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Ecco le armi chimiche e radioattive che inquinano la Russia

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Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Maicol Mercuriali apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Nei giorni in cui la Russia è al centro delle attenzioni internazionali per l’intervento militare in Siria, le autorità della Federazione annunciano che l’arsenale chimico del paese è stato distrutto. Una notizia che dovrebbe servire per rassicurare gli osservatori internazionali.

Oltre settemila tonnellate di agenti tossici, stando all’Agenzia federale che si occupa dell’eliminazione delle armi chimiche, sarebbero state rese innocue. Il cuore dell’arsenale chimico della Russia, quindi, non ci sarebbe più.

A Pochep, una città della Regione di Bryansk (al confine tra Bielorussia e Ucraina), c’era il più grande deposito di munizioni chimiche. E qui un’azienda specializzata dal 2010 provvedeva allo smaltimento di queste armi. Come riporta l’agenzia Tass, nei giorni scorsi un portavoce dell’Agenzia federale ha annunciato che l’ultima bomba chimica è stata distrutta il 26 settembre. E così si è concluso un lavoro durato 5 anni, in cui sono state trattate oltre 67 mila munizioni in dotazione all’Aeronautica per un totale di quasi 7.500 tonnellate di agenti tossici, tra cui sostanze come il Sarin (un gas nervino) o il Soman. Il 92% delle armi chimiche in mano alla Russia dovrebbero essere distrutte entro questo mese; mentre l’eliminazione proseguirà anche l’anno prossimo nello stabilimento di Kizner, nella repubblica dell’Udmurtia (un territorio vicino agli Urali).

Ma la Russia è alle prese anche con lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. È stato approvato un progetto per costruire un nuovo impianto per il trattamento delle scorie nucleari nel villaggio siberiano di Shiryayeva, nella regione di Irkutsk, a cento chilometri dal lago Baikal. Ma contro il progetto della RusRao è stata lanciata una petizione su Change.org che ha quasi raggiunto le 35 mila sottoscrizioni, mentre i residenti della zona hanno raccolto oltre 25mila firme, come riporta il Baikal Daily. Un doppio appello al presidente Vladimir Putin perché fermi il progetto per trattare i rifiuti metallici radioattivi, si parla di circa 35 mila tonnellate che dallo stabilimento di Angarsk (sempre nella stessa regione) saranno trasferiti nel nuovo impianto di smaltimento, il quale sarà in grado di trattare duemila tonnellate di materiali radioattivi all’anno.

Accanto alle preoccupazione dei residenti ci sono quelle degli ambientalisti. Sergei Korenblit, professore di fisica all’Università di Irkutsk, ha spiegato al Moscow Times come un incidente nel nuovo impianto potrebbe essere potenzialmente devastante per l’ecosistema della zona. Il lago Baikal, patrimonio mondiale dell’Unesco dal 1996, è il lago d’acqua dolce più grande al mondo e anche il più profondo: un gioiello della natura che, però, dai tempi dell’Unione Sovietica viene sfruttato senza scrupoli. Nelle sue acque vengono riversati gli scarichi di città e industrie. Come la fabbrica di cellulosa aperta sulle sue rive nel 1966. Questa attività, assieme a tante altre, sta minando la straordinaria biodiversità del lago. Il timore, a questo punto, è che un impianto per il trattamento di rifiuti nucleari possa dare il colpo di grazia.

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