei repubblicani non gli risparmiano critiche per la poca assertività.

LE RAGIONI DI OBAMA

Le ragioni della prudenza americana, però, sono comprensibili, così come i motivi del possibile e temporaneo dietrofront. Nonostante i tanti richiami all’aggressività cinese in campo cyber (dai tanti documenti strategici alle dichiarazioni ufficiali), la questione potrebbe causare pericolose fratture in rapporti già tutt’altro che cordiali, ad esempio in Asia, ma non solo. Il clima è incandescente, ricordava su queste colonne l’editorialista di Asia Times Francesco Sisci, tanto che pochi giorni fa alcuni funzionari dell’amministrazione Usa citati da The Hill avevano avvertito del rischio che eventuali misure economiche contro Pechino potrebbero portare la Repubblica Popolare a cancellare la visita. Anche per questo diversi consiglieri di Obama hanno chiesto al presidente di aspettare ancora un po’ di tempo, senza umiliare troppo Pechino.

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