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Piena occupazione in Germania. Ma è davvero così?

La foresta nera nel cuore d’Europa, la Germania, in realtà sembrerebbe essere un’isola dorata. Mentre in Italia e nell’Eurozona si aggiornano ogni mese al rialzo le previsioni sulla disoccupazione, come quelle diffuse oggi dall’Istat sull’Italia, Berlino, si dice, punta dritta alla piena occupazione. Ma è proprio così? Tutto merito di Angela Merkel e della disciplina teutonica?

I dati sulla disoccupazione tedesca a marzo

La disoccupazione a marzo è in crescita per il secondo mese di fila anche in Germania. Ad aprile il numero dei senza lavoro (dati destagionalizzati) è aumentato di 4.000 unità a 2,94 milioni, mentre il tasso è rimasto fermo al 6,9%. Il dato è peggiore delle stime degli economisti, che si attendevano solo un aumento del numero dei disoccupati di 2.000 unità. E il Pil crescerà dello 0,6% nel 2013, nonostante il suo mercato principale, l’Europa, sia in recessione. La produzione in calo basterà a mettere all’opera l’intera Germania?

La piena occupazione e l’età pensionabile troppo bassa

C’è chi è ben più ottimista. Il problema sarebbe un’età pensionabile troppo bassa, e quindi un turnover eccessivo che richiederebbe una forza lavoro di cui la Germania non dispone. “Quest’anno – ha spiegato Franco Debenedetti sul Sole 24 Ore – i disoccupati saranno in media meno di 3 milioni, l’anno prossimo meno di 2,9 milioni. Diminuisce anche il numero di quanti sono impegnati in programmi di formazione e riconversione (oggi un milione). Conta la demografia: quest’anno il numero di occupabili supererà per la prima volta i 42 milioni: ma se non si aumenta l’età pensionabile, tra il 2008 e il 2025 ci saranno 6,7 milioni di lavoratori in meno. Li coprirà l’immigrazione: le correnti migratorie che portavano in Italia e Spagna si dirigeranno verso la Germania, che è sempre il Paese di emigrazione preferito”.

La ricetta tedesca che ha portato al successo

“In Germania – prosegue – si diffonde la sgradevole sensazione di isolamento. A cui il Paese reagisce lanciando un messaggio: perché non fate come noi? Anche noi negli anni Novanta eravamo ‘the sick man of Europe’, ma grazie alla stabilità del valore della moneta, con la moderazione sindacale, e la flessibilità sul lavoro facciamo meglio di tutti”.

Il record italiano

E l’Italia? Il dibattito sulle politiche del lavoro è concentrato sulle modifiche da introdurre alla riforma del lavoro Fornero. “Ma intanto – osserva Dario Di Vico sul Corriere della Sera – i dati che in questi giorni arrivano dalla Germania e dagli Stati Uniti invitano ad alzare lo sguardo e a operare una riflessione più ‘lunga’. A Berlino parlano esplicitamente di ‘piena occupazione’ e ne hanno ben donde visto che la disoccupazione è arrivata ai minimi storici dagli anni Novanta.

La diffusione dei mini-job

Ma, secondo Di Vico, bisogna considerare anche “la differente diffusione di working poors, di lavoratori poveri, sotto-pagati e sotto-inquadrati. Un caso su tutti: ben 7 milioni di tedeschi hanno un mini-job da 400 euro al mese”, fenomeno che ha causato anche l’ira belga e le accuse di dumping sociale praticato da Berlino. “Ma anche l’utilizzo del part time fa salire le statistiche perché un mezzo lavoro vale comunque come una persona occupata”, sottolinea sul Corriere.

Il riassorbimento dei lavoratori in Cig

E nel futuro? L’Italia sarà in grado di recuperare il gap in materia che la separa da Berlino e New York? “Negli Usa e in Germania non c’è tutta la cassa integrazione da riassorbire che si è accumulata in Italia e di conseguenza il miglioramento degli input produttivi del sistema manifatturiero si trasforma quasi immediatamente in aumento dell’occupazione, da noi non è affatto detto – ha scritto Di Vico – Anzi. Ci sono fondate analisi secondo le quali un’eventuale ripresina dell’industria italiana di trasformazione che si dovesse palesare verso la fine del 2013 o l’anno successivo avrebbe comunque un carattere jobless, senza nuova occupazione”.

L’incertezza internazionale e il calo della fiducia

La fiducia di imprese e investitori è crollata ad aprile con la crisi europea del debito e un inverno insolitamente lungo ha posticipato la ripresa del primo trimestre prevista dalla Bundesbank. “L’incertezza nell’area euro è tornata, con effetti anche sul mercato del lavoro tedesco”, ha spiegato a Bloomberg David Milleker, capo economista di Union Investment GmbH di Francoforte.

Il voto tedesco di settembre

E se la produttività tedesca ha già subito un primo calo, di sicuro le imprese non potranno contare sulla ripresa del mercato europeo neanche nel secondo semestre 2013, come previsto inizialmente anche dalla Bce di Mario Draghi. L’orizzonte dell’export tedesco quindi sarà costretto ad ampliarsi ancora. Nel frattempo, quello della cancelliera Merkel arriva fino alle elezioni di settembre. E, fino ad allora, i parametri che considerano occupati lavoratori part-time o pratiche di dumping sociale rispetto ad altri Stati membri, si sa, sono ben accetti.

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