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Vi spiego la mossa di Napolitano. Parla Campi

Le commissioni nominate da Napolitano? Una mossa “non per perdere, ma per prendere tempo”. Parola del politologo Alessandro Campi. Dopo Sofia Ventura e Giovanni Sabbatucci, Formiche.net intervista il docente di Storia del pensiero politico all’Università di Perugia, secondo cui per una nuova legge elettorale basterebbero anche quindici giorni.

Erano necessari dieci saggi per certificare il complesso di patologie che affliggono il Paese?
“Alla luce della situazione che si è determinata con il voto e con l’indisponibilità registrata tra le forze politiche a collaborare per la nascita di un nuovo governo, la scelta di far nascere le due commissioni è stata pressoché necessaria. E non per perdere del tempo, come qualcuno ha accusato, ma per guadagnarne, ovvero tentare di far decantare la situazione per offrire una soluzione minimamente razionale a questa incredibile congiuntura che si è creata in Italia con la sovrapposizione contemporanea di numerose scadenze istituzionali. Un ingorgo mai realizzatosi nella storia della Repubblica”.

Perché una forzatura da parte del Colle era impraticabile?
“Una volta preso atto del blocco esistente tra le forze politiche, il Capo dello Stato ha preferito non forzare la mano dal punto di vita costituzionale, non avendo peraltro armi a sua disposizione che gli consentissero di far nascere il cosiddetto governo del Presidente. Al tempo stesso non se l’è sentita di vincolare l’operato del suo successore, visto il poco tempo che rimane alla scadenza del suo mandato. Quindi ha optato per una soluzione obiettivamente inedita e transitoria, che però, volendo prendere il buono di questa situazione, potrebbe produrre anche qualche effetto positivo. Ma non sarà l’embrione di un futuro governo, tantomeno sostitutiva del Parlamento.

Alesina e Giavazzi sul Corriere della Sera di oggi sentenziano: “A corto di idee e senza capitali”. Quali reali vantaggi potranno apportare i saggi, allora?
“Le questioni aperte sono note a tutti: la legge elettorale, se si dovesse tornare alle urne in tempi brevi non si potrebbe farlo con l’attuale dispositivo; misure urgenti sull’economia, alla luce di prossime scadenze che potrebbero abbattersi sulle tasche degli italiani. É presumibile che si cerchi di pescare nei programmi dei partiti in vista di possibili convergenze, per impedire ciò che osserva proprio Giavazzi: che tra le tante crisi in cui versiamo, economica, sociale, istituzionale, ve ne sia anche una di progettualità. Sui problemi siamo tutti d’accordo, mancano ricette che non siano antiquate o scontate.

Immaginiamo una road map: se si trovasse una base di accordo già tra dieci giorni, in quanto sarebbe pronta una nuova legge elettorale?
“Dipende solo dall’accordo parlamentare. Se c’è convergenza politica si può cambiare anche in quindici giorni. Certo, se se ne vuole fare una ex novo è un conto, ma se si volesse anche solo modificare quel comma che rende il Porcellum un disastro, ovvero l’assegnazione su base regionale del premio di maggioranza anche al Senato, allora servirebbe veramente poco tempo. Resterebbe sempre una legge iniqua, ma almeno avremmo un vincitore”.

Alla fine Berlusconi e Bersani non potranno che incontrarsi, o no?
“Bisogna rendersi conto che questo gioco di veti non è solo frutto dell’ultima campagna elettorale avvelenata: rischieremmo di non capirci su ciò che è stata la storia d’Italia degli ultimi vent’anni. Si sono accumulati risentimenti, pregiudizi, avversioni, frustrazioni in modo particolare della sinistra nei confronti di un avversario dato molte volte per morto e che invece poi si è sempre ritrovato fra i piedi, più forte e più vivo di prima. Un po’ l’emblema della seconda Repubblica, e quando hanno provato a trovare terreni di confronto hanno fatto clamorosamente flop, come ci ricorda la commissione bicamerale, accusandosi reciprocamente di aver barato. Il solito gioco dell’oca, in cui si torna sempre al punto di partenza”.

twitter @FDepalo

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