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Warner Bros e China Media, i cinesi vogliono fare gli americani

Se è vero che la politica spesso è anche cinema, l’accordo tra China Media Capitale e la Warner Bros Entertainment per far nascere un colosso di produzione cinematografica cino-americano ha il sapore di anticipare quella partnership inevitabile tra due colossi come Cina e Stati Uniti.
Un accordo tra le due major che avviene alla vigilia dello storico viaggio del presidente cinese Xi Jinping che vedrà il clou quando venerdì 25 settembre sarà ricevuto alla Casa Bianca da Barack Obama per una cena di Stato con le rispettive consorti.

Aspettando che la politica vada in scena con i suoi riti, ci hanno pensato Ruigang Li, presidente della China Media Capitale, e Kevin Tsujihara, amministratore delegato della Warner Bros, a rubare il palcoscenico ai loro capi di Stato firmando una joint venture che porterà alla produzione di film cinesi ma in lingua inglese da diffondere sui mercati internazionali.

Un matrimonio che ha fatto nascere una nuova società, Flagship Entertainment Group, con sede ad Hong Kong e uffici a Pechino e Los Angeles e che sarà controllata per il 51% da Cmc e per il restante dalla Warner che possiede, tra l’altro, anche gli storici studi di Hollywood, un brand che i cinesi vorranno sfruttare a pieno.

Le prime pellicole verranno lanciate già il prossimo anno e tutta questa fretta ha una giustificazione commerciale non da poco: il mercato cinematografico cinese è il secondo al mondo dietro a quello americano e sta continuando a crescere senza sosta: per i primi otto mesi del 2015 si parla di incassi per 30 miliardi di yuan (4,71 miliardi di dollari) che superano già i 29,6 miliardi dell’intero 2014.

Un’alleanza dettata dagli affari. I cinesi mettono il capitale, gli americani le tecnologie e la loro indubbia capacità di industria cinematografica. Lo stesso film visto nell’ultimo decennio anche in economia. Dove per quanto Obama scalpiti per cercare di tenere a freno la superpotenza cinese, deve poi fare i conti sul debito americano che è in gran parte detenuto proprio da Pechino.

Una storia curiosa questa. Iniziata nel 2000, poco prima dell’ingresso della Cina nel Wto, con il governo di Pechino che deteneva solo una sessantina di miliardi di dollari in buoni del Tesoro Usa, più o meno il 2% dei 3.300 miliardi di debito pubblico americano in circolazione. Poi tutti e due i Paesi hanno cominciato ad alzare la posta: il debito pubblico degli Usa è esploso arrivando a 12mila miliardi di dollari  e la quota della Cina è cresciuta in modo esponenziale arrivando al 14% del totale (1.223 miliardi di dollari). Aggiungendo i circa 700 miliardi di dollari in titoli di debito emessi da agenzie del Governo Usa (Fannie Mae e Freddie Mac), si giunge a un totale di 2mila miliardi di dollari di esposizione della Cina in titoli pubblici e semipubblici americani: una cifra più che imponente, che fa capire i rapporti di forza oggi tra le due super potenze.

Per questo le nozze cinematografiche convengono ad entrambi i paesi. Agli americani per invadere il mercato cinese e mantenere la leadership mondiale ai cinesi per imparare i segreti della settima arte e piano piano, come la famosa goccia, proporsi non solo come pubblico da conquistare ma anche come produttori e registi del cinema del futuro.

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