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Disoccupazione, la bestia nera per la Francia di Hollande (disarmato)

I francesi non ci credono più. Le promesse di crescita e nuova occupazione del presidente François Holllande suscitano uno scetticismo che fa sembrare la fine degli anni Novanta l’Age dorée del socialismo parigino. La crescita e la lotta al rigore che viene da Berlino sono parole vuote di fronte a una disoccupazione che ha raggiunto il suo nuovo picco e agli ammonimenti del Fondo monetario francese su una recessione che attanaglierà la Francia ancora a lungo.

I numeri

Nei primi tre mesi dell’anno la disoccupazione è aumentata al 10,4%, il livello più alto dal 1998, con un rialzo di 0,3 punti percentuali rispetto al trimestre precedente (10,1%). La disoccupazione, in crescita continua dalla metà del 2011, è invece al 10,8% se si considerano anche i dipartimenti d’oltremare, con un aumento di 0,3 punti nel confronto con ottobre-dicembre.

Le previsioni per il 2013

Le ultime previsioni dell’istituto francese di statistica Insee indicano per metà 2013 una disoccupazione ancora in crescita al 10,6% in Francia e all’11% considerando i territori d’oltremare.

Gli obiettivi di Hollande e le versioni di Fmi e Ocse

Il record assoluto per i disoccupati in Francia è 10,8%, quota raggiunta nel 1994 e nel 1997.
Il ministero del Lavoro, lo scorso 30 maggio, aveva stimato 3,2 milioni di persone in cerca di occupazione. Il record assoluto, in Francia, è del 10,8%, cifra toccata in due occasioni, nel 1994 e nel 1997. La settimana scorsa, sottolinea il quotidiano francese Le Monde, il presidente François Hollande ha confermato l’obiettivo di “invertire la curva della disoccupazione entro la fine dell’anno”, ma l’Ocse prevede ancora un aumento nel 2013 e nel 2014 e anche il Fondo monetario trova “difficile” che si possa riuscire a invertire la curva da qui alla fine dell’anno.

La gestione Jospin della crisi del 1997

Nel 1997, spiega Le Figaro, il governo (socialista) di Lionel Jospin, primo ministro fino al 2002, era intervenuto in modo massiccio per far scendere il livello di disoccupazione con due misure forti nel mercato del lavoro: il passaggio obbligato, dal 1999, alla settimana lavorativa da 35 ore, e la creazione di 350mila posti di lavoro per i giovani, con contratti i cui costi erano sostenuti dallo Stato per 5 anni nel settore non commerciale. Ma all’epoca, era la crescita ad essere tornata. Il sostegno statale, specialmente all’occupazione giovanile, non era stato che marginale. Tra il 1997 e il 2002 sono stati creati oltre 3 milioni di posti di lavoro, di cui solo 300mila sono derivati dalla riduzione del tempo di lavoro, circa il 10%.

Addio sostegno statale e addio crescita

Con la crisi delle finanze pubbliche e gli occhi fissi su debito e deficit, per il rispetto delle cui soglie la Francia ha ottenuto a Bruxelles una proroga di due anni, la disoccupazione torna ad essere il problema centrale. Ma l’appoggio statale non potrà che essere più limitato rispetto a quanto successe 15 anni fa. Il presidente è convinto che si riusciranno a creare 100mila nuovi posti di lavoro nel 2013, e comunque 150mila entro la fine del 2014. Lo scetticismo prevale. Il sogno della piena occupazione tedesca è più lontano che mai, e a Hollande, il socialista che doveva spezzare l’austerità tedesca nell’eurozona, non resta che sperare nell’utilizzo del fondo del Consiglio Europeo da sei miliardi di euro contro la disoccupazione.

Hollande lo sa, e nella questua non sarà solo.

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