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La prima settimana di intervento russo in Siria

La Russia festeggia il compleanno di Vladimir Putin e la prima settimana d’intervento al fianco del regime siriano di Bashar el Assad con dei particolari fuochi d’artificio: il gruppo da battaglia navale del Mar Caspio ha lanciato stamattina presto 26 missili da crociera 3M14TE Kalibr-NK che hanno colpito altrettanti obiettivi in territorio siriano. Un gesto anche simbolico, che sottolinea il coinvolgimento diretto dalla Madre patria e in più evidenzia l’impegno russo, che mette a disposizione della missione le migliori tecnologie ─ circostanza già segnalata, quando si è saputo che erano stato portati in Siria i Su-34 Fullback, i caccia più tecnologici a disposizione di Mosca. (Anche gli Stati Uniti avevano colpito in Siria, i primi giorni della campagna della Coalizione utilizzando missili cruise, diretti in quel caso nell’area di Aleppo, contro le postazioni del fantomatico gruppo qaedista Khorosan ─ e anche gli Stati Uniti hanno bombardato utilizzando per la prima volta in un teatro operativo i migliori caccia disponibili, gli YF22.

Stamane è iniziata anche la grande offensiva dell’esercito governativo nella zona di Hama, dove la pressione dei ribelli “non IS” sta incalzando il regime. L’area rappresentata l’estremo orientale del territorio ancora in mano a Damasco ─ che è ormai il 20 per cento del totale. L’offensiva su Hama è condotta dal SAA, il Syrian Arab Army, Russia-backed: per il momento Mosca si limita a fornire un consistente appoggio aereo, ma non è improbabile che ci siano “aiuti” di terra nei prossimi giorni ─ il Wall Street Journal scrive che sarebbe in arrivo un battaglione di rinforzo e oggi è stato tracciato il volo sospetto di un cargo IL76 diretto ad Hama e partito da Damasco.

Tuttavia, dal campo di battaglia escono le notizie cui ci si era abituati da anni. Internet è piena di video odierni, in cui si vedono missili anticarro sparati dai ribelli contro i mezzi siriani (colpiti con i Tow di fabbricazione americana, inizialmente forniti a pochissimi gruppi fidati che combattono Assad tramite alcuni stati arabi in accordo con la Cia, poi passati di mano in mano tra furti e rovesciamenti). La “consulenza” russa ai disorganizzati soldati assadisti per il momento non sembra funzionare, dunque: carri armati e blindati non sfondano e i ribelli (nella zona è attivo il Jaysh al Fatah, un forte raggruppamento) sembrano fare campo tiro contro il SAA.

Il trionfalismo che ha accompagnato l’intervento russo si dimostra più che altro attività di propaganda, a cui hanno prestato sponda disattenti e neo-filorussi sgangherati. L’aumento del coinvolgimento della Russia nella guerra civile siriana, non sta facendo altro che aumentare l’inerzia del conflitto e allungarne l’agonia.

Nemmeno chi credeva che Putin fosse il supereroe che sconfiggeva d’un botto il Califfo, può cantare vittoria. L’aviazione di Mosca ha colpito il Califfato solo su Twitter e Russia Today, campi di battaglia della disinformatia russa. I numeri che girano invece parlano di 55 raid aerei (non confermati) di cui soltanto 2 hanno colpito l’IS. Anzi, se si fa una valutazione strategica, attaccare “i ribelli di Hama”, che sono nemici dichiarati tanto di Assad quanto del Califfo, favorisce lo Stato islamico.

Contemporaneamente si lavora sul piano diplomatico. Russia e Stati Uniti sono al lavoro per stabilire un qualche meccanismo che possa evitare incidenti, e che forse rappresenterebbe il primo step per un qualche genere di coordinamento di azioni contro lo Stato islamico ─ martedì due caccia Su34 russi hanno volato a meno di venti miglia da altri due F16 decollati da Incirlik, in Turchia, e questo è solo uno di diversi casi del genere avvenuti in questi giorni non si sa se solo per casualità oppure anche per provocazione russa.

Ieri una delegazione da Mosca, guidata da Nikolai Bogdanovsky, vice capo di stato maggiore russo, è volata a Tel Aviv per incontrare i vertici militari israeliani. L’incontro segue di pochi giorni la visita in senso opposto, con cui il premier Benjamin Netanyahu era andato nella capitale russa per incontrare Putin e avere garanzie sull’intervento in Siria (Israele vuole poter mantenere in piedi la linea strategica con cui colpisce anche oltre confine siriano tutto ciò che crede essere rifornimento armi diretto a Hezbollah). Secondo quanto ha scritto Ynet, l’incontro di ieri si sarebbe concluso con la volontà di Israele di condividere info di intelligence con i russi sulle aree di conflitto prossime al proprio confine (che è continuamente monitorato dai droni di Tel Aviv). La notizia sembra però basarsi su un report di Channel 2 inesistente e dunque va meglio approfondita e chiarita ─ se non classificata come “disinformatia” russa.

@danemblog 

 

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