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Egitto, cosa succede quando i militari entrano in scena

Abdel Fatah al Sisi

Anche questa volta sono i militari a decidere il corso degli avvenimenti in Egitto. Dopo l’ultimatum del movimento di opposizione Tamarud al presidente Mohamed Morsi, per oggi è arrivata un’altra scadenza da parte dei generali egiziani. Una situazione che ricorda, anche troppo, le rivolte che hanno preceduto la caduta di Hosni Mubarak, che si è rifiutato (come oggi fa anche Morsi) di seguire gli ordini del vertice militare.

Le Forze Armate sono state chiare: o Morsi accetta di condividere il potere per trovare una soluzione allo scontento popolare o l’Esercito riprenderà un’altra volta il controllo dello Stato.

Il potere politico dell’Esercito

Il portavoce dei militari che è stato incaricato di annunciare l’ultimatum è un generale nominato un anno fa dallo stesso Morsi come ministro della Difesa e capo del Consiglio Supremo delle Forze armate. Si chiama Abdel Fatah al Sisi ed è la testa dell’intelligence militare in Egitto.

Prima di lui, a ricoprire lo stesso incarico, c’era Husein Tantaui, che Morsi ha deposto dopo 20 anni di potere. Ma quella mossa è stata applaudita perché la popolazione era stufa di 16 mesi di un governo militare. Allora sembrava che il potere politico dei militari sullo Stato fosse finito, ma forse si trattava soltanto di una pausa.

Un nuovo leader militare?

A piazza Tahrir i manifestanti abbracciano fotografie di Al Sisi che sono state stampate dopo il comunicato con l’ultimatum. Ma un anno fa quell’entusiasmo era inconcepibile. Bisogna ricordare che era stato lo stesso Al Sisi a difendere a giugno del 2012 i militari accusati di aver stuprato 17 donne, detenute dai soldati e costrette a umilianti prove di verginità.

I gesti di sostegno

L’Esercito egiziano sta facendo capire la sua posizione e l’influenza che ha sulla scena politica. Con quali gesti? Durante la manifestazione di domenica non si è fatto nulla per contenere l’assalto da parte dei manifestanti contro la sede dei Fratelli Musulmani al Cairo. Anzi. Alcuni elicotteri hanno lanciato bandiere dell’Egitto su piazza Tahrir come gesto di sostegno alle proteste. Dopo, è giunto l’ultimatum. “Le Forze armate sono andate nelle strade nel 1977, 1987 e 2011, e lo hanno fatto senza scatenare un colpo di Stato, ma per essere accanto al popolo d’Egitto e ai suoi desideri di cambiamento”, hanno detto.

Alcune fonti militari hanno svelato alla Bbc che un governo di transizione sospenderebbe le polemiche sulla nuova Costituzione, di fatto sciogliendo il Parlamento che oggi ha una maggioranza islamista. Il resto della storia (forse) è già stata scritta e si ripete.

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