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Pensioni, flessibilità in uscita? Eravamo su Scherzi a Parte

Contrordine compagni! Le pensioni non si toccano. Di flessibilità in uscita non si parlerà nella prossima Legge di stabilità. Tutto il dibattito di questi mesi non è altro che – come dice il Qoelet – ‘’vuoto e fame di vento’’.  Che cosa penseranno all’Inps (succursale romana de o) ? Il presidente Tito Boeri ha presentato decine di proposte, è stato ‘’audito’’ più volte dalle Commissioni Lavoro, a Montecitorio e a Palazzo Madama, misurandosi con i disegni di legge sulla flessibilità in uscita maturati in quelle sedi per iniziativa di tutti i gruppi ed iscritte all’ordine del giorno.

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Non occorreva essere indovini per immaginare che sarebbe finita così. Il governo si è accorto che non è possibile ridurre le tasse e aumentare contemporaneamente la spesa in un settore – come quello della previdenza – sorvegliato a vista dalla Ue, dalle istituzioni internazionali e dai mercati. A meno di non dover ricorrere a tagli – socialmente insostenibili – sugli assegni corrisposti in anticipo a persone ancora in grado di lavorare.

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Quanti hanno seguito il dibattito che ha accompagnato il percorso legislativo del Jobs act, ricorderanno, senz’altro, un progetto ricorrente del ministro Giuliano Poletti: quello di chiedere qualche contropartita, in chiave solidaristica, ai lavoratori che fruiscono di strumenti di sostegno del reddito (Cig, Cigs, ecc.). Costoro, se ultrasessantenni, potranno essere chiamati a svolgere un’attività di pubblica utilità da parte delle amministrazioni pubbliche, ricevendo in cambio un’indennità d’importo pari all’assegno sociale (448,52 euro al mese nel 2015).  L’assegno è incompatibile (quindi non cumulabile) con eventuali pensioni dirette IVS (non così per i titolari di pensioni e assegni di invalidità civile). Pertanto, i pensionati che svolgono lavori di pubblica utilità sono tenuti ad  optare tra la pensione e l’assegno. E’ la solita storia che caratterizza l’azione ‘’giovanilistica’’ di questo governo: i pensionati non devono lavorare e, se insistono per farlo, non devono essere retribuiti.

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Ignazio Marino ha minacciato di ‘’fare i nomi’’. Ha assicurato, però, che non farà mai i cognomi.

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