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Quanto ondeggia l’Italia sull’Ucraina

Mentre anche il Regno Unito annuncia l’invio di centocinquanta soldati in Polonia e Ucraina, c’è un Paese che fino ad ora, al di là delle dichiarazioni, si è dimostrato freddo nei confronti della crisi di Kiev: l’Italia.

UNA POSIZIONE ONDIVAGA

La posizione di Roma, si nota in ambienti diplomatici, non è sfuggita oltreoceano, nemmeno durante i recenti colloqui con rappresentanti Usa, compreso quello tenuto mercoledì scorso a Roma tra il ministro della Difesa Roberta Pinotti e il numero uno del Pentagono, Ashton Carter. Washington continua ad avere un atteggiamento intransigente – forse ancor più che rispetto allo Stato Islamico – nei confronti delle aggressioni russe che hanno portato all’annessione unilaterale della Crimea, ai disordini nelle province nell’Est ucraino e che ora preoccupano alcuni alleati Nato come Varsavia e i Paesi Baltici. L’Italia, invece, fanno notare diversi osservatori, è ritenuta oscillante, per usare un eufemismo.

SANZIONI ININFLUENTI?

Se la ragione di ciò è il presunto calo dell’export italiano a causa delle sanzioni a Mosca, rilevano da tempo gli Stati Uniti, Roma non ha ragione di preoccuparsi troppo, come si evincerebbe dalle cifre di fonte russa messe nero su bianco in un documento che Casa Bianca e Dipartimento di Stato americano avevano consegnato alla delegazione italiana al G7 di Elmau. Nel dossier – intitolato “OCE Paper on Italy’s Trade with Russia under Sanctions” – fitto di cifre, prese dalle statistiche ufficiali di Mosca, si confutava quanto dice la Confindustria italiana “secondo cui la nostra economia pagherebbe un prezzo eccessivo per la caduta dell’export verso la Russia“. Mentre si metteva in luce come a far crollare gli interscambi russi, non solo con Roma, avessero pesato molto di più il calo del prezzo del petrolio e il mini rublo.

IL SOSTEGNO CHE MANCA

L’Ucraina ha chiesto da tempo un sostegno concreto all’Alleanza Atlantica: non armi, ma ad esempio, rimarcava il Daily Beast, tecnologia all’avanguardia per neutralizzare o controllare le sofisticate armi fornite da Mosca ai ribelli filo russi. Ciascun membro della Nato, ricorda il sito governativo russo Sputnik, doveva prendere “una decisione individuale sul tipo di assistenza tecnico-materiale, tecnico-militare da fornire” al Paese. E mentre altri Paesi hanno esaudito le richieste di Kiev, Roma non ha ancora risposto all’appello, facendo registrare una distanza sempre maggiore non solo dalle posizioni della Casa Bianca, ma anche di partner dell’Ue come Londra e Parigi. O anche da Berlino, che – racconta l’International Business Times – ha lanciato un messaggio chiaro al Cremlino, annunciando l’invio di 154 mila dei suoi circa 180 mila soldati attivi e l’aggiunta di altri 20 milioni di euro nel suo bilancio militare di quest’anno per le esercitazioni militari della Nato, mosse lette dalla testata come “un avvertimento velato alla Russia circa il suo coinvolgimento nel violento conflitto civile in Ucraina”.

LE MOSSE DELLA NATO

A seguito dei timori di Kiev, spiegava a marzo dello scorso anno Il Sole 24 Ore, “la Nato aveva deciso di far alzare in volo i suoi aerei radar sui cieli di Polonia e Romania ‘per monitorare la crisi in Ucraina’, precisando che i voli di ricognizione degli Awacs sono ‘esclusivamente’ sul territorio dell’Alleanza” su decisione del Consiglio Atlantico (Kiev non è membro della Nato). “I voli degli aerei Awacs (Airborne Early Warning and Control Aircrafy, aerei per l’allerta ed il controllo anticipati) – aggiunse il quotidiano confindustriale – partono dalle basi di Geilenkirchen in Germania e Waddington nel Regno Unito”.

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