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Putin difende l’arrivo dei russi in Siria

«Se non fosse arrivata al Russia a difendere la Siria, la situazione nel paese sarebbe finita peggio che in Libia» ha detto il presidente russo Vladimir Putin durante il suo speech a una conferenza sulla sicurezza regionale a Dushanbe, capitale del Tagikistan.

È una dichiarazione piena di dottrina politica, non è una semplice giustificazione al proprio rinnovato impegno al fianco del regime di Damasco. Il riferimento alla Libia, infatti, tocca un nervo scoperto: la Russia era contraria all’intervento ONU, via Nato, per rovesciare il rais Gheddafi (formalmente si astenne, senza porre il veto, alla risoluzione 1973 delle Nazioni Uniti sulla creazione della no fly zone che fu praticamente il via alle operazioni militari). Mosca non ha mai smesso, nel corso dei quattro anni trascorsi dopo la caduta del regime libico, di sottolineare come la transizione politica e la fase post-dittatoriale in Libia sia stata gestita pessimamente dalle forze occidentali. Oggettivamente, dargli torto, visti gli attuali risultati, è difficile davvero.

L’impegno russo al fianco del governo siriano è stato descritto dal presidente come un sacrificio per il bene globale: senza le nostre azioni in Siria il flusso di migranti in Europa sarebbe stato ancora più grande, ha aggiunto Putin, ricordando che rafforzare la spina dorsale militare del governo siriano, significa aiutare il mondo a combattere l’aggressione terroristica dello Stato islamico. Putin ha anche chiesto alle altre nazioni, così come alle forze dell’opposizione siriana, di seguire l’esempio russo ed allinearsi con le forze di Bashar Assad contro il Califfato ─ sembra si sia dimenticato che quelle opposizioni, nascono proprio contro il regime dispotico e repressivo di Assad, e poi si perdono nella deriva che Assad stesso ha voluto far prendere alla rivoluzione: l’IS.

Nel frattempo, mentre Putin ha definitivamente confermato la presenza russa in Siria sotto forma di assistenza umanitaria, tecnica e militare, il settimanale Foreign Policy ha acquisito un’immagine digitale della base aerea appena fuori Latakia, l’aeroporto di Jableh, oggetto del ponte aereo russo per inviare aiuti agli alleati siriani. Nella foto sono visibili i lavori di miglioramento della base fatti dai tecnici militari russi ─ quelli che diversi analisti credono servono per renderla funzionale ad ospitare i caccia che Mosca invierà in un secondo momento. La creazione di una base tecnologicamente avanzata, dovrebbe permettere di ospitare anche oltre mille militari nelle prossime settimane, secondo l’intelligence americana. Sono stati segnalati già 200 fanti di marina, tank T90, una quindicina di cannoni e una trentina di blindati. Tutto servirà a creare il muro a difesa della roccaforte del potere alawita che sostiene il presidente Assad. Gli armamenti potrebbero essere arrivati attraverso il ponte aereo con gli An124 Condor: i grandi aerei da trasporto hanno solcato i cieli di Iraq e Iran.

A proposito di Iran, è stata segnalata la presenza del generale della Quds Force Qassem Suleimani a Mosca la scorsa settimana. Suleimani dirige le operazioni segrete dell’Iran all’estero: è considerato l’artefice della strategia con cui la Repubblica islamica ha impostato la propria influenza a livello regionale. Secondo vari osservatori, l’aumento del coinvolgimento russo in Siria, è arrivato dopo che il generale iraniano ha presenziato ad un vertice moscovita sulla crisi siriana. Teheran condivide la linea russa di appoggio ad Assad.

Mani tese

Il New York Times ha scritto oggi che il presidente Barack Obama starebbe valutando la possibilità di incontrare Putin a New York durante l’assemblea generale delle Nazioni Unite, riaprendo i rapporti tra i due nell’ottica di concordare una possibile soluzione alla crisi siriana. Le relazione sono praticamente interrotte dalla “presa” russa della Crimea: l’ultimo incontro c’è stato in occasione dell’Apec a Pechino diversi mesi fa. La Russia si inserì già una volta come entità di mediazione sulla crisi siriana: era il 2013, il regime gasò i civili di Damasco, l’America pensava a un attacco militare contro Assad, Mosca mediò evitando i raid statunitensi promuovendo lo smantellamento delle armi chimiche.

@danemblog

(Foto: ABC)

 

 

 

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