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Cosa unisce e cosa divide Santa Sede e Washington

La prima volta di un Papa al Congresso Usa, le anticipazioni sul discorso di Francesco, i significati politici dell’evento dopo il viaggio a Cuba, le accuse di comunismo, le sintonie con la Chiesa d’Oltreoceano sul defund del colosso delle cliniche per gli aborti, Planned Parenthood, e la collaborazione tra Casa Bianca e Santa Sede sul fronte geopolitico.

Sono alcuni dei temi affrontati da Formiche.net in una conversazione con Maria Antonietta Calabrò, per lunghi anni giornalista del Corriere della Sera, scrittrice ed esperta di cose vaticane.

Quali significati politici ha la visita di Papa Francesco negli Usa?

Bergoglio ha scelto di entrare negli Stati Uniti da Cuba. Si tratta di una decisione dalla forte carica simbolica. Il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin lo ha anche sottolineato sull’Osservatore Romano, dicendo che il Pontefice entra da Cuba “come un migrante”. Ciò segnala la sua attenzione verso un tema epocale che in questi giorni occupa le cronache, ma con il quale bisognerà confrontarsi almeno per i prossimi quattro decenni, come ha dimostrato uno studioso di fama mondiale come il professor Paul Collier nel suo saggio Exodus. Questo è un primo tema. Esso si interseca con alcune delle ragioni che spingono e spingeranno molti a emigrare, ovvero gli effetti del cambiamento climatico, ma anche l’ancora ampio divario economico col cosiddetto “nord” del pianeta.

Alcuni osservatori, come Alberto Pasolini Zanelli, hanno sottolineato che proprio questi temi segnalerebbero una maggiore vicinanza di Bergoglio a Cuba, rispetto agli Usa.

Sicuramente Francesco, che non ha scelto il suo nome a caso, risente molto delle proprie origini sudamericane e in particolare argentine. Buenos Aires, dopo la grande crescita dell’inizio del secolo scorso, si è progressivamente impoverita, portando via via il futuro pontefice a maturare una sensibilità su questo tema. C’è poi una posizione tradizionale della Chiesa Cattolica che vede nell’economia sociale di mercato un’alternativa solida al capitalismo in senso stretto, di cui gli Stati Uniti rappresentano la punta più avanzata. Queste differenze si sentono, tanto che il settimanale Newsweek aveva titolato: “Questo Papa è cattolico?”. E Francesco su questo, sul volo di arrivo a Washington, ha voluto rispondere smentendo di essere “liberal” o comunista, ma di essere invece ancorato saldamente alla dottrina sociale della Chiesa.
Al contrario, il tema dei migranti non spaventa sicuramente un Paese come gli Stati Uniti, che è stato costruito dai migranti provenienti dall’Europa, dalla Cina e dal Centro e Sud America.

Rivolgerà qualche messaggio particolare alla vasta comunità di latinos, sempre più influente?

Dagli anni ’70-’80 s’è perso negli Stati Uniti il senso che una parte della loro Storia aveva a che fare con il mondo di lingua spagnola e il Sud America, un mondo che negli anni precedenti si respirava negli Stati della cosiddetta frontiera americana, ad Ovest. Un aspetto che si percepiva in tanti film o serie tv. Tutto ciò accade mentre lo spagnolo è diventata di fatto la seconda lingua degli Usa ed è in continua crescita, così come la comunità ispanica, che però – spiega una recente ricerca di Pew – perde rapidamente interesse nel praticare il cattolicesimo. Francesco userà probabilmente il suo discorso anche per vivificare una connessione speciale con quel mondo.

Si addentrerà invece sullo scivoloso terreno dei temi etici?

Martedì il New York Times ha chiesto al Pontefice di permettere la contraccezione per i cattolici. È probabile che Bergoglio utilizzi dunque questo viaggio anche per lanciare messaggi seducenti sui temi legati alla morale sessuale. Anche se, come ha evidenziato l’arcivescovo di Philadelphia, Francesco non è così liberale come si vorrebbe far credere. Inoltre è in grande sintonia con la Chiesa americana che è stata decisiva nella sua elezione e che si oppone al finanziamento del colosso americano di cliniche per gli aborti Planned Parenthood, con in prima fila il cardinale Sean O’Malley, uno dei membri del Consiglio dei Nove (C9) di Bergoglio.
In ogni caso, Papa Francesco ha la capacità di modulare le sfumature del suo messaggio a seconda dell’uditorio che ha davanti. Si potrebbe quasi dire che siamo di fronte al primo papa “liquido”, nel senso baumaniano del termine.

Quanto peseranno questi argomenti in un clima Usa già da campagna elettorale?

Sicuramente la presenza del Pontefice influenzerà il dibattito, tanto più perché terrà il primo discorso nella Storia di un papa al Congresso. Però tutto verrà filtrato secondo le caratteristiche peculiari degli Usa, che sono un Paese laico in cui non c’è una Chiesa, ma prevale il sentimento di una religione civile. La fede ha avuto negli Stati Uniti una forte influenza fondativa. Non bisogna dimenticare che lì i presidenti giurano sulla Sacra Bibbia e sulle banconote campeggia la scritta In God we trust. Piuttosto la visita di questo Papa potrebbe mettere indirettamente in evidenza un aspetto più problematico sul medio periodo.

Ad esempio?

Penso ad un momentaneo annacquamento della leadership degli Usa, anche naturale se si considera che Barack Obama è ormai alla fine del suo secondo mandato, e forse anche a un radicale cambiamento strategico della superpotenza americana. Aspetti che emergono dal fatto che, per risolvere la crisi di Cuba, Washington abbia dovuto fare affidamento sul contributo determinante della diplomazia vaticana. Niente di male, per carità, ma non è un fatto trascurabile.

Potrebbe essere l’inizio di una collaborazione ad ampio raggio?

Forse, ad esempio in un Paese come la Cina. Inutile sottolineare, però, che Pechino non è L’Avana. Diversi i problemi, le dimensioni economiche, il peso geopolitico. Anche nei confronti della Repubblica Popolare, la Casa Bianca e la Santa Sede potrebbero trovare un terreno comune di dialogo, sia pure per ragioni diverse, come ha confermato martedì il segretario di Stato americano John Kerry.

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