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Rehn e Hollande tentano di limare l’austerità tedesca

Il gran ballo della Commissione europea continua, con una coreografia che spiazza i Paesi dell’Unione con gli occhi puntati sui bilanci e sui parametri di Maastricht. Un’apertura del commissario per gli Affari economici e monetari Olli Rehn sulla possibilità di concedere più tempo sui programmi nazionali di riduzione dei deficit, smentita, viene oggi spolverata e ribadita.

La confusione non è frutto di un errore di stampa, ma riflette le crepe della Commissione sulla linea economica da tenere. Disgelo tedesco? Sembra prematuro parlarne, a maggior ragione dopo l’approvazione di un budget Ue al ribasso e dopo la presa di posizione al G20 di Mosca del presidente della Bundesbank, Jeans Weidmann. Le riforme e il risanamento restano il perno delle politiche di Bruxelles che l’apertura sui tempi scalfisce ben poco. Il poco che basta, tuttavia, per far fare mezzo respiro ai Paesi dell’Unione col cappio al collo.

Le dichiarazioni di Rehn

La Commissione europea continua quindi a ventilare la possibilità di concessioni a favore dei Paesi dell’area euro sui tempi di risanamento dei conti pubblici. “I Paesi possono avere più tempo sugli obiettivi di deficit, se effettuano gli sforzi strutturali richiesti”, ha affermato il commissario agli Affari economici Olli Rehn.

Nell’elargire eventuali concessioni sui tempi del risanamento dei conti pubblici, la Commissione europea “terrà conto delle sfide specifiche di ogni Stato membro”, ha specificato Rehn.

La condizionalità delle riforme

Il commissario ha sottolineato che in generale i Paesi devono portare avanti i programmi di aggiustamento dei bilanci. Ma in caso di bruschi peggioramenti dell’economia i governi possono ottenere tempi supplementari per centrare gli obiettivi. “Un Paese può ottenere tempo supplementare per correggere il suo deficit” se nel frattempo “sta portando avanti le riforme strutturali necessarie” e effettuando gli sforzi ritenuti appropriati per ridurre il disavanzo, ha detto Rehn.

Il caso italiano

Nonostante l’ottimismo del governatore della Bce, Mario Draghi, sulla svolta economica e produttiva per l’Eurozona a partire dal secondo semestre del 2013, le prospettive reali per l’anno in corso risentono del contraccolpo troppo forte impresso dalla crisi del 2012. L’Italia, che si è imposta come regola il pareggio di bilancio, nel 2013 dovrebbe registrare una variazione del Pil pari a –0,9% rispetto al 2012, per poi tornare su valori di crescita lievemente positivi nel 2014 (0,6% rispetto al 2013).

La posizione di Hollande e la crisi francese

Ma i dati non sconfortano solo Roma. La Francia del socialista François Hollande probabilmente non riuscirà a raggiungere l’obiettivo di ridurre il deficit del settore pubblico al 3% del Pil. Il consolidamento dei conti pubblici è da rimandare al 2014, sebbene i mercati internazionali comincino a dubitare delle capacità di ripresa del Paese.

Il presidente Hollande ha espresso ancora una volta la sua netta opposizione ad una politica europea austerity “senza fine” in Grecia alla vigilia di una sua visita nel Paese ellenico. “Misure di sostegno alla crescita sono indispensabili. Rifiuto una Europa che condanni i Paesi ad una austerity senza fine”, ha insistito.

Il travaglio per l’approvazione del budget Ue

La decisione, che nelle intenzioni dovrebbe limitare i danni per impedire che troppa austerità freni la crescita, giunge a seguito di un lungo e duro dibattito che ha portato, non senza polemiche, all’approvazione di un bilancio europeo pluriennale contraddistinto soprattutto da tagli e fortemente criticato alcuni Paesi, da esponenti politici italiani e dagli stessi eurogruppi.

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