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La proposta di Kerry (in Russia) per la Siria

Dalla Russia John Kerry lancia la proposta per una conferenza internazionale che metta allo stesso tavolo sia i rappresentanti del governo siriano sia i ribelli che da oltre due anni combattono per rovesciare il presidente Bashar al Assad.

La proposta di un incontro da svolgersi al più presto, forse già a fine mese, è uscita dai colloqui del segretario di Stato americano con il presidente Vladimir Putin e con il numero uno della diplomazia russo, Sergei Lavrov.

La situazione in Siria è evoluta ormai da protesta contro il regime e guerra civile che ha fatto già almeno 70mila morti, con lo spettro dell’uso delle armi chimiche, la linea rossa per il governo di Damasco tracciata dal presidente Obama e mentre la procuratrice Onu Carla Del Ponte non ha escluso a colloquio con la televisione svizzera che gli stessi oppositori possano aver usato gas sarin. Mentre di oggi è la notizia di un calo vertiginoso delle connessioni internet in Siria e il sospetto di un nuovo blackout imposto dal regime per tagliare le comunicazioni, come già accaduto a novembre e come già visto durante le proteste egiziane e libiche contro Hosni Mubarak e Muammar Gheddafi.

La proposta di Stati Uniti e Russia, quest’ultima vicina a Damasco, ha come base il comunicato di Ginevra raggiunto l’anno scorso, che prevede l’istituzione di un governo di transizione di cui facciano parte esponenti di entrambe le parti in conflitto. Con gli Usa favorevoli a un passo indietro di Assad che avrebbe dovuto lasciare il potere. Posizione non gradita alla Russia, sebbene continui a ripetere di non volere salvaguardare una persona ma proteggere il popolo siriano.

L’uscita moscovita di Kerry è l’ultimo appuntamento in ordine di tempo di quella che Elise Labott sulla Cnn ha definito l’attitudine del segretario di Stato a sporcarsi le mani.

Nei quattro anni di mandato il suo predecessore a capo degli Esteri, la signora Hillary Clinton, ha macinato chilometri e portato all’attenzione della diplomazia Usa temi come il rispetto per i diritti delle donne, la libertà su internet, la sicurezza alimentare. Un’agenda che rifletteva anche la possibile ambizione presidenziale di Clinton nel 2016 . Al contrario per Kerry, già sconfitto da George. W. Bush nella corsa alla Casa Bianca del 2004, l’incarico di segretario di Stato è “il canto del cigno”.

Dall’inizio del mandato Kerry ha visitato 20 Paesi. Le prime uscite si sono concentrate sui tradizionali interessi Usa in Europa e Medio Oriente, facendo ipotizzare che avesse potuto discostarsi, anche se di poco, dall’attenzione all’Asia diventata nuovo pivot della politica estera seguita dell’amministrazione statunitense sotto il tandem Obama-Clinton. Alcuni risultati sono stati il riavvicinamento tra Israele e Turchia a margine del viaggio di Obama nella regione, con la telefonata tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il suo omologo turco Erdogan.

C’è stato poi il tour asiatico in Corea del Sud, Cina e Giappone per affrontare le tensioni nella penisola coreana, ora in calo, con il regime di Pyongyang che sembra aver abbassato i toni belligeranti. O ancora l’incontro a tre con il presidente afgano Hamid Karzai e il capo delle Forze armate pakistane, Ashfaq Pervez Kayani a Bruxelles nel mezzo delle tensioni tra i due Paesi per l’avvicinarsi del ritiro delle truppe internazionali dall’Afghanistan.

Infine la spinta verso il sostegno con armi non letali ai ribelli siriani nella speranza di unire le fazioni anti-Assad ed emarginare quelle più vicine alla galassia qaedista e islamista. Diplomazia quindi, apprezzata stando a quanto dicono le fonti citate dalla Cnn.

Ogni tanto il segretario di Stato continua a parlare come se fosse un semplice senatore che spiega la sua visione della politica estera, costringendo i portavoce a chiarire le sue dichiarazioni come quando dopo l’attentato di Boston disse che Tamerlan Tsarnaev abbraccio le idee radicali dopo un viaggio in Russia, quando le motivazioni del ragazzo non erano ancora chiare e l’amministrazione manteneva il silenzio.

Il suo obiettivo è tuttavia trovare una soluzione al conflitto israelo-palestinese. Kerry è in costate contatto sia con Netanyahu sia con il presidente palestinese Abu Mazen. Nei giorni scorsi ha avuto colloqui con i rappresentati della Lega Araba e ha trovato un’intesa per la formula dei due Stati sui confini del 1967, con possibili scambi di terra. Nella pratica potrebbe però fallire per le divergenze e la mancanza di fiducia tra le parti. Come ricorda Labott, la visione di Kerry sembra molto più rosea di quella obamiana. Forse perché appena agli inizi.

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