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Ecco la lista arcobaleno degli ultra liberal-europeisti che (con Prodi e montiani doc) sfidano Popolari e Socialisti

Europeismo radicale e riforma federalista dell’Unione Europea per non tornare indietro negli angusti steccati nazionali. È lo slogan scelto in vista del voto per l’Assemblea di Strasburgo dal candidato dell’Alleanza dei liberali e democratici alla presidenza della Commissione Ue Guy Verhofstadt, premier del Belgio tra il 1999 e il 2008. “Scelta Europea”, promossa con il contributo – fra gli altri – del parlamentare dell’Italia dei Valori Niccolò Rinaldi e presentata nella sede romana della Stampa estera, sarà il nome della lista che in Italia, come negli altri Paesi del Vecchio continente, aggregherà una costellazione di forze, movimenti, sigle e fondazioni accomunati da un ancoraggio politico-culturale nell’ALDE e con la benedizione di Romano Prodi che ha partecipato all’evento con un video-messaggio, a pochi giorni dall’adesione del Pd al Pse.

UNA GALASSIA MULTICOLORE

Un’alleanza di 13 forze, che comprendono Scelta Civica, rappresentata dai due capigruppo Andrea Romano e Gianluca Susta e giunta all’approdo nell’ALDE al termine di un rapporto travagliato con le componenti cattolico-popolari; Fermare il declino di Michele Boldrin ed Ezio Bussoletti; Centro democratico di Bruno Tabacci, il quale aderisce di slancio a “un progetto rivolto a un elettorato vasto che, come ricordò Aldo Moro nel suo ultimo intervento pubblico il 28 febbraio 1978, veniva prima di quello popolare e Dc”; Conservatori sociali e Riformisti europei di Cristiana Muscardini; Partito liberale di Stefano De Luca protagonista di un rapporto burrascoso con l’economista padovano leader di Fare; Partito federalista europeo di Stefania Schipani, LibMov di Giulio Ercolessi, Federazione dei Liberali di Raffaello Morelli; Alleanza liberal-democratica coordinata da Silvia Enrico e fondata tra gli altri da Oscar Giannino, Alessandro De Nicola.

DEFEZIONI E ADESIONI

Nessuno degli esponenti di spicco di ALI era tuttavia presente alla conferenza stampa, così come era evidente l’assenza dei Radicali italiani di Emma Bonino e Marco Pannella, gli eredi più rigorosi dell’orizzonte prefigurato nel Manifesto di Ventotene da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, orientati a non partecipare a una competizione a loro giudizio falsata in termini di democrazia politica, legalità e diritto alla conoscenza.

Una manifestazione di interesse viene invece da figure autorevoli della storia liberale della prima Repubblica come il presidente della Fondazione “Luigi Einaudi” Valerio Zanone e l’ex leader del PLI Renato Altissimo, dal segretario del Partito repubblicano Francesco Nucara e dal direttore Ricerche e studi dell’Istituto “Bruno Leoni” Carlo Stagnaro. Alla composita alleanza aderiranno presto le formazioni costitutive del Partito democratico europeo, il gruppo centrista riformatore gemellato con l’ALDE che annovera l’Alleanza per l’Italia di Francesco Rutelli e il Modem di Francois Bayrou.

Fermenti e sommovimenti che evidenziano un quadro magmatico e in evoluzione. Nel quale però rivalità e micro-conflitti mescolati a piccolo cabotaggio e tatticismi rischiano di neutralizzare un progetto alternativo al polo moderato/popolare e al nuovo “Pd socialista”.

L’ENDORSEMENT DI PRODI

Un’investitura di rilievo viene da Romano Prodi, che ricorda il lavoro condiviso con Verhofstadt per promuovere l’allargamento dell’Unione Europea a 10 nuovi Stati, riformare la Commissione Ue, attuare la la moneta unica, portare avanti la battaglia per la Costituzione “bloccata dal risorgere dei nazionalismi”. Un percorso da riprendere per l’ex presidente dell’esecutivo comunitario, che elogia la costruzione di un progetto capace di mescolare candidati di varie nazionalità per giungere a una legittimazione popolare delle istituzioni europee.

L’ex premier spera che l’esperimento dell’ALDE venga imitato dalle altre famiglie politiche: “Perché solo così potremo conferire solidità all’Unione economico-monetaria e realizzare un’autentica politica estera e di difesa comune, unica veste in cui è pensabile contare nel mondo”. Altrimenti, precisa Prodi, le elezioni europee saranno sempre un voto nazionale che si tinge del colore blu dell’Assemblea di Strasburgo.

LA SCOMMESSA DEL BELGA

Alla guida del terzo gruppo partitico nel Parlamento europeo forte di 85 rappresentanti, Guy Verhofstadt parla di rottura innovativa rispetto al patto di potere tra Popolari e Socialisti egemoni a Bruxelles e Berlino. Un “progetto radicalmente europeista e federale” contro l’immobilismo dei finti europeisti che privilegiano i rapporti intergovernativi alla costruzione di un’autentica unione politica. E alternativo al facile gioco demagogico anti-europeo delle formazioni populiste che vogliono bloccare per sempre il percorso di integrazione comunitaria e richiuderci nel cupo e illusorio orizzonte nazionalista.

La crisi del Vecchio Continente, spiega l’ex capo del governo belga, è prima di tutto politica. Per questo motivo è necessaria una forza radicalmente europea, visto che al G8 di Sochi l’Ue in quanto tale non sarà presente di fronte alle grandi potenze regionali del pianeta. La risposta, rimarca il presidente dell’ALDE, che per il voto di fine maggio ha elaborato un Manifesto ad hoc, non può essere fornita dal PSE, al potere in molti Paesi europei, attardato su ricette obsolete di crescita fondata sulla spesa pubblica e sul ruolo strategico dello Stato. E non può essere offerta da un PPE “guardiano dello status quo”.

L’alternativa liberale ha una proiezione profondamente italiana. L’obiettivo è costruire un progetto riformatore in grado di rompere il predominio di Pd e Forza Italia, additati come responsabili della crisi che percorre il nostro Paese: “E che puntano a compensare il loro immobilismo fallimentare con una soglia di sbarramento elettorale elevata e discriminatoria verso i piccoli partiti”.

NESSUNA ALLEANZA CON I VERDI

L’orizzonte federalista che ispira la scommessa di Verhofstadt presenta forti consonanze con i Verdi dell’Alleanza libera europea. Un gruppo che grazie all’azione portata avanti da Daniel Cohn-Bendit e Joschka Fischer ha compiuto una svolta pragmatica e liberale in politica economica ed estera, emancipandosi dall’originario retaggio fondamentalista, anti-industriale e pacifista. Non è casuale che l’ex premier belga abbia scritto con il leader di Europe Ècologie il libro “Per l’Europa. Manifesto per una rivoluzione unitaria” e fondato a Strasburgo il “Gruppo Spinelli”.

Un’affinità che non si è tradotta in un percorso politico-elettorale condiviso. Verhofstadt conferma la comune propensione per un’Europa federale, la forte attitudine ambientalista e l’opzione per la green economy. Ma esclude la creazione di un’alleanza laico-ecologista che avrebbe potuto insidiare seriamente il predominio popolare e socialista dell’Ue: “Restiamo forze differenti. E Daniel ha preferito rinunciare alla campagna elettorale per altri impegni”.

LE CONTRADDIZIONI SULL’AUSTERITA’

La piattaforma con cui l’ALDE si rivolge ai cittadini del Vecchio Continente invoca una rottura dello status quo. Anche nel terreno economico-sociale. Tuttavia, come già rilevato per gli esponenti socialisti, emergono contraddizioni, incertezze e timidezze nel mettere in discussione i pilastri dell’austerità finanziaria a trazione germanica e la validità del Fiscal Compact.

Tanto più che i liberali europei partecipano a pieno titolo e in forza all’attuale esecutivo comunitario. Ricoprendo ruoli di spicco nella Commissione Ue con Cecilia Malmström agli Affari interni, Neelie Kroes all’Agenda digitale. E soprattutto con Olli Rehn agli Affari economici e monetari: guardiano intransigente, con i suoi moniti reiterati, del rispetto dei parametri del Patto di stabilità e che con l’ex premier belga forma il ticket elettorale per l’Assemblea di Strasburgo.

IL TICKET CON REHN

Scelta che Verhofstadt difende con convinzione, osservando come a una necessaria disciplina di bilancio debbano affiancarsi politiche per la crescita che oggi mancano: “Rehn, che vuole applicare le regole del Patto per tutti i paesi, lo ricorda sempre”. Efficace strategia di sviluppo che per il presidente dell’ALDE presenta i contorni dell’Unione bancaria, ritenuta fondamentale per finanziare in maniera sana la ripresa produttiva del Vecchio Continente.

Ma l’ex premier belga non reputa prioritario superare i vincoli di bilancio del 60 e del 3 per cento stabiliti nel rapporto tra deficit e Prodotto interno lordo 17 anni fa, in una fase economica espansiva. Lo sforamento del quale fu permesso nel 2003-2004 a Francia e Germania per facilitare la realizzazione, soprattutto a Berlino con il governo Schröeder, di grandi riforme strutturali per un’economia competitiva. E per una moderna e lungimirante politica industriale.

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