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Telecom, Mps, Rcs. Benvenuti alla fiera delle sorprese

Signore e signori, benvenuti al mercato all’ingrosso delle sorprese, un po’ banali ma pur sempre rassicuranti.

LE AMNESIE DI NONNO NANNI

E’ sempre una sorpresa quando a parlare è Giovanni Bazoli, presidente di Banca Intesa e uno dei baricentri del capitalismo banconcentrico e relazionale italiano, secondo il gergo giornalistico. Bazoli, che per anni ha fatto e disfatto la tela di Rcs, e continua a farlo, ieri ha sentenziato parlando del gruppo editoriale che pubblica tra l’altro il Corriere della Sera: “L’esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che una proprietà condominiale non funziona e che la società deve essere guidata da una proprietà coesa”. Perdinci, bravo-bene-bis. Peccato che questa sublime intuizione poteva ben essere perseguita e realizzata proprio da quello che è stato il dominus della Rcs per anni, ovvero il nonno Nanni.

UN PALIO DI CHIACCHIERE TANGENTIZIE

Ma le sorprese nelle cronache estive del circo mediatico-giudiziario italiano non sono finite. Spostiamoci a Siena, per il caso del Monte dei Paschi, ovviamente. Dopo settimane, anzi mesi, di scoop, brogliacci, indiscrezioni, ricostruzioni (e zero intercettazioni pubblicate, fa notare da tempo il maliziosetto Giornale di Alessandro Sallusti) sul maggiore scandalo del secolo (secondo la definizione di Beppe Grillo) si è finalmente trovata qualche prova di tangente per l’acquisto abbastanza esorbitante di Antonveneta da parte di Mps presieduto da Giuseppe Mussari? Macché. Ieri, a chiusura delle indagini, i magistrati hanno detto: signori, nella faccenda non c’è alcun rilievo penale. Ovvero: niente mazzette. Certo le ipotesi di reato non mancano per i vertici dell’istituto e pure per il collegio sindacale composto da qualche commercialista che aveva maramaldeggiato via stampa sulla vicenda e che ora viene parzialmente azzoppato. Ma di stecche, neppure l’ombra.

ATTENZIONE, DIVIETO DI SCOOP

Ma il lavoro dei magistrati è sempre indefesso. Leggere per credere quello che stanno compiendo su Telecom Italia. Ieri il pubblico ministero Francesca Loy della procura di Roma ha firmato un decreto di perquisizione a carico di Enzo Catania, manager di lungo corso e consigliere di amministrazione di Telecom presieduta da Franco Bernabè. L’ipotesi di reato è di insider trading, con un rischio di condanna fino a 12 anni di carcere. Il decreto di perquisizione per Catania stimmatizza il fatto che dopo l’articolo di ieri del quotidiano il Messaggero firmato da Rosario Dimito, anche lui indagato in concorso con Catania, in cui si parlava di svalutazioni tra 1,5 e 2 miliardi per Telecom, “il titolo della società subiva una significativa flessione negativa pari a meno 5% tale da determinare la sospensione per eccesso di ribasso”.

Quindi in Italia è vietato divulgare notizie riservate? Si pensava che il diritto di cronaca fosse prevalente, tranne i casi di dimostrato ritorno economico personale dei cronisti scooppettari. Ma sicuramente i magistrati sono molto più informati dei giornalisti. Almeno si spera.

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