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Il nuovo asse Renzi-Napolitano visto da Velardi e Rondolino

Il barometro della politica italiana, dopo le dimissioni del ministro Nunzia De Girolamo, va verso il rimpasto o la crisi di governo? Quali i riverberi politici dopo che un altro esponente della maggioranza delle larghe intese, Stefano Fassina, aveva abbandonato il posto nell’esecutivo in polemica con Matteo Renzi? Quando mancano cinque mesi al semestre di presidenza italiano dell’Ue e nel bel mezzo dell’acceso dibattito sulla legge elettorale, ecco un’altra dura prova per il premier Enrico Letta commentata per Formiche.net da due analisti e comunicatori, animatori del blog The Front Page: Fabrizio Rondolino e Claudio Velardi.

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DIMISSIONI PREVENTIVE
Secondo Fabrizio Rondolino, giornalista e già fra i Lothar dalemiani, la modalità del passo indietro è “bizzarra, di domenica sera e così all’improvviso, tornerà in Forza Italia come tutti gli altri”. Forse lo ha fatto “perché potrebbe arrivare qualcos’altro, una sorta di dimissioni preventive, così come ha ipotizzato sul Corriere della Sera Massimo Franco, perché al contrario sicuramente si faticherebbe a comprenderle”. E politicamente come leggere il passo indietro? “E’ un favore a Letta – dice – perché è vero che indebolisce il governo, quindi in qualche modo anche il Presidente del Consiglio, ma la sopravvivenza dell’esecutivo non è legata al rimpasto bensì alla moralità dei propri componenti”.

Il ragionamento di Rondolino è che Letta non è insidiato solo da Grillo, ma a questo punto “moltissimo anche da Renzi, che sul ministro Cancellieri, così come sulla De Girolamo, è partito all’attacco”. Ma se eventualmente la responsabile dell’Agricoltura potrebbe essere “sostituita da un tecnico”, la partita renziana dopo il no politico di Fassina assume contorni diversi. “L’unico che se ne dovrebbe andare è Vincenzo De Luca (sindaco di Salerno decaduto e viceministro alle Infrastrutture ndr.) che viola sistematicamente la legge. Mentre le dimissioni della De Girolamo le fanno molto onore e si basano su una questione di stile, al contrario di Fassina che se ne è andato per un dissenso politico”.

LETTA PERDE PEZZI
Letta perde pezzi, dunque, ma secondo Rondolino “sappiamo benissimo che non può cadere adesso e senza la De Girolamo non ha un’arma polemica che potrebbe essergli rivolta contro”. Sul possibile rimpasto (“un problema molto serio”) esclude che il segretario del Pd voglia parteciparvi, dal momento che “non intende in alcun modo impegnarsi in questo governo più di quanto già non lo sia”. Il motivo? “Vuole arrivare alle elezioni, fra tre mesi o fra tre anni, come capo dell’opposizione e non come capo della maggioranza”. Lo stesso editorialista di Europa Quotidiano si spinge poi a domandarsi come potrà il sindaco di Firenze rimanerne fuori, “dal momento che i ministri dimissionari dovranno pur essere sostituiti, ma vi è pur sempre la carta dei tecnici da giocare”. Senza dimenticare che quello dell’Agricoltura è “un ministero illegale, perché è stato abolito da un referendum”.

NESSUN TRAUMA
“A me non sembra che queste dimissioni accelerino in qualche modo un’evoluzione traumatica per il governo, possono conciliare il rimpasto ma era già nel novero delle cose” sottolinea Claudio Velardi, ex spin doctor di Massimo D’Alema, oggi lobbista e comunicatore, che proprio assieme a Rondolino anima il blog The Front Page. Ma il problema politico secondo Velardi è un altro, ovvero chi “si intesterà il rimpasto, visto e considerato che Renzi non ha alcuna intenzione di metterci bocca?”. Lo farà Letta? “Possibile, ma tutto sommato significherà un indebolimento e non un rafforzamento del governo perché da che mondo è mondo mai nessun rimpasto ha portato ad un puntellamento dell’esecutivo”. Rischia quindi più Letta, tra Berlusconi e Renzi intenti ad accordarsi sulle riforme? “Diciamo che si va rafforzando l’asse Renzi-Napolitano, il quale fino ad ora è stato il terzo vero attore protagonista della partita, mentre il premier riveste un ruolo più debole, quasi un comprimario a cui è lasciata la gestione di una situazione difficile, mentre il segretario del Pd e il Colle sembrano lavorare per una prospettiva”.

A TOTI CHI GLIELO FA FARE?
Naturalmente in questo scenario, secondo Velardi, si inserisce anche Berlusconi “semplicemente perché è un ragazzo furbo e tende ad intestarsi le riforme”. Ma l’eventuale rientro nel gioco politico “mi sembra più un’accorta mossa comunicativa che non una mossa di sostanza”. Per cui Renzi per non essere invischiato nel gioco del rimpasto ha solo una freccia al suo arco, “non mettere la sua firma nella sostituzione dei ministri”. E anche se il premier tenterà di inserire nella rosa dei nomi alcuni esponenti assimilabili al sindaco di Firenze, “lui quella firma non la metterà”. Chiusura sul nuovo corso di Forza Italia, con Velardi che si chiede “chi glielo fa fare a Giovanni Toti?” in quanto nella graduatoria delle categorie italiane, “i giornalisti vengono dopo i magistrati e subito prima di politici”. E prevede: “Non ci guadagnerà proprio nulla”.

twitter@FDepalo

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