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Grillo l’Amerikano difende Google dagli attacchi dei renziani

Quando gli Stati Uniti chiamano, Beppe Grillo risponde, pronto a mettere da parte la consueta retorica su globalizzazione e poteri forti per non sconfessare il proprio legame con Washington, non proprio apprezzato dalla gran parte della sua base. È questo il primo, caustico commento che molti osservatori della Rete hanno riservato al nuovo post comparso sul blog del comico, che riporta l’estratto di un articolo di Tim Worstall per Forbes, chiedendosi: la Google Tax è illegale?

L’ATTACCO ALL’EMENDAMENTO BOCCIA-CARBONE
In questo modo, Grillo e il Movimento 5 Stelle prendono ufficialmente posizione sul dibattuto (e criticato dal mondo liberista) emendamento proposto da due parlamentari del Pd, Ernesto Carbone e Francesco Boccia, che punta a inserire nel ddl Stabilità una norma che riguarda tutto il commercio online e prevede di applicare le tasse italiane, come ad esempio l’Iva, alle multinazionali che operano in Italia. Una eventualità che il post sul blog del comico commenta così: “Questi politici sono davvero così ignoranti che non capiscono il sistema che loro stessi hanno costruito? O invece stanno solo sponsorizzando idee illegali per guadagno politico immediato?

LE DOMANDE SU GRILLO
Va da sé che chi ha voluto difendere a tutti i costi la posizione di Grillo, ha posto l’accento sul fatto che un movimento come il 5 Stelle, nato e pasciuto su Internet, non poteva che difendere aziende simbolo della new economy, come quella Mountain View. Ma è davvero così? Non per chi, da tempo, intravede nel comico genovese una sorta di “strumento” nelle mani della diplomazia statunitense. A dare una chiave di lettura più ampia del fenomeno Grillo negli Usa è stato Germano Dottori, docente di Studi strategici alla Luiss, che in un articolo pubblicato sul numero di maggio di Limes, spiegò quali interessi si muovessero secondo lui dietro il movimento dei pentastellati. Per l’esperto di politica internazionale, dietro l’ascesa del nuovo partito ci sarebbe stato prevalentemente un interesse degli Stati Uniti a destabilizzare la politica italiana in chiave antieuro. Il 25% dei voti italiani a Grillo, rilevò Dottori nella sua analisi, ha segnalato all’opinione pubblica, ai mercati e alla dirigenza dei principali paesi europei l’insostenibilità per l’Italia della politica di rigore imposta da Berlino. Una moneta unica forte penalizzerebbe per il docente della Luiss il finanziamento esterno tanto dei consumi che degli investimenti americani, inclusi quelli militari del Pentagono che continuano ad assicurare agli Usa una indiscussa supremazia militare.

UN LUNGO ENDORSEMENT
E, vero o no, furono molti, prima e dopo la campagna elettorale che vide l’exploit del M5S, gli endorsement che giunsero a Grillo da parte di ambasciatori, banche d’affari, think tank e persino magnati. Nel 2008, in un telegramma riservato inviato dall’ex ambasciatore americano in Italia Ronald Spogli all’allora Segretario di Stato Condoleezza Rice si accreditò il comico genovese come “interlocutore credibile” agli occhi dei politici statunitensi. Poi è arrivato anche l’apprezzamento dell’attuale ambasciatore Usa a Roma, David Thorne, che parlando agli studenti del Liceo Visconti di Roma ha detto di apprezzare l’istanza di riforme e cambiamento portata dal Movimento 5 stelle. Un giudizio condiviso pochi mesi fa da Goldman Sachs, dal Wall Street Journal e dal magnate George Soros. Non proprio poco per definire Grillo un uomo politico molto “amerikano”.

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