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Confindustria, il lamento costruttivo di Squinzi

La crisi economica c’è e si vede e le ormai quotidiane critiche del mondo industriale alla politica corrono il rischio di passare per “lamenti”. Ciò che il mondo produttivo chiede a gran voce è piuttosto un rilancio complessivo del sistema Paese, che passi attraverso meno burocrazia e meno tasse e che stimoli le riforme.

A dichiararlo è il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi (nella foto), che respinge al mittente le accuse alla sua associazione di lamentarsi continuamente. “Considerando le condizioni in cui siamo costretti a lavorare – ha detto nella sua relazione all’assemblea annuale – se siamo ancora il secondo paese manifatturiero d’Europa, l’ottavo del mondo, forse lamentarci non è la nostra principale attività“.

NO AL PESSIMISMO
Per Squinzi, colpito anche da critiche interne, è il momento di dire basta al pessimismo e alle liti, “l’obiettivo deve ora essere uno solo: tornare a crescere”. “Le imprese – ha assicurato – sono pronte a rispondere e a supportare l’azione del governo con investimenti e occupazione“.
Secondo il presidente di Confindustria non si può “cedere al pessimismo o a divisioni figlie di interessi di parte” e bisogna lasciarsi alle spalle “i temi della contesa elettorale passata o, peggio, di quella futura“.

OBIETTIVO: CRESCITA
Secondo il fondatore di Mapei, ora, bisogna concentrarsi sulla crescita, anche perché, dati alla mano ha ricordato che “tra il 2007 e il 2013 il Pil italiano č sceso di oltre l’8% ed è tornato ai livelli del 2000” e “i disoccupati sfiorano i tre milioni“. Per invertire la rotta, secondo il leader degli industriali, “l’Italia deve fare leva sulla sua risorsa più importante: la vocazione industriale“.
Dunque, “il manifatturiero è il motore del nostro sistema, l’unico in grado di riattivare il resto dell’economia“, ha aggiunto.

Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi durante un discorso

L’APPELLO PER LE RIFORME
Gli industriali invocano una mano rapida della politica, la sola a poter introdurre le riforme necessarie. Senza “interventi decisi e concreti, la crescita del Paese – ha avvertito Squinzi – non supererà per molto tempo lo 0,5% annuo, del tutto insufficiente a creare lavoro e a risollevare i destini di tantissime imprese“. Infine, un messaggio all’esecutivo guidato da Enrico Letta: “se questo sarà il governo della crescita, noi lo sosterremo con tutte le nostre forze. Della crescita e del lavoro, perché la mancanza del lavoro è la madre di ogni male sociale“.

MENO PAROLE, PIÙ FATTI
Secondo Squinzi “ciò che manca è il tempo, bruciato nelle parole spese vanamente, perché il Nord è sull’orlo di un baratro economico che trascinerebbe tutto il nostro Paese indietro di mezzo secolo, escludendolo dal contesto europeo che conta. È questo quello che vogliamo?“. Fisco punitivo, edilizia in crisi profonda e costo del lavoro a livelli insostenibili sono i tasti dolenti indicati da Squinzi, che non lesina le critiche al governo per come “ha trovato la copertura per rifinanziare gli ammortizzatori sociali“. Il riferimento è alla scelta di sottrarre una parte di risorse al fondo per lo sviluppo, l’ex Fas, per destinarle sulla Cig in deroga.

LA TREGUA CON LA POLITICA
Squinzi chiude anche quella che i media hanno definito una “guerra” del mondo industriale nei confronti della politica, accusata di essere poco attenta ai bisogni delle imprese. “Sul fronte della politica sembra siglata una tregua. Non quella solida, di cui l’Italia ha estremo bisogno e della quale confermiamo la necessità assoluta per affrontare i processi di modernizzazione che porterebbero il Paese fuori dalla crisi”. “Considerato l’esito elettorale e la stagione di conflitti che abbiamo alle spalle, – ha concluso – il Governo in carica è un buon risultato e al presidente del Consiglio, di cuore, auguri di buon lavoro“.

Intervista a Giorgio Squinzi nella trasmissione “Che tempo che fa”

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