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Krugman ha ragione a criticare gli austeri bocconiani. Parola di prof. bocconiano

Il dito del premio Nobel statunitense Paul Krugman non è puntato solo contro l’austerità. Anche i nomi dei padri fondatori della teoria che ha plasmato le politiche economiche nell’eurozona negli ultimi anni sono chiari nel suo intervento sul The New York Review of Books. Si tratta dei “Bocconi boys” Alberto Alesina e Silvia Ardagna, entrambi partiti dall’ateneo milanese per poi arrivare a Harvard, sostenitori della “austerità espansiva”. Un’accoppiata a cui in genere non sfugge nemmeno l’economista bocconiano Francesco Giavazzi, che anzi è considerato un capostipite dei bocconiani presi di mira da Krugman

Le elucubrazioni mentali

Ma la posizione anti-austerity sostenuta dal Nobel Krugman è condivisa anche all’interno della stessa Università milanese. In una conversazione con Formiche.net Roberto Artoni, docente di Scienze delle Finanze, sottolinea: “Le tesi di Alesina e Ardagna sono peculiari. Secondo loro tagliando la domanda per qualche strana elucubrazione mentale ci sarebbe un’espansione economica, una tesi che sembrava, da tempo, ai più molto assurda. Nel frattempo la critica è stata portata avanti duramente dal Nobel americano Paul Krugman”.

Il supporto all’austerità da parte delle elite

Non solo. Paul Krugman riprende un articolo recente di Noah Smith per offrire un diverso punto di vista sul motivo per cui le élite politiche ed economiche continuano ad offrire tutto questo supporto all’austerità, nonostante il chiaro fallimento avuto in pratica. Le élite, sostiene Smith, vedono la crisi economica come un’opportunità per spingere le riforme che vogliono loro, ma che non servono nell’interesse della crescita economica, e si oppongono ad ogni politica che potrebbe mitigare il collasso economico senza il bisogno di questi cambiamenti. “In momenti di crisi – spiega Artoni – c’è chi sostiene di dover approfittare per ricostituire l’ordine naturale del mercato, con un intervento statale inesistente o ridotto ai minimi termini”. E secondo Artoni, “il tutto senza pensare che certi istituti tipici dello Stato sociale sono nati proprio a seguito di fallimenti dell’economia di mercato”. In questo senso quindi, il professore della Bocconi si dice “perfettamente d’accordo con Krugman”.

Il confronto con la crisi degli anni Trenta

D’altra parte, “ci troviamo di fronte a dati macroeconomici spaventosi, e ad un livello di crisi paragonabile a quello degli anni Trenta. Per uscirne la Germania all’epoca creò il nazismo, e in effetti alla crisi si è posto fine grazie al riarmo. Speriamo di uscirne stavolta con una soluzione migliore”, aggiunge Artoni.

Le politiche delle banche centrali nel mondo

Ma intanto, i critici dell’austerità, e non solo, condannano le politiche monetarie espansive condotte specialmente da Fed e Bank of Japan. I provvedimenti di Tokyo ad esempio secondo il guru della finanza George Soros potrebbero dare il via ad valanga speculativa. Scenario reale? “Tutto dipenderà dal fattore tempo, cioè quanto a lungo verranno portate avanti queste politiche. Bisogna sottolineare però che gli Stati Uniti si sono salvati dall’aggravamento della crisi grazie alla linea adottata dalla Fed e dalla politica di bilancio”.

Le cartucce di Draghi? Esaurite

E lo scenario dell’eurozona? Quali carte può ancora giocare il governatore della Bce Mario Draghi? “Le cartucce di Draghi sono esaurite. Al massimo la Bce potrà pensare a rendere negativi i tassi d’interesse, una penalizzazione bancaria che è tecnicamente possibile”. Il versante delicato è quindi un altro. “Politicamente la decisione sembra più complicata, e l’unica speranza è attendere l’esito delle elezioni tedesche di settembre”. L’estate non è il criterio temporale usato solo per misurare i governi. Secondo il professore bisognerà attendere “il ritorno delle vacanze” anche per conoscere il futuro economico dell’eurozona.

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